La quinta puntata dell'uomo dalle mani invisibili continua tra presente e ricordi del protagonista. Piano piano comincia ad emergere un passato in cui erano state commesse azioni davvero inquietanti.
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Gli agenti lo braccavano e anche in strada, in mezzo alla folla, Guglielmo non si sentiva affatto al sicuro.
Troppi sguardi rivolti verso di lui. Si toccò le mani guantate e si sentì più nudo che mai. Sentì un'ondata di vergogna che si impossessava di lui. Tutti avevano le mani normali e solo lui, in tutto il mondo, le aveva trasparenti. Perché solo lui aveva commesso certe colpe.
Corse in una strada piena di negozi sfavillanti e si introdusse in un bar poco affollato. Lì era più vulnerabile, ma doveva sedersi un attimo: era troppo stanco.
In un angolo del bar, seduto ad un tavolino c'era un barbone. Si sentì uguale a lui in tutto e per tutto. Nel giro di pochi giorni sarebbe stato veramente uguale. Per fuggire agli agenti avrebbe dovuto vivere per strada e vivere di elemosina, si sarebbe abbrutito e non l'avrebbero più riconosciuto, se non con un esame genetico.
Vide che il barbone si alzava pesantemente e si avvicinava verso di lui con la mano tesa. Istintivamente mise le mani in tasca per vedere se aveva monete, ma si rese conto che non aveva nulla.
Quando il barbone arrivò al suo tavolo notò che una strana luce brillava nei suoi occhi.
Ebbe un sussulto.
“Gan! Gan Seriph? Non ti avevo riconosciuto... in questo modo...” disse Guglielmo, osservando l'abbigliamento sporco e trasandato di Gan. La sua mente oscillò in un istante migliaia di volte tra la sorpresa, il timore, la contentezza, il furore.
“Non sei bravo a nasconderti, Cantor!”
In quel momento, vedere Gan gli fece emergere una valanga di ricordi. Gli tornò in mente quando l'aveva incontrato la prima volta e aveva creduto che si trattasse di una allucinazione prodotta dalla sua mente squilibrata. Poi ricordò che questo sospetto fu fugato quando lo incontrò per la seconda volta.
Erano passate alcune settimane dal primo incontro e Guglielmo era andato a partecipare ad un convegno di matematica. Qui aveva riconosciuto Gan seduto tra le ultime file in un salone poco affollato. Si era avvicinato per salutarlo.
“Professor Cantor! Lo sa che alcuni giorni fa stavo per tornare a trovarla? Però, sfortunatamente, alcuni impegni me lo hanno impedito. Sono contento di vederla così in forma. Cosa mi racconta di bello?” disse Gan con un sorriso affabile.
“Mi scusi la maleducazione, ma mi piacerebbe sapere chi è lei esattamente. Forse non ci crederà, ma per un bel po' di giorni ho creduto di soffrire di allucinazioni! Almeno, così mi ha fatto credere il custode del plesso in cui abito” disse Guglielmo, con un tono severo.
“Non è maleducazione, mi creda! Io ho fatto irruzione nel suo appartamento, ma lei non sa proprio niente di me. Mi sento il dovere di riparare ad un atteggiamento che vede solo me come protagonista di vera maleducazione!” disse ancora con tono affabile.
“Come intende riparare a ciò che ha fatto?” chiese Guglielmo.
“Le permetterò di visitare i laboratori segreti in cui sviluppiamo la Torre di Babele, ad esempio...”
“Quelli in cui cercate di sostituire Dio nel governo dell'Universo?” disse Guglielmo con sarcasmo.
“Lei venga a vedere come lavoriamo e se le piace sarò contento di avere una mente brillante come la sua come collaboratore!”
“Non mi interessa!” disse Guglielmo. Girò i tacchi e andò a sedersi nel posto più lontano possibile da quello in cui c'era Gan. Non si girò mai a guardarlo, ma per tutto il convegno non riusciva a pensare ad altro che a quell'uomo. Non riusciva a capire perché provava un'avversione così violenta per quello che forse era solo un mitomane malato di mente.
Se a quel tempo avesse ascoltato il suo istinto di conservazione, non si sarebbe mai ritrovato, adesso, in tanti pasticci e con le mani invisibili.
Adesso lo guardava tra la folla. Il suo camuffamento da barbone era perfetto. Gan era riuscito ad ingannare pure lui che lo conosceva da molto tempo.
“Cosa ci fai qui Gan? Non lo vedi che siamo braccati dagli agenti?” disse Guglielmo, con tono di rimprovero.
“Cercavo te per una rimpatriata. Non ti va di ricordare i vecchi tempi insieme ad un vecchio amico?” rispose Gan con sarcasmo.
“Me li ricordo troppo bene i vecchi tempi...” disse Guglielmo guardando con tristezza le sue mani guantate.
“Io so cosa ti succede... sono l'unico che lo può capire. Vieni con me e risolverò il tuo problema” disse Gan con risolutezza.
“Tu non sai niente, invece!” rispose Guglielmo, mandando a Gan un'occhiata piena di rancore.
“Non dire sciocchezze! E poi io sono l'unico che sa cosa hai fatto. Sono la tua unica speranza. Anche se in realtà dovrei dire che TU sei l'unica speranza che abbiamo...”
“Lo vuoi rifare, lo sento dal tuo tono di voce!” disse Guglielmo con preoccupazione.
“Abbiamo costruito in segreto una nuova macchina. É tutto pronto per funzionare; manchi solo tu, Cantor. Tu solo puoi farla funzionare...” disse Gan.
Guglielmo si alzò e lo seguì tra le strade affollate.
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La prima puntata la potete trovare qui.
La seconda puntata la potete trovare qui.
La terza puntata la potete trovare qui.
La quarta puntata la potete trovare qui.
La prossima puntata (la sesta) verrà pubblicata sabato 8 novembre.
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