venerdì 6 giugno 2008

Quanto durerà la vita del nostro amato Sole?

Gli astrofisici hanno previsto che il Sole ci illuminerà ancora per altri 5 miliardi di anni. Il Sole è una stella che può essere classificata come appartenente alla "sequenza principale" del diagramma HR. Questo significa che è ancora nel pieno della giovinezza. I modelli teorici sulla formazione del Sistema Solare indicano che il Sole si è formato circa 10 miliardi di anni fa dal collasso gravitazionale di una nube di gas e polveri interstellari. Con esso si sono formati anche tutti i pianeti e gli altri corpi celesti orbitanti (comete, asteroidi). Il Sole emette la sua energia grazie ad una particolare reazione nucleare, detta "fusione nucleare". Questa reazione trae la sua energia dalla fusione di nuclei di idrogeno per formare nuclei di elio.

Quindi tra alcuni miliardi di anni le reazioni nucleari si esauriranno, gli strati più esterni gassosi verranno dispersi nello spazio (formando una "nebulosa planetaria"), mentre il nucleo più interno si contrarrà a causa delle forze gravitazionali dando vita ad una "nana bianca".

Quindi il pericolo della fine del Sole non è per nulla imminente. Il pericolo più grave per la Terra, invece, è molto più urgente e deriva dall'uomo stesso che potrebbe distruggere tutti gli ecosistemi esistenti. Una specie vivente in media vive per circa 10 milioni di anni. L'uomo è comparso circa 4 milioni di anni fa...

Ci restano solo 6 milioni di anni, o ancora di meno?

 

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giovedì 5 giugno 2008

La celiachia

La celiachia è un disturbo che si manifesta con un’intolleranza permanente al glutine che è una sostanza proteica presente in avena, farro, kamut, frumento, orzo, segale, spelta e triticale.

Quanti sono gli italiani che ne soffrono? Le stime indicano che ne soffre un soggetto ogni 100/150 persone. I celiaci quindi sarebbero circa 400 mila, ma ne sono stati diagnosticati intorno ai 75 mila. Ogni anno vengono effettuate cinque mila nuove diagnosi ed ogni anno nascono 2800 nuovi celiaci, con un incremento annuo di oltre il 10%.

Per curare la celiachia, attualmente, è necessario escludere dalla dieta alcuni degli alimenti più comuni, quali pane, pasta, biscotti e pizza, ma anche eliminare le più piccole tracce di farina da ogni piatto. Questo implica un forte impegno di educazione alimentare. Infatti l’assunzione di glutine, anche in piccole dosi, può causare danni.

La dieta senza glutine, condotta con rigore, è l’unica terapia che garantisce al celiaco un perfetto stato di salute.

In un soggetto predisposto geneticamente, l’introduzione di alimenti contenenti glutine, quali pasta, pane, biscotti o anche tracce di farina ricavata da cereali vietati, determina una risposta immunitaria abnorme a livello dell’intestino, cui consegue una infiammazione cronica con scomparsa dei villi intestinali.

Gravissime, e talvolta irreversibili, le malattie determinate da una diagnosi tardiva: osteoporosi, infertilità, aborti ripetuti, bassa statura nei ragazzi, diabete mellito, tiroidite autoimmune, alopecia, epilessia con calcificazioni cerebrali e il pericolosissimo linfoma intestinale.

Spesso la celiachia non si presenta in modo palese. Infatti le sue forme cliniche possono essere molteplici. La forma tipica ha come sintomatologia diarrea e arresto di crescita (dopo lo svezzamento), quella atipica si presenta tardivamente con sintomi prevalentemente extraintestinali (ad esempio anemia), quella silente ha come peculiarità l’assenza di sintomi eclatanti e quella potenziale (o latente) si evidenzia con esami sierologici positivi ma con biopsia intestinale normale.

La diagnosi di celiachia si effettua mediante dosaggi sierologici: gli AGA (anticorpi antigliadina di classe IgA e IgG), gli EMA (anticorpi antiendomisio di classe IgA). Più recentemente è stato messo a punto un nuovo test per il dosaggio di anticorpi di classe IgA, gli Anti-transglutaminasi.
Per la diagnosi definitiva di celiachia è però necessaria una biopsia dell’intestino tenue con il prelievo di un frammento di tessuto, dall’esame istologico del quale è possibile determinare l’atrofia dei villi intestinali.

 

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Una spaventosa eruzione vulcanica

Una drammatica immagine di una nube di cenere e vapori a forma di "fungo atomico", illuminata dal sole che sorge, emessa dal vulcano Redoubt in Alaska. Questa eruzione esplosiva, avvenuta il 21 aprile del 1990, fu talmente potente che sparò i materiali eruttivi fino al confine fra la troposfera e la stratosfera (circa 10000 metri di altezza s.l.d.m).

La zona di separazione tra i due strati dell'atmosfera è in corrispondenza del livello in cui la nube eruttiva si allarga.

 

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mercoledì 4 giugno 2008

C’è posto per Dio tra i quark e il Big Bang?

La religione è stata la levatrice della scienza. La nascita della fisica moderna e dell'astronomia nel diciassettesimo secolo fornirono la risposta alla credenza in un Dio metodico che aveva organizzato l'Universo secondo principi razionali, e che perciò si potevano riconoscere mediante un'indagine razionale. Le leggi matematiche erano viste come l'espressione di un ordine universale nella natura, una testimonianza della cura con la quale Dio aveva disegnato l'Universo fisico. Maturando, la scienza prese a separarsi dalla religione, e le leggi della fisica e le leggi della natura diventarono fini a se stesse, bruti fatti empirici piuttosto che prodotto di un disegno o di un progetto. I fisici in particolare sono oggi talmente abituati a trovare la natura così in accordo coi principi matematici, che quasi nemmeno si meravigliano più della sbalorditiva semplicità ed eleganza delle leggi fisiche. I conflitti storici fra scienza e religione istituzionalizzata Copernico, Galileo, Darwin - hanno reso le due comunità sospettose e diffidenti l'una dell'altra, col risultato che la scienza va avanti per conto suo, mentre i teologi sono diventati abbastanza saggi da non sfidare più gli scien­ziati sul loro proprio terreno.

Tuttavia, nonostante questa separazione, si ha l'impressione sempre più forte che i recenti sviluppi, almeno per quanto concerne la cosiddetta nuova fisica e la nuova cosmologia, stiano riaprendo una discussione su molti temi teologici tradizionali. Nonostante si viva nell'età della scienza e della tecnologia, la grande maggioranza della gente comune, compresi molti scienziati, seguitano a credere in qualche specie di Dio. Per queste persone, la scienza si potrebbe considerare come una specie di rivelazione sistematica dell'opera divina.

Ma la nuova fisica, che specie di Dio ci sta rivelando? C'è qualche rassomiglianza con l'antica nozione di un Creatore onnipotente, una Mente universale ed infinita, onnisciente, padrona dell'Universo e interessata essa stessa alle umane vicende?

Il problema della creazione è forse quello più appassionante, come dimostrerebbe la curiosa risorgenza delle idee creazioniste negli Stati Uniti. La maggior parte degli scienziati è d'accordo nel ritenere che l'Universo non è sempre esistito. La teoria del Big Bang, che tutti ormai conoscono, sostiene che l'intero cosmo venne in essere, improvvisamente, circa 13 miliardi d'anni fa, in un lampo di intenso calore ed energia. Uno dei maggiori trionfi della scienza postbellica è stata la scoperta di reliquie o "fossili" dell'esplosione primi­tiva. In realtà, i cosmologi sono tanto sicuri della sostanziale correttezza dello scenario del Big Bang, da scrivere interi libri di testo Sui più piccoli dettagli dei primi pochi minuti; e tengono conferenze Sui processi che si pensa siano avvenuti perfino entro il primo secondo.

Tuttavia, la teoria del Big Bang presenta degli aspetti straordinari che vanno ben oltre il semplice racconto biblico della creazione. Il Big Bang, infatti, rappresenta il venire in essere non solo della materia e dell'energia, ma anche dello spazio e del tempo. È un'affermazione sorprendente e che lascia perplessi perché siamo abituati a pensare allo spazio e al tempo come a qualcosa che semplicemente c'è. La nozione di un inizio del tempo, odi un momento prima del quale lo spazio non esisteva, è del tutto estranea alla nostra intuizione. Ciò non di meno, le osservazioni dimostrano che spazio e tempo si possono curvare, stirare e restringere. Queste distorsioni sono prodotte dalla gravitazione. Se il nostro Universo dovesse crollare completamente su se stesso per l'azione della propria gravità, quel che si dice il Big Crunch, "la gran stritolata", la distorsione crescerebbe senza limiti fino al totale annullamento dello spazio-tempo. Analogamente, sembra che l'Universo sia stato eruttato da una simile condizione singolare.

Che lo spazio e il tempo facciano parte del mondo fisico, uniti intimamente l'un l'altro e alla materia, è fuori dubbio. Spazio e tempo cambiano e si sviluppano secondo precise leggi matematiche allo stesso modo della materia. Questa nuova concezione dello spazio e del tempo come parte dell'Universo fisico, soggetto a leggi naturali che si possono controllare sperimentalmente, ha profonde implicazioni per il concetto di Dio. Nella religione cristiana, Dio è l'essere soprannaturale, al di sopra e al di là della Natura, autore anche della creazione del mondo fisico. Ciò deve significare, perciò, che Dio è al di fuori dello spazio e del tempo. Altrimenti, sarebbe soggetto a quelle stesse leggi fisiche che si suppone Egli abbia liberamente creato.

L'idea di un Dio al di là o al di sopra del tempo, un Dio che ha creato il tempo, non è nuova. Sant'Agostino di Ippona scriveva nel quinto secolo: 'Tu stesso hai fatto il tempo... Il mondo è stato creato col tempo, non nel tempo." Questa è una notevole anticipazione del moderno quadro scientifico della creazione, sebbene non sia senza i suoi inconvenienti. Un Dio atemporale non assomiglia molto a quello descritto nella Bibbia e adorato per secoli dai Cristiani. Il Dio cristiano è un Dio che ha progettato l'Universo, e siederà per giudicarlo. Si suppone che Egli esaudisca le preghiere, segua il progresso spirituale degli esseri umani, e occasionalmente agisca anche direttamente nel mondo, come nel caso dei miracoli. Ma progettare, giudicare, comunicare, pensare e agire sono tutte attività temporali. Cosa signi­fica affermare, per esempio, che Dio pensa al di fuori di ogni tempo?

Questo dilemma - che se Dio anche remotamente assomiglia a una mente, allora Egli deve essere immerso nel fiume del tempo - non è stato trascurato dai moderni teologi, che su questo argomento sostengono una varietà di opinioni. Pensare a un Dio nel tempo significa rinunziare alla sua onnipotenza, perché egli allora sarebbe soggetto, in qualche modo, a leggi che lo sovrastano: le leggi della fisica. Inoltre, un Dio nel tempo logicamente non dovrebbe essere ritenuto responsabile di averlo creato, cosicché egli non potrebbe più essere il vero creatore dell'Universo. Né sarebbe un Dio eterno, perché non avrebbe potuto esistere prima del Big Bang, e sarebbe distrutto dal Big Crunch quando il tempo smetterà di esistere.

Per un fisico il concetto di un Dio atemporale non è così imbarazzante. La Teoria della Relatività di Einstein considera un non-senso la nostra visione intuitiva del tempo, con la suddivisione ordinata fra passato, presente e futuro, nel suo enigmatico "fluire". La Relatività nega un momento presente, universale o assoluto e incoraggia una rappresentazione in cui il tempo ha una sua oggettività è come un'altra dimensione dello spazio.

Inoltre, Einstein ha dimostrato che lo spazio-tempo è la manifestazione della gravitazione, e si può considerare come un campo di forza. Di recente è diventato di moda cercare di unificare questo campo di forza dello spazio-tempo con gli altri campi di forza: elettromagnetico e nucleare. Il quadro concettuale per questa inebriante impresa è la fisica quantistica, dove i campi acquistano qualità simili a quelle delle particelle (per esempio, il campo elettromagnetico viene descritto da fotoni). Se il progetto avrà successo il tempo sarà non più da considerarsi un concetto primitivo, ma solo una componente, in una complessa e astratta struttura che unisce materia, spazio-tempo, e forza in un semplice schema descrittivo. In tal caso, forse smetteremo di attribuire uno stato teologico privilegiato a questa misteriosa qualità.

Sebbene la nuova fisica abbia molto da dire sul concetto di Dio-Creatore, essa getta nuova luce anche sul Dio-Architetto. Nel XIX secolo i teologi si appellavano volentieri al cosiddetto argomento teleologico per l'esistenza di Dio, che oggi potrebbe tradursi così: il mondo fisico dispiega una sbalorditiva varietà di strutture ed un'elaborata organizzazione, a partire dal mondo microscopico all'interno dell'atomo, su su attraverso la complessità dei sistemi viventi, fino all'intricata organizzazione delle galassie. Dovunque si guardi nella Natura, riscontriamo ordine; il quale non può essere nato da un cieco caso, ma, si afferma, deve essere il prodotto del disegno di una mente. La meravigliosa armonia della natura, in cui materia, forza ed energia interagiscono così bene e in tanti modi, può solo significare (si conclude) che l'Universo ha uno scopo.

L'argomento teleologico ha sofferto un grave colpo dalla teoria dell'evoluzione di Darwin, che ha dimostrato che l'ordine può nascere spontaneamente nei biosistemi come un risultato di accidentali mutazioni e per selezione naturale. Più di recente, fisici e chimici sono arrivati a capire una gran varietà di altri sistemi manifestamente auto-organizzatisi, mediante lo studio della termodinamica dei sistemi non in equilibrio. Ma sebbene l'argomento fosse caduto in disuso, ecco che ora è stato nuovamente invocato dal movimento creazionista, che si chiede come mai, su scala cosmologica, l'ordine possa essere nato dal caos primordiale del Big Bang senza l'intervento di un ente soprannaturale. Il loro argomento si appella alla seconda legge della termodinamica, una legge universale della fisica che proibisce che in ogni sistema chiuso la quantità totale di ordine possa aumentare.

Per risolvere questo paradosso fisico occorre un'accurata analisi. L'Universo può essere assimilato. a un enorme meccanismo in lento rallentamento via via che inesorabilmente esaurisce la riserva di energia che lo muove. Il mistero riguarda il modo in cui il meccanismo è stato caricato in origine. I creazionisti hanno ragione nell'indicare che un sistema chiuso non può caricarsi da sé, ma in un certo senso non si può affermare che la materia cosmologica distribuita nell'Universo costituisca un sistema chiuso. Invece è un sistema aperto, non necessariamente in senso spaziale, ma rispetto al campo cosmologico gravitazionale. Questo si riscontra, per esempio, nel fatto che l'Universo non è statico, ma si espande in conseguenza della sua origine dal Big Bang. È questa espansione che fornisce il meccanismo di carica, agendo come una specie di riforni­mento di energia dall'esterno.

Curiosamente, in questa confutazione resta una fessura che solo di recente è stata tamponata. Ci si potrebbe chiedere da dove il campo gravitazionale abbia tratto il suo stock di energia utile, per effettuare la carica iniziale. Studi teorici ora suggeriscono che alle temperature fantastiche raggiunte nel Big Bang una bizzarra forma di antigravità si sarebbe momentaneamente impadronita dell'Universo, causando un periodo di rapida espansione. Quando un gas ordinario si espande, la legge della conservazione dell'energia richiede che l'energia interna diminuisca di tanto quanto è il lavoro che la pressione del gas esercita contro le pareti del contenitore. Nella fase antigravitazionale agli inizi dell'Universo, la pressione della materia cosmologica era negativa, così da guadagnare energia coll'espandersi. L'antigravità gonfiava il cosmo, e così facendo sovraccaricava l'Universo di enormi quantità di energia, quella che oggi guida tutti i processi che arricchiscono il mondo intorno a noi con tanta squisita vitalità e complessità. Questa fase di instabilità, unica nella storia dell'Universo, assegna al campo gravitazionale il ruolo di un miracoloso contenitore di energia potenzialmente illimitata, sebbene (ahimè!) la fase di caricamento sia ormai finita da tempo e l'Universo sembri destinato a continuare a precipitare verso uno stato finale di inattività.

Nonostante che la nuova fisica e la cosmologia forniscano convincenti meccanismi per spiegare l'origine di strutture complesse nell'Universo senza il bisogno di ricorrere a una Divinità organizzatrice, resta il problema di un'altra specie di ordine: l'ordine che si manifesta nelle leggi fisiche medesime. Il semplice fatto che ci siano delle leggi, che materia ed energia non si comportino in modo caotico e casuale, sembra a molti la prova evidente dell'esistenza di un disegno superiore. Col progredire della nuova fisica, gli scienziati continuano a imbattersi in altre notevoli prove dell'organizzazione e della bellezza della Natura. Le nuove simmetrie astratte che si scoprono nella materia subnucleare in seguito agli esperimenti di collisioni ad altissime energie, ci rivelano un mondo microscopico di straordinaria eleganza e coerenza. Frammenti di materia si connettono fra loro in famiglie interdipendenti, legate da astratte operazioni matematiche che solo pochi anni fa nessuno immaginava nemmeno. L'uso dell'analisi matematica ci ha permesso di mostrare che l'esistenza della vita, e quindi degli osservatori, nell'Universo dipende in modo quanto mai delicato dai dettagli di queste connessioni, tanto che se la Natura avesse cambiato di un'inezia i suoi numeri, l'Universo sarebbe precipitato in uno sterile caos.

Questi aspetti e altri, dedotti dalle frontiere della fisica e della cosmologia hanno convinto, almeno me, che nell'Universo c'è molto di più di quanto non colpisca gli occhi. I concetti che stanno emergendo dalla nuova fisica intersecano il tradizionale dibattito religioso, offrendo aspetti del tutto nuovi sulla possibile natura di Dio e le sue relazioni coll'Universo fisico. Così, dopo molti decenni di sviluppo separato, la scienza può offrire interessanti spunti all'uomo di fede: come al solito, ha qualcosa di importante da dire. Speriamo che il mito della scienza, considerata come una ricerca impersonale e senz'anima, non impedisca al resto del mondo di porgerle ascolto.

PAUL C.W. DAVIES. Professore di Fisica Teorica dell’Università di Newcastle-upon-Tyne, si è laureato in Fisico presso l'University College di Londra nel 1967. Ha scritto diversi libri, due dei quali sono stati tradotti anche in italiano: L'Universo che fugge, Mondadori, 1979; Spazio e Tempo nell'Universo, Laterza, 1980. I suoi interessi si rivolgono a ricerche nel campo della fisica teorico, della cosmologia, della gravitazione, della struttura dello spazio-tempo e della natura del tempo.

 

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Pitagora

Nel sesto secolo a.C., Pitagora di Samo fu una delle figure più autorevoli e misteriose della matematica. Poiché non esistono resoconti di prima mano della sua vita e della sua opera, la sua figura è avvolta nel mito e nella leggenda e ciò rende difficile per gli storici separare la realtà dall'immaginazione. Quello che sembra certo è che Pitagora sviluppò l'idea della logica numerica e fu responsabile della fioritura della prima età aurea della matematica. Grazie al suo genio i numeri non furono più usati semplicemente per contare e calcolare, ma furono apprezzati nel loro auten­tico valore. Egli studiò le proprietà di certi numeri particolari, i rapporti tra i numeri e gli schemi che essi formavano. Pitagora capì che i numeri esistono indipendentemente dal mondo sensibile e che perciò il loro studio non è soggetto alle imprecisioni della percezione. Questo significa che egli poté scoprire verità indipendenti dall'opinione e dal pregiudizio e che erano più assolute di ogni precedente conoscenza.

Pitagora acquisì le sue abilità matematiche viaggiando nel mondo allora conosciuto. Alcuni rac­conti vorrebbero farci credere che si fosse spinto sino all'india e alla Gran Bretagna, ma è certo soltanto che egli raccolse molte tecniche e strumenti matematici dagli egiziani e dai babilonesi. Questi due popoli antichi si erano spinti al di là del semplice conteggio empirico ed erano capaci di eseguire calcoli complessi che permisero loro di elaborare sofisticati sistemi di numerazione e di costruire complessi edifici. Essi vedevano nella matematica un semplice strumento per risolvere problemi pratici e certamente le motivazione che li mosse a scoprire alcune regole basilari della geometria fu di ricostruire i confini dei campi che si smarrivano a seguito dell'annuale piena del Nilo. La stessa parola geometria significa «misurazione della terra».

Dopo vent'anni di viaggi Pitagora aveva assimilato tutte le regole matematiche allora note nel mondo antico. Veleggiò alla volta di Samo, la sua isola, nel mare Egeo, con l'intenzione di fondarvi una scuola dedita allo studio della filosofia e che si occupasse particolarmente di ricerche sulle regole matematiche da poco acquisite. Egli sperava di trovare un folto numero di studenti amanti del libero pensiero che potessero aiutarlo a sviluppare una filosofia radicalmente nuova, ma durante la sua assenza dall'isola il tiranno Policrate aveva trasformato la città un tempo liberale in una società intollerante e conservatrice. Policrate invitò Pitagora a unirsi alla sua corte, ma il filosofo capì che era solo un tentativo per metterlo a tacere e perciò declinò l'invito.

Stabilì temporaneamente una scuola nota come il Semicerchio di Pitagora, ma le sue idee di riforma sociale erano inaccettabili e il filosofo fu costretto a fuggire dalla colonia con la madre e l'unico discepolo.

Pitagora parti alla volta dell'italia meridionale, parte della Magna Grecia, e si stabilì a Crotone dove ebbe la fortuna di trovare un patrono ideale in Milone, l'uomo più ricco della città e uno degli uomini più robusti che siano mai esistiti. La fama di Pitagora come sapiente di Samo si era già diffusa in tutta la Grecia, ma quella di Milone era ancora più grande. Era un uomo di dimensioni erculee, che era stato campione per dodici volte nei Giochi Olimpici e nei Giochi Pitici. Oltre all'atletismo, Milone apprezzava e praticava anche la filosofia e la matematica. Mise a disposizione una parte della propria casa e offrì a Pitagora stanze sufficienti per l'istituzione di una scuola. Avvenne così che la mente più creativa e il corpo più potente formarono un sodalizio.

Al sicuro nella sua nuova dimora, Pitagora fondò il Sodalizio pitagorico, un gruppo di seicento seguaci non soltanto in grado di capire i suoi insegnamenti, ma anche capaci di contribuire alla dottrina pitagorica elaborando nuove idee e nuove dimostrazioni.

Il Sodalizio pitagorico era una scuola egualitaria e comprendeva parecchie donne. L'allievo favorito di Pitagora era la figlia dello stesso Milone, la bellissima Teano e, nonostante la differenza d'età, essi finirono per sposarsi.

Subito dopo aver fondato il Sodalizio, Pitagora coniò la parola filosofo e, così facendo, definì gli scopi della scuola.

Mentre assisteva ai Giochi Olimpici, Leone, principe di Flio, chiese a Pitagora come si sarebbe definito. Pitagora rispose: «Io sono un filosofo», ma Leone non aveva mai sentito prima quella parola e gli chiese di spiegarsi.

«La vita, principe Leone, può essere ben a ragione paragonata a questi Giochi pubblici, perché nella vasta folla qui convenuta taluni sono attirati dal guadagno, altri sono mossi solo dalla speranza e dall'ambizione di ottenere la fama e la gloria. Ma tra costoro ve ne sono alcuni, che sono venuti qui per osservare e capire che cosa accade.

Nella vita avviene lo stesso. Alcuni sono influenzati dall'amore della ricchezza, mentre altri sono ciecamente condotti dal folle desiderio di potere e di dominio, ma l'uomo migliore si dedica a scoprire il significato e lo scopo della vita stessa. Egli cerca di scoprire i segreti della natura. E questo l'uomo che io chiamo filosofo perché, sebbene nessun uomo sia completamente saggio sotto ogni rispetto, egli può amare la sapienza in quanto chiave di accesso ai segreti della natura».

Anche se molti erano consapevoli delle aspirazioni di Pitagora, nessuno fuori del Sodalizio conosceva i dettagli o la misura del suo successo. Ogni membro della scuola era costretto a giurare di non rivelare mai all'esterno nessuna de le loro scoperte matematiche.

Ciò che si sa per certo è che Pitagora ha cambiato il corso della matematica. Il Sodalizio era effettivamente una comunità religiosa e uno degli idoli adorati era il Numero.

Pitagora comprese che i numeri erano celati in tutte le cose, dall'armonia musicale alle orbite dei pianeti, e ciò lo indusse a proclamare che «tutto è numero». Esplorando il significato della matematica Pitagora stava sviluppando il linguaggio che avrebbe consentito a lui e ad altri di descrivere la natura dell'universo. Da allora in poi ogni progresso matematico avrebbe dato agli scienziati il vocabolario di cui avevano bisogno per spiegare meglio i fenomeni circostanti. Infatti gli sviluppi nella matematica avrebbero ispirato le rivoluzioni scientifiche.

Di tutti i nessi fra i numeri e la natura scoperti dai pitagorici il più importante fu il rapporto che reca il nome del fondatore della scuola. Il teorema di Pitagora ci offre un'equazione valida per tutti i triangoli rettangoli e che perciò definisce anche lo stesso angolo retto. A sua volta l'angolo retto definisce la perpendicolare, ossia la relazione tra verticale e orizzontale e infine la relazione tra le tre dimensioni dell'universo a noi familiare. La matematica, attraverso l'angolo retto, definisce proprio la struttura dello spazio nel quale viviamo.

I pitagorici rafforzarono la matematica con la loro zelante ricerca della verità attraverso la dimostrazione. Si diffuse la notizia dei loro successi, ma i dettagli delle loro scoperte rimasero un se­greto accuratamente custodito. Molti chiesero di essere ammessi al santuario della conoscenza, ma solo gli intelletti più acuti vennero accolti. Un candidato respinto si chiamava Cilone. Cilone non accettò l'umiliazione di essere rifiutato e vent'anni dopo si vendicò.

Durante la sessantasettesima Olimpiade (510 a.C.) ci fu una rivolta nella vicina città di Sibari. Teli, il capo vittorioso dei ribelli iniziò una barbara persecuzione dei sostenitori del precedente governo, che indusse molti di loro a cercare rifugio a Crotone. Teli chiese che i traditori fossero rispediti a Sibari per scontare la pena dovuta, ma Milone e Pitagora persuasero i crotoniati a op­porsi al tiranno e a proteggere i rifugiati. Teli si infuriò e raccolse subito un esercito di trecentomila uomini per marciare su Crotone, dove Milone difendeva la città con centomila cittadini armati. Dopo settanta giorni di guerra, Milone, comandante supremo, guidò i crotoniati alla vittoria e per ritorsione essi deviarono il corso del fiume Crati verso la città di Sibari, per mondana e distruggerla.

Nonostante la fine della guerra, Crotone era ancora in tumulto a causa delle liti sulla spartizione del bottino di guerra. Temendo che la terra sarebbe stata assegnata all'élite pitagorica, il popolo crotoniate cominciò a rumoreggiare. Fra le masse serpeggiava già un crescente risentimento perché i pitagorici continuavano a mantenere segrete le loro scoperte, ma nulla accadde finché Cilone si fece avanti come portavoce del popolo. Cilone fece leva sulla paura, sulla frustrazione e sull'invidia della plebaglia e la guidò nell'opera di distruzione della più geniale scuola matematica che il mondo abbia mai conosciuto. La casa di Milone e la scuola adiacente furono circondate, tutte le porte furono sprangate per impedire la fuga e poi fu appiccato il fuoco. Milone riuscì a scappare dall'inferno e fuggì, ma Pitagora e molti suoi discepoli rimasero uccisi.

La matematica aveva il suo primo grande eroe, ma lo spirito pitagorico sopravvisse. I numeri e le loro verità erano immortali. Pitagora aveva dimostrato che la matematica, più di ogni altra disciplina, è una materia svincolata dalla soggettività di chi la pratica. I suoi discepoli non avevano bisogno del maestro per decidere della validità di una particolare teoria. La verità di una teoria era indipendente dall'opinione dei singoli. Al contrario, arbitra della verità era diventata la costruzione della logica matematica. Fu questo il massimo contributo pitagorico alla civiltà: un metodo di acquisire la verità che oltrepassa la fallibilità del giudizio umano.

(Bibliografia: S. Singh: L'ultimo teorema di Fermat. Rizzoli 1997)

 

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martedì 3 giugno 2008

Il buco bianco

Molti di voi avrete sentito parlare spesso dei buchi neri, ma forse il concetto di buco bianco vi è assolutamente nuovo.

Questo oggetto strano avrebbe origine dal fatto che le leggi della Fisica sono simmetriche rispetto al tempo. Simmetriche rispetto al tempo significa che non cambiano se il tempo scorre in avanti (dal passato al futuro) oppure scorre all'indietro (dal futuro al passato). Per le leggi della fisica la direzione del tempo è del tutto indifferente.

A questo punto è del tutto naturale concepire un oggetto che è l'esatto opposto di un buco nero. Un buco nero, ricordiamolo, è una deformazione gravitazionale dello spazio-tempo in cui la luce e la materia può entrare, ma non può uscirne mai più. Il buco bianco allora sarebbe qualcosa da cui può uscire materia e radiazione, ma niente può entrarvi.

Molto strano no?

Naturalmente non è mai stato osservato nessun buco bianco che è solo frutto di speculazione ipotetica. In particolare, esistono teorie secondo le quali entrando in un buco nero si uscirebbe da un buco bianco in una regione dell'Universo diversa nello spazio e, forse, anche nel tempo, da quella del buco nero stesso. Quindi il buco nero non farebbe altro che scavare un "tunnel" (wormhole) nello spazio tempo, lungo il quale si potrebbe viaggiare. Si entra da un buco nero e si esce da un buco bianco. Anche se la teoria dei buchi bianchi è estremamente affascinante, non esiste alcuna prova concreta a favore della loro esistenza.

Secondo alcuni cosmologi, l'Universo stesso sarebbe formato da materia scaturita da un buco bianco collegato ad un buco nero in un altro universo. Addirittura esisterebbero innumerevoli universi collegati da wormholes e quindi disseminati di buchi neri e buchi bianchi.

Un'ultima curiosità. Perché gli scienziati si occupano dei buchi bianchi anche se sembra che non possano esistere in realtà? La spiegazione è questa: il concetto di buco bianco deriva dal fatto che un buco nero sia un pozzo senza fondo eterno, in cui la materia cade senza mai fermarsi. Se è così allora si fermerà solo quando troverà "lo sbocco dall'altra parte" e quest'altra parte non è altro che un altro Universo. Questa spiegazione è molto più semplice di altre, anche dal punto di vista matematico.

 

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lunedì 2 giugno 2008

Questa è un'immagine piccante...

Eh sì, molto piccante...

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Le peggiori catastrofi che sono accadute nel mondo quest'anno

Bennett editorial cartoon

Mi si perdoni l'ironia... anzi, la satira. E' ovvio che c'è poco da scherzare su eventi che stanno ancora facendo soffrire un numero incredibile di persone, ma vista la situazione italiana, per stavolta mi sono concesso un piccolo sorriso (a denti stretti). Anche noi stiamo soffrendo, dopo tutto...

L'immagine è ottenuta da un modifica di questa.

 

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domenica 1 giugno 2008

Il misterioso "evento Tunguska"

Il 30 giugno del 1908, in una sperduta località della Siberia chiamata Podkamennaja Tunguska (Tunguska Pietrosa), alle ore 7:14 (locale), avviene qualcosa di realmente catastrofico.

I testimoni parlano di una sfera di fuoco, più luminosa del sole, che attraversò il cielo fino ad esplodere. Ma alcuni riuscirono a fornire un resoconto più dettagliato, come un abitante del luogo, Semen Semenov, che racconta:

“Ero seduto in casa per far colazione nella fattoria di Vanavar, volta a nord. [...] D'improvviso vidi che proprio verso nord, sopra la strada per Tunguska di Onkoul, il cielo si era diviso in due e il fuoco appariva in alto e si estendeva sopra la foresta. La spaccatura in cielo si allargò, e tutta la parte nord si coprì di fuoco. In quel momento diventai caldo in maniera insopportabile, come se la mia camicia andasse in fiamme; da nord, dove c'era il fuoco, arrivava un gran calore. Volevo togliermi la camicia e buttarla via, ma poi il cielo si richiuse, e si udì un gran boato, e fui scaraventato per qualche metro. Per un attimo persi i sensi, ma dopo mia moglie uscì fuori e mi accompagnò in casa. Dopo di ciò, arrivò un tal fragore, come di rocce che cadevano o di cannoni che sparavano, e la terra tremò, e quando ero a terra, abbassai la testa, nel timore di venire colpito dalle rocce. Quando il cielo si aprì, un vento caldo corse tra le case, come sparato da cannoni, lasciando la traccia del suo percorso sulla terra, e danneggiò alcune coltivazioni. Dopo ci accorgemmo che molte finestre erano in frantumi…”

In seguito si potè appurare che la gigantesca esplosione, che fu udita fino a 1000 km di distanza, aveva abbattutto oltre 60 milioni di alberi in un'area di 2150 chilometri quadrati. L'evento fu avvertito anche dai sismografi in Europa e in Asia. I metereologi inglesi rilevarono persino un repentino cambiamento della pressione atmosferica. Nelle settimane successive fu notato uno strano fenomeno: il cielo nella zona era talmente luminoso che era possibile leggere di notte senza il bisogno di luce artificiale. La cosa ancora più strana è che alcuni testimoni affermavano che il cielo era luminoso in maniera anomala già alcuni giorni prima dell'esplosione. Si raccolsero testimonianze anche di altri fenomeni inspiegabili, come: suoni strani, gli oggetti metallici risultavano elettrizzati, deviazioni dell'ago della bussola, condizioni meteo strane, attività sismica.

Questi fenomeni che precedettero l'esplosione furono i responsabili del fioccare di spiegazioni "alternative" che potessero rendere conto dell'esplosione. Sono decine, se non centinaia, i libri che si sono occupati dell'evento Tunguska, fornendo spiegazioni più o meno fantasiose. Si è parlato di UFO, di antimateria, di un impatti con un buco nero o con una stella di neutroni, fino ad arrivare ad esperimenti segreti sul "raggio della morte".

Ma qual è la vera spiegazione di quella catastrofica esplosione?

Il problema più grave da risolvere fu che in ben quattro spedizioni organizzate nella zona tra il 1927 ed il 1939 non fu possibile trovare nessun cratere da impatto meteoritico. L'ipotesi più accreditata, quella dell'impatto con un asteroide o una cometa, sollevava alcuni dubbi.

A meno che l'asteroide o la cometa non fosse esplosa prima di toccare il suolo.

Tuttavia alcuni studi effettuati a partire dal 1991 dal dipartimento di Fisica dell'Università di Bologna in seguito ad una serie di spedizioni in Siberia, hanno portato alla luce nuove tracce. Le ricerche, tuttora in corso, hanno permesso di ricostruire una mappa più dettagliata sull'orientamento degli alberi abbattuti ed il riconoscimento di anomalie negli anelli di crescita degli alberi in corrispondenza dell'anno 1908.

Le ricerche indicherebbero come localizzazione del cratere d'impatto del meteorite il lago Cheko, situato a circa 8 km a nord-ovest dall'epicentro stimato dell'esplosione. La morfologia del lago, la struttura dei sedimenti suggeriscono che questo lago sia il sito d'impatto di un meteorite. Il fatto che testimoni oculari dell'evento ricordino il fiume Cheko, ma nessuno nomini il lago Cheko, confermerebbe l'ipotesi che il lago si sia formato in seguito all'evento di Tunguska.

Il mistero è stato svelato? L'esplosione pari a 1000 bombe atomiche di Hiroshima che avvenne nel 1908 non ha più segreti? Può darsi, ma alcuni ancora continuano a fantasticare.

Una sola cosa è sicura: se un impatto del genere fosse avvenuto in un'area ad alta densità di popolazione, la storia del nostro pianeta sarebbe combiata, e non di poco...

 

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