Come nasce una stella
Lo spazio è disseminato di nebulose: estesissime regioni ricche di gas e polveri finissime (comunque molto meno dense del vuoto più spinto ottenibile in laboratorio). E’ in tali regioni che i telescopi infrarossi hanno individuato “punti caldi” che mostrano tutte le caratteristiche calcolate teoricamente per una stella in formazione. Ciò dimostra che la formazione stellare è un processo che avviene tutt'ora e queste osservazioni sono proprio rivolte a “embrioni stellari”.
Per ragioni ancora non chiare (forse a causa dell’onda d’urto di una vicina esplosione stellare) in quelle nebulose il gas comincia ad addensarsi in certe regioni. La sua attrazione gravitazionale accelera il processo ed in qualche decina di milione di anni si forma un oggetto caldo. Se la temperatura raggiunge i 10 milioni di °C si accendono le reazioni termonucleari: nasce una stella.
La “maturità” di una stella
All’inizio la composizione chimica di una stella è la seguente:
- il 70% circa di idrogeno
- il 28% circa di elio
- il 2% circa di elementi più pesanti.
Le reazioni nucleari avvengono solo nel nucleo; qui l’idrogeno si trasforma in elio fino al suo esaurimento. Ciò si verifica entro pochi milioni di anni per stelle di massa molto maggiore del Sole (poiché il tasso di produzione energetica è molto elevato a causa della reazione CNO), ed in qualche decina di miliardi di anni per stelle di 0,2 masse solari.
La stella, fino a quel momento, rimane in “equilibrio”: l’azione di sostegno dei suoi strati è svolta dall’energia prodotta nel nucleo. Quando questa viene a mancare la stella tende a collassare su se stessa per l’azione della forza di gravità.
La vecchiaia
L’esaurimento dell’idrogeno nel nucleo decreta l’avvento della morte dell’astro: esso da questo momento avrà le ore contate.
Il collasso che segue l’esaurimento dell’idrogeno, determina però un aumento della temperatura delle parti centrali della stella. In un “guscio” circostante il nucleo si riaccende la reazione di fusione dell’idrogeno in elio. Questa energia, poiché viene emessa più in prossimità della fotosfera, non è bilanciata dal peso degli strati esterni: l’astro allora si gonfia diventando una gigante rossa. In questo modo il Sole arriverà forse ad ingoiare persino Venere! La Terra a quel punto sarà arsa dall’enorme entità di quelle radiazioni così vicine.
Successivamente la temperatura del nucleo raggiungerà valori talmente elevati da consentire l’innesco della reazione di fusione dell’elio in elementi più pesanti.
La morte
Quando anche l’elio si sarà esaurito all’interno della stella e l’idrogeno non brucerà se non in esili strati, il Sole collasserà nuovamente, assumendo la parvenza di un tempo. Ma si tratterà solo di un’illusione per gli abitanti del sistema solare di quei giorni: il Sole splenderà infatti per trasformazione di energia gravitazionale in energia radiante; ormai l’idrogeno si va esaurendo anche in quelle zone in cui la temperatura permette ancora la reazione p-p.
L’astro è piccolo, compresso, caldissimo: una nana bianca. Un pugno di materia di una nana bianca è tanto denso da pesare centinaia di tonnellate.
Nel 1054 astronomi cinesi e giapponesi registrarono la comparsa di una “nuova stella”. Un astro luminosissimo nella costellazione del Toro che fu visibile anche di giorno per diversi mesi; poi diminuì lentamente di luminosità e scomparve. Era un’esplosione di supernova: là dove allora fu vista, oggi si trova la nebulosa del Granchio (M1), residuo dell’immane esplosione che caratterizza la fine delle stelle molto più massicce del Sole. In tali stelle, dopo quella dell’elio riescono ad innescarsi le fusioni di elementi via via più pesanti. Giunti al ferro però non è più possibile una reazione di fusione esoenergetica: la stella in pochi minuti (!) collassa su sé stessa, aumentando la temperatura centrale fino a miliardi di gradi e quella esterna fino a centinaia di milioni di gradi. In pochi istanti si accende sia la reazione p-p che le altre, anche nelle zone più esterne, ma l’astro non regge a tale esperienza, esplodendo. E’ in tali momenti che si formano gli elementi più pesanti del ferro.
Resta così solo una nebulosa ed un astro centrale superdenso: una “stella di neutroni” (ci si rivela come “pulsar”). Se la massa di tale inconcepibile oggetto supera le tre masse solari, esso diventa un buco nero, oggetto tanto denso che sulla sua “superficie” infinitamente vicina al centro di massa, la gravità è tanto forte da impedire persino alla luce di sfuggirvi e da modificare quindi lo “spazio-tempo” delle zone circostanti.
Giuseppe Marino
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