Non si sa quasi niente della vita di Euclide; né la sua data di nascita, né quella della sua morte, e neppure la sua nazionalità. Si sa solamente che insegnava matematica nella più celebre “università” dell’antichità: quella di Alessandria.
La sua opera fondamentale, gli Elementi, raccoglie e organizza la matematica conosciuta a quell’epoca. In tredici volumi, con una chiarezza e un rigore notevole, Euclide raccoglie, oltre alle sue idee originali, anche dei risultati dovuti a matematici anteriori, quali Talete di Mileto, Pitagora di Samo ed Eudosso di Cnido.
In particolare la nozione di rette parallele e loro proprietà erano note alla scuola pitagorica. Negli Elementi di Euclide si trova, forse per la prima volta, riconosciuta la necessità di un nuovo assioma per poter svolgere razionalmente lo studio delle parallele.
L’enunciato che noi di solito studiamo nei libri di scuola non è quello originario di Euclide, ma sembra dovuto al commentatore Proclo (V sec. d.C.). Nella storia della matematica, e della didattica, sono state date diverse formulazioni di questo assioma.
“Se una retta che taglia due rette determina dallo stesso lato angoli interni minori di due angoli retti, prolungando le due rette, esse si incontreranno dalla parte dove i due angoli sono minori di due retti.”
Tuttavia, più familiare è senz'altro la forma moderna del postulato:
“Per un punto passa una ed una sola parallela ad una retta data”
Questo fatto non deve generare confusione, ma è utile per riflettere, ancora una volta, su questa fondamentale circostanza: l’ordinamento deduttivo di una teoria non è rigidamente determinato, né è determinata la forma degli assiomi, che esprimono i necessari richiami all’intuizione o all’esperienza. Cioè non sempre una teoria si deve basare su un ragionamento solo razionale, ma molto dipende dalla giusta intuizione e dal richiamo dell’esperienza. La nozione di parallelismo ne è un esempio pratico.
Fin dall’antichità si è sempre avuta una percezione vaga del minor grado di certezza dell’assioma delle parallele rispetto ad altri assiomi della geometria. Così si spiegano i tentativi fatti per quasi duemila anni per dimostrare la proprietà in esso contenuta. Tentativi che finirono con lo sfociare nella creazione della geometria non euclidea.
Secondo la teoria della relatività, la geometria del mondo fisico non è euclidea.
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