L'eruzione della Montagne Pelèe è diventata famosa, non solo per la sua violenza, ma anche perché nella piccola cittadina di Saint-Pierre ci fu un solo sopravvissuto: Auguste Ciparis, un condannato che scontava la sua pena in una cella sotterranea. Fu ritrovato tre giorni dopo dai soccorritori che udirono le sue urla. Una volta liberato passò il resto della sua vita in un circo, diventando noto come "Il prigioniero di Saint-Pierre".
Però c'è anche un altro motivo per cui questa eruzione dovrebbe insegnarci qualcosa di importante...
L'8 maggio del 1902 il vulcano scatenò tutta la sua furia, cancellando dalle mappe geografiche il centro abitato di Saint-Pierre. Le 30000 vittime della catastrofe sarebbero state facilmente evitate se non fossero intervenuti problemi a livello politico...
Il vulcano aveva dato chiari segni dell'imminente grande eruzione già dal 23 aprile. Alcune scosse di terremoto avevano creato seri danni alle abitazioni. In seguito una fitta caduta di cenere aveva ricoperto i tetti delle case. Tra il 25 e il 26 aprile c'era stata un'altra violenta esplosione che aveva scagliato ceneri e rocce fino a grandi altezze. Le ceneri erano ricadute creando enormi disagi tra la popolazione. Una insopportabile puzza di zolfo si poteva percepire tra le strade ed era così fastidiosa che le persone camminavano tenendosi dei fazzoletti bagnati sul naso.
Ed è a questo punto che interviene la politica, a creare tutti i presupposti per il verificarsi della vera catastrofe. Il quotidiano di Saint-Pierre, Les Colonies, su ordine del direttore, un politico conservatore e poco lungimirante, diede scarsa rilevanza ai fenomeni quotidiani che impensierivano la popolaziome: l'11 maggio c'erano le elezioni amministrative, e non si voleva che, a causa del panico, gli elettori lasciassero la città, togliendo voti a qualche partito.
Dopo una serie di eventi sempre più inquietanti, come enormi invasioni di formiche, di scolopendre e persino di serpenti, dovute al fatto che gli animali tentavano disperatamente di abbandonare la foresta alle pendici del vulcano, guidati dal loro infallibile istinto, si arriva alla notte del 7 maggio.
Il giorno cominciò con un tremendo boato in piena notte. La popolazione si riversò per le strade osservando con preoccupazione la cima della montagna emettere fiammate e lampi rossi. Le nubi scure di cenere si sollevavano minacciose oscurando rapidamente il meraviglioso cielo stellato tropicale.
L'ostentata tranquillità del quotidiano dell'isola e delle autorità di Port-de-France, che ancora non si decidevano a dare l'allarme, e ad informare la popolazione del gravissimo stato di pericolo in cui si trovava, indusse il console statunitense Prentiss, che abitava proprio a Saint-Pierre, a scrivere un'urgente lettera niente di meno che al Presidente americano Theodore Roosevelt. "Sembra di vivere in un incubo, in cui nessuno pare capace o disposto a guardare in faccia la realtà".
Le elezioni erano molto vicine, e tutto quel che poteva turbarle era messo in secondo piano. La cecità umana (soprattutto quella dei politici) può arrivare anche a questo...
Si arriva al fatidico giorno. L'8 maggio era la festa dell'Ascensione. Alle 7:52 una esplosione assordante annunziò l'emissione di una nube di ceneri e gas incandescenti (la terribile nube piroclastica), della temperatura di circa 1000 gradi. La valanga incandescente che scendeva proprio in direzione della città alla velocità di 150 chilometri orari, la raggiunse in soli due minuti. La fuga pazza degli abitanti fu del tutto inutile, l'onda d'urto fece crollare tutte le abitazioni e le alte temperature incendiarono tutto ciò che restava, anche i corpi delle persone...
Il telegrafista del capoluogo (Port au Prince), che stava scambiandosi messaggi con il collega di Saint-Pierre, si accorse, alle 7:52, che la linea si era improvvisamente interrotta.
Tutti gli esseri umani di Saint-Pierre morirono. Tranne uno, il già citato Auguste Ciparis. In realtà ci fu un altro sopravvissuto alla catastrofe: Léon Compère-Léandre che di mestiere faceva il calzolaio. La casa in cui abitava si trovava al margine della cittadina. Visse altri 34 anni, ignorato dalla stampa.
Morale della favola: una buona politica può evitare tanti problemi, ma una cattiva politica porta con se rischi a dir poco mortali...
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