sabato 10 novembre 2007

La storia dell’ultimo teorema di Fermat e della sua dimostrazione è una vicenda più appassionante di una saga, più intricata di una tragedia, più affa

La storia dell’ultimo teorema di Fermat e della sua dimostrazione è una vicenda complicata ed è più appassionante di una saga, più intricata di una tragedia, più affascinante di un romanzo d’avventura.

L’Ultimo Teorema di Fermat ha un collegamento forte con la matematica dell’antica Grecia e con i fondamenti del pensiero di Pitagora. Si arriva, in un magico balzo di secoli, dal teorema di Pitagora fino alla sofisticata matematica moderna. Ma vediamo di descrivere, a grandi linee, questa storia così piena di sorprese.

Il problema dell’Ultimo Teorema (da questo momento in poi lo chiameremo così) sembra molto semplice perché si basa su una nozione matematica che tutti possono ricordare:

In un triangolo rettangolo il quadrato costruito sull’ipotenusa è equivalente alla somma dei quadrati costruiti sui cateti.

Questa è la formulazione del Teorema di Pitagora, che tutti conosciamo. Se x, y e z (z è l’ipotenusa e x e y i cateti) sono le lunghezze dei lati del triangolo, allora il teorema può essere enunciato simbolicamente nel seguente modo:

z^2 = x^2 + y^2

Se in un triangolo rettangolo x = 3 e y = 4 si vede che z (l’ipotenusa) sarà uguale a 5, infatti, considerando la formula appena scritta si avrebbe:

52 = 32 + 42 e cioè: 25 = 9 + 16

e per questo triangolo il Teorema sarebbe verificato. Ma Pitagora come poteva sapere che il suo teorema era valido per qualsiasi triangolo rettangolo? Ovviamente non poteva misurare l’infinita varietà di trangoli per vedere se tutti lo verificavano! Tuttavia egli era assolutamente sicuro della universalità delle sue conclusioni. La ragione di questa fiducia sta nel concetto di dimostrazione matematica. La ricerca di una dimostrazione di questo genere è la ricerca di una conoscenza più assoluta di qualsiasi altra conoscenza accumulata da ogni altra disciplina. Il Teorema di Pitagora è una verità definitiva che nessuno potrà mai modificare.

Dopo la morte di Pitagora, i suoi allievi, oltre alla dimostrazione del Teorema, divulgarono al mondo il segreto per trovare le cosiddette “Terne Pitagoriche”. Le terne pitagoriche sono combinazioni di tre numeri interi che soddisfano l’equazione di Pitagora z^2 = x^2 + y^2 . Come abbiamo visto prima l’equazione è valida se x = 3, y = 4 e z = 5. Ma anche se x = 5, y = 12 e z = 13, infatti si ha: 132 = 52 + 122, cioè 169 = 25 + 144.

Un terna pitagorica più grande è x = 99, y = 4900 e z = 4901. Per numeri più grandi le terne diventano sempre più difficili da trovare. Per scoprire le terne i pitagorici inventarono un metodo e nel far questo dimostrarono che il loro numero era infinito. Quindi esistono infinite terne di numeri interi che soddisfano l’equazione di Pitagora. Ma adesso consideriamo una equazione del tipo:

z^3 = x^3 + y^3

dove i quadrati sono diventati cubi. La potenza è passata da 2 a 3. A questo punto ci chiediamo: esistono terne pitagoriche che soddisfano questa equazione? Ebbene, trovare soluzioni per l’equazione “al cubo” sembra proprio che sia impossibile! E inoltre, se la potenza viene cambiata da 3 ad un qualunque numero più alto n (cioè 4,5,6...), anche in questo caso sembra impossibile trovare una soluzione. Alla fine l’equazione:

z^n = x^n + y^n per n maggiore di 2

non riesce più a mostrare soluzioni. E infatti il grande matematico francese del Seicento Pierre de Fermat fece la stupefacente affermazione che la ragione per la quale nessuno poteva trovare una soluzione era che la soluzione non esisteva affatto.

“Dispongo di una meravigliosa dimostrazione di questo teorema, che non può essere contenuta nel margine troppo stretto della pagina”.

Così scriveva Pierre de Fermat a proposito di quello che sarebbe stato il più grande rompicapo degli ultimi quattro secoli. La dimostrazione che non stava nel margine troppo stretto non fu mai trovata. Qui comincia la grande avventura, e quella frase divenne il guanto di sfida raccolto da generazioni di matematici, che si sforzarono invano di dimostrare questo teorema così apparentemente semplice, ma in realtà così impenetrabile.

Dopo oltre tre secoli e mezzo, l’enigma ha trovato una soluzione: un matematico inglese, di nome Andrew Wiles, della Princeton University, che sin dalla sua infanzia sognava di trovare una soluzione, è riuscito nel 1994 a violare il grande segreto.

Resta però ancora un piccolo mistero… Osservando la dimostrazione dell’Ultimo Teorema di Wiles, si nota che è una dimostrazione davvero molto lunga e complicata, che fa uso delle tecniche matematiche più moderne e complesse, molte delle quali sono state introdotte dallo stesso Wiles. Quasi tutte queste tecniche erano completamente sconosciute all’epoca di Pierre de Fermat. Allora ci chiediamo: come aveva fatto il grande matematico francese a dimostrare quel teorema? Aveva forse commesso un errore? Si era ingannato? Oppure esiste un modo molto più semplice per dimostrarlo, che per tre secoli e mezzo è sfuggito anche alle più grandi menti matematiche?

Vorrei concludere con una curiosità, per così dire, “umoristica”. Nella metropolitana di New York, sui muri della stazione dell’Ottava Strada, compare un simpatico graffito, ispirato senza dubbio da tutta l’attenzione dei media per il teorema quando ne fu dato annunzio nel 1994:

“ z^n = x^n + y^n: nessuna soluzione.

Ho scoperto una dimostrazione meravigliosa di questo fatto, ma adesso non posso scriverla perché sta arrivando il mio treno”.

2 commenti:

  1. Mi è piaciuta molto la frase finale scritta nella metropolitana!!!!
    Alla fine si può affermare che: Tutto è vero e nulla è vero, ciao, gmlp

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  2. La genialità si vede anche nel senso dell'humor ;-)

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