Isaac Newton nacque nel villaggio di Wollsthorpe della contea di Lincoln il giorno di Natale del 1642. Nel gennaio 1661 fece il suo ingresso nel Trinity College di Cambridge, ove iniziò gli studi matematici sotto la direzione di Barrow. Avendogli questi consigliato di leggere l'Ottica di Keplero, Newton si accorse di non poterlo fare, poiché tale opera conteneva sviluppi analitici superiori alle proprie conoscenze. Allora si rivolse dapprima allo studio di Euclide, poi a quello di Cartesio e degli altri matematici della prima metà del Seicento; fu soprattutto l’Arithmetica infinitorum di Wallis ad esercitare su di lui un'indelebile influenza. Parallelamente agli studi matematici, si dedicò pure ad osservazioni astronomiche e ad esperienze di fisica e di chimica, mostrando fin da allora le sue capacità di sperimentatore, la sua abilità nella costruzione di apparecchi e il suo amore per il lavoro manuale.
Nel 1665 conseguì il titolo accademico di baccelliere. A tale anno risale anche il suo primo studio sulle flussioni. Poco dopo però dovette abbandonare Cambridge per sfuggire ad una terribile pestilenza che infieriva in tutta l'Inghilterra; si pensi che nell'estate 1665 morirono, nella sola Londra, più di trentamila persone. Ritiratosi nel suo piccolo possedimento di Wollsthorpe, vi rimase circa due anni, e questo periodo di involontario isolamento si ripercosse assai favorevolmente sui suoi studi. Concentratosi interamente nelle proprie ricerche, il giovane Newton elaborò nel 1665-67 il nucleo principale di tutte le sue più importanti scoperte, matematiche e fisiche. Fu qui che, secondo la leggenda, la famosa mela cadutagli in testa avrebbe fatto sorgere in lui l'idea della gravitazione universale. Fu ancora qui che Newton scoperse l'ineguale rifrangibilità dei raggi luminosi, preparò la costruzione del primo telescopio a riflessione, riuscì a perfezionare il calcolo delle flussioni, giunse al famoso teorema del binomio, ecc.
Tornato a Cambridge dopo la cessazione della peste, vi conseguì fra il 1667 e il 1668 altri tre gradi accademici. Sottoponeva intanto i suoi manoscritti di argomento matematico all'esame di Barrow, e questi, sia per aver compreso l'eccezionale valore del discepolo, sia perché ormai personalmente interessato più alla teologia che alla matematica, decise di rinunciare alla cattedra in favore del giovane Newton.
In questi anni egli si occupa soprattutto di ottica e nel febbraio del 1672 comunica alla Royal Society (di cui era stato eletto membro un mese prima) una celebre memoria sulla luce e i colori. La grande importanza ditale scritto viene sottolineata da uno studioso moderno di Newton, il russo Sergej Ivanovic Vavilov, con queste parole: in esso “si mostrò per la prima volta al mondo ciò che la fisica sperimentale poteva compiere, e come essa doveva essere. Newton costringe l'esperimento a parlare, a rispondere ai quesiti e a dare risposte tali da farne risultare una teoria”. Anche se, a rigore, Newton non fu effettivamente il primo a interrogare la natura con precisi esperimenti (basti menzionare la tradizione sperimentalistica che va da Galileo a Pascal, agli accademici del Cimento, ecc.), è certo che seppe farlo con sistematicità e penetrazione davvero esemplari, sforzandosi di elaborare la teoria fisica dei fenomeni studiati in stretto rapporto ai risultati sperimentali raggiunti.
La matematica assumerà di nuovo qualche anno più tardi un posto predominante nell'animo di Newton, in quanto egli vi scorgerà lo strumento indispensabile per la trattazione scientifica rigorosa dei fenomeni astronomici e in particolare per la confutazione delle concezioni cartesiane di essi (concezioni che avevano un carattere qualitativo assai più che non autenticamente quantitativo). I risultati delle indagini meccanico-astronomiche di Newton verranno da lui per la prima volta esposti, in forma ancora incompleta, in una memoria originariamente intitolata De motu corporum e in seguito Philosophiae naturalis principia mathematica. Questa venne presentata nell'aprile 1686 alla Royal Society che subito ne propose la stampa. Dopo un'ampia rielaborazione compiuta da Newton stesso, essa verrà pubblicata in tre libri nel 1687, per merito soprattutto dell'astronomo Edmund Halley che pagò personalmente le spese della stampa e ne corresse le bozze.
Dieci anni prima Newton aveva inviato a Leibniz due lettere sulle flussioni. Merita di venire ricordato che nell'edizione del 1687 dei Principia, come pure nella successiva, Newton riconosceva esplicitamente i contributi di Leibniz alla creazione del nuovo calcolo (in uno scolio alla proposizione VII del secondo libro).
La seconda edizione dei Principia uscì nel 1713; essa era stata accuratamente rivista da Roger Cotes, che ne scrisse pure una lunga e significativa introduzione, soprattutto diretta a due fini: 1. a porre in luce i caratteri specifici della “filosofia sperimentale”, che la distinguono sia dalla vecchia scienza aristotelica sia dalla fisica puramente ipotetico-matematica; 2. a confutare l'accusa, mossa da più parti a Newton, che la gravità sarebbe una “proprietà occulta” dei corpi, o comunque qualcosa di “preternaturale” e quasi “un miracolo continuo”. L'autore invece vi aggiunse il famoso Scolio generale.
Nel 1726 uscirà una terza edizione curata da Henry Pemberton. Essa è pressoché identica alla seconda, salvo che vi risulta soppresso l'anzidetto riconoscimento dei meriti di Leibniz alla creazione del calcolo infinitesimale. Tre anni più tardi ne uscirà una traduzione inglese ad opera di Andrew Motte.
Negli anni immediatamente successivi alla prima pubblicazione dei Principia si inserisce, nella vita di Newton, un'importante e significativa fase di attività politica che pone in luce i legami del nostro autore con la parte più progressista del popolo inglese. Essa ha inizio con la partecipazione di Newton ad una grave controversia tra l'università di Cambridge e il re Giacomo II Stuart che voleva imporre il conferimento di un titolo accademico non meritato a un proprio protetto, il frate benedettino Francis. L’università inviò a Londra una delegazione, con l'incarico di far recedere il re dalla sua richiesta; Newton, che ne faceva parte, fu uno dei più intransigenti difensori dell'autonomia dell'università e si ribellò ad ogni tentativo di compromesso. Il felice esito della missione accrebbe notevolmente tra i colleghi il prestigio del grande fisico.
La posizione politica, contemporaneamente progressista e legalitaria, di Newton può anche venire illustrata dalla seguente dichiarazione che egli scrisse ad un amico: “Ogni uomo dabbene è impegnato, secondo le leggi umane e divine, a seguire le disposizioni legali del re, ma se a Sua Maestà si consiglia di esigere qualcosa che secondo le leggi non può essere perseguito, nessuno deve essere punito se non vi ottempera”.
Caduti gli Stuart e salito al trono Guglielmo d'Orange, Newton fu eletto dall'università di Cambridge deputato al parlamento di Londra. In tale funzione fu assai utile all’Università come mediatore fra essa e il nuovo governo. La sua posizione di difensore dei whigs e di sostenitore del nuovo re rimase netta, malgrado le complicate oscillazioni dell'ambiente politico. Fu in questo periodo che Newton conobbe Locke diventandone stretto amico. I due pensatori esercitarono una notevole influenza uno sull'altro.
Terminato il mandato parlamentare, Newton ritornò a Cambridge e attraversò uno dei periodi più tristi della sua vita, per effetto di un esaurimento nervoso che lo portò alle soglie della pazzia. La voce popolare attribuì la causa del collasso a un incendio scoppiato nel suo laboratorio, nel quale sarebbero andati perduti molti preziosi manoscritti di lavori incompiuti, soprattutto note di carattere sperimentale riguardanti le sue ricerche di chimica.
La malattia lasciò in Newton gravi conseguenze; sicché, nemmeno dopo che si fu rimesso, poté riprendere i lavori scientifici con l'antica energia. Si può anzi dire che la sua produzione originale cessò interamente nel 1690, anche se molte sue opere vennero pubblicate dopo questa data.
Fra esse ricordiamo: le due lettere di Newton a John Wallis, di argomento matematico; la celebre Opticks (Ottica) pubblicata in inglese nel 1704 e in latino nel 1706, con due appendici, una sulle curve algebriche e l'altra sul calcolo integrale (quest'ultima portava il titolo di Tractatus de quadratura curvarum ed era stata composta nel 1665-66); l'Analysis per aequationes numero terminorum infinitas (Analisi mediante equazioni infinite ne/numero dei termini) scritta nel 1669 ma pubblicata solo nel 1711. Dell'Opticks si avranno, vivente Newton, altre due edizioni: nel 1718 e nel 1721. Uno dei più notevoli scritti di Newton su argomenti di analisi infinitesimale, Metbodus fluxionum et senerum infinitarum, da lui composto nel 1671, venne pubblicato postumo solo nel 1736.
Nel 1695 Newton ebbe la carica di ispettore della zecca di Londra; qualche anno più tardi ne divenne direttore generale, rinunciando alla cattedra universitaria. L'Inghilterra attraversava in questi anni un periodo di vero caos monetario, che minacciava la stabilità del nuovo regime instaurato con la seconda rivoluzione (del 1688). Newton, con la sua competenza tecnica e la sua rigida onestà, diede un prezioso contributo all'attuazione di una radicale riforma monetaria, e la crisi politico-finanziaria poté essere evitata.
Nominato membro delle maggiori accademie scientifiche europee, presidente della Royal Society di Londra (1703), e infine baronetto (nel 1705), Newton divenne senz'altro la più potente personalità scientifica dell'Inghilterra. Verso il 1704-5 sorse però tra lui e Leibniz la grave e assai spiacevole controversia circa la priorità dell'uno o dell'altro nell'invenzione del calcolo infinitesimale.
Per completare il quadro qui abbozzato della complessa figura di Newton, occorre infine aggiungere che egli fu uomo profondamente religioso e dotto teologo. Locke poteva scrivere di lui, nel 1703, queste parole: “Newton è uno scienziato veramente eccezionale, e per i sorprendenti successi conseguiti non solo nel campo della matematica ma anche in quello della teologia, e per la sua profonda conoscenza della sacra scrittura, nella quale materia pochi possono competere con lui”. Tale religiosità costituisce un tratto molto caratteristico, non solo della personalità di Newton, ma - come abbiamo già detto più volte - di tutta la cultura della società inglese del suo tempo.
Tra le opere di argomento religioso scritte dal nostro autore ci limiteremo a ricordare la Chronology (Cronologia), che gli costò vari anni di lavoro e venne pubblicata solo dopo la sua morte; in essa egli si proponeva di coordinare la cronologia della Bibbia con quella degli antichi egizi, greci, ecc. interpretando in modo nuovo i diversi testi e miti, al fine di eliminare le contraddizioni che, emergendo sempre più numerose dagli studi filologici sembravano porre in seria crisi l'autorità della sacra scrittura.
Morì nel 1727 e fu sepolto nell'abbazia di Westminster. Sulla sua tomba vennero incise le celebri parole: “Sibi gratulentur mortales tale tantumque exstitisse humani generis decus” (“Si rallegrino i mortali perché è esistito un tale e così grande onore del genere umano”).
[L. Geymonat, Storia del pensiero filosofico e scientifico, vol. II, Garzanti, Milano 1970, pp. 623-29]
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