sabato 24 maggio 2008

Miti e costellazioni: Orione il cacciatore

La costellazione di Orione è una delle più famose e riconoscibili della volta celeste. Le sue luminose sette stelle principali che brillano alte nel cielo nelle limpide notti invernali, hanno fatto di questa costellazione il terreno fertile per grandi storie mitologiche.

Partiamo dalla mitologia greca. Orione, secondo gli antichi greci, era un gigante, possente e bellissimo, figlio di Poseidone ed Euriale, figlia di Minosse, il re di Creta . Si racconta che una notte, sull'isola di Chio, corteggiò Merope, figlia del re Enopione, che irato dall'affronto lo fece accecare ed allontanare dall'isola. Orione si diresse verso l'isola di Lemno dove Vulcano, impietosito dalla sua cecità, lo affidò alla guida di Cedalione, che lo condusse verso est, fin dove sorgeva il sole e lì riacquistò la vista, grazie ad Eos, l'aurora, che alla fine divenne sua moglie.

Cacciatore dagli occhi celesti, usciva di notte accompagnato dal suo cane fedele, Sirio, in cerca di prede. La dea Artemide, che con lui condivideva molte battute di caccia, se ne invaghì perdutamente e gli fece delle avances esplicite, anche se lei era famosa per la sua sacra castità (evidentemente quando c'è l'occasione buona...). Orione la rifiutò con gentilezza, adducendo come fragile giustificazione che non avrebbe mai potuto tradire la sua amata sposa, che era stata colei che lo aveva guarito dalla cecità. Inizialmente Artemide si mise l'animo in pace, convinta di aver trovato un uomo davvero fedele, ma...

Quando però scoprì che dopo pochissimo tempo Orione si era invaghito delle Pleiadi, le sette figlie di Atlante e Pleione, e che, addirittura, aveva cominciato a molestarle, la dea si offese a morte e per punire l'insopportabile affronto, mandò contro Orione un formidabile killer: lo Scorpione; il piccolo animale entrò di nascosto nella capanna del cacciatore durante la notte e ne attese il ritorno fino all'alba; il terribile aracnide continuò a rimaner nascosto fino a quando il nostro eroe ed il suo fido compagno non si addormentarono, spossati da un'avventurosa battuta di caccia, ed infine sferrò il suo attacco letale con il suo pungiglione avvelenato, prima su Orione e poi su Sirio che si era svegliato ed aveva tentato di difendere il suo padrone.

Secondo altre fonti Orione era un cacciatore spietato che uccideva le prede solo per il piacere di uccidere e fu proprio questo suo atteggiamento a dare fastidio ad Artemide che gli mandò contro lo Scorpione. Quando il possente cacciatore vide un così piccolo animale rise di lui, ma subito lo Scorpione lo punse e Orione in breve tempo morì.

Esistono altre versioni riguardo la morte di Orione: alcune dicono che lo Scorpione fu inviato ad uccidere Orione da Apollo, fratello della dea, che quando venne a conoscenza dell'affetto di Artemide verso il cacciatore, ne rimase alquanto contrariato; altri miti, invece, narrano che fu Orione a innamorarsi di Artemide, e non viceversa, e che per difendersi da lui la dea lo uccise con le sue frecce.

Ed ecco un'altra versione. Egli si vantò con Artemide di essere il più abile cacciatore esistente e di poter uccidere qualsiasi bestia sulla terra.  Allora Gea (la Terra), indignata per la sua presunzione, fremette e fece uscire da una spaccatura del terreno uno scorpione che lo punse facendolo morire.

Comuque sia andata, non appena Giove scoprì cosa era successo, si adirò molto, e dall'alto dell'Olimpo fulminò con una folgore lo scorpione (poveraccio...). Infine decise di far ascendere al cielo gli eroi, e da allora la costellazione di Orione splende nell'Emisfero Boreale mentre affronta la carica del Toro (di cui possiamo vedere l'occhio rosso di rabbia, la bella stella Aldebaran) e non lontano troviamo la costellazione del Cane Maggiore (con la stella Sirio, che è la più luminosa del cielo); la costellazione dello Scorpione invece sorge esattamente quando Orione tramonta, in questo modo il letale aracnide non potrà mai più insidiare il cacciatore.

 

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venerdì 23 maggio 2008

Su Giove è apparsa una nuova "macchia rossa" (immagine)

Il pianeta Giove non è conosciuto solo per essere il più grande del Sistema Solare, ma anche per la famosa "macchia rossa". La macchia rossa di Giove è un'immenso vortice atmosferico, una sorta di uragano, che dura da almeno 300 anni. Infatti fu osservata per la prima volta dall'astronomo Cassini nel 1665. Il colore rosso potrebbe essere dovuto al metano che, secondo alcune simulazioni al computer dell'atmosfera di Giove, emergerebbe dagli strati più profondi del pianeta. La macchia rossa non è stata sempre uguale in questi secoli: è variata in dimensioni e anche nel colore, infatti spesso ha assunto tonalità che andavano dal rosato fino al bianco. Negli ultimi anni si è tornati ad un colore rosso più vivo. In ogni caso le dimensioni di questo vortice perenne sono davvero ragguardevoli: potrebbe contenere al suo interno ben due pianeti grandi quanto la Terra.

La novità

Nella primavera del 2006 apparve, vicino alla macchia rossa, una macchia rossa più piccola, che gli astronomi battezzarono red spot junior. La cosa più incredibile è che il 9 maggio del 2008 è apparsa un'altra macchia rossa, ancora più piccola (come si vede nella foto presentata) che si va ad aggiungere alle altre due preesistenti. Adesso l'aspetto di Giove è ancora più spettacolare che nel passato, viste tutte queste nuove strutture atmosferiche.

Una nota per coloro che non hanno mai osservato un pianeta al telescopio e lo vorrebbero fare. La grande macchia rossa è visibile anche in telescopi molto piccoli facilmente a disposizione di molti appassionati.

 

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Una memoria da i 1 Gigabyte di 20 anni fa confrontata con una attuale (immagine)

Direi che c'è una gran bella differenza!

 

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>> 10000 visitatori unici per il mio blog. Grazie a tutti voi!

Ciao supernews! Adesso posta questo!

Questo post è stato scritto appositamente per l'utente supernews di oknotizie. Adesso postala! :-)

giovedì 22 maggio 2008

Meraviglioso filmato di un viaggio infinito e vertiginoso "dentro" un frattale di Mandelbrot

Il frattale di Mandelbrot è un insieme di punti rappresentabili nel piano che soddisfano una definizione matematica molto semplice (che potete trovare qui), ma che graficamente ha una forma molto complessa. A tal punto complessa che è stato possibile studiarla solo con l'avvento del computer. Il frattale di Mandelbrot deve il suo nome al matematico Benoît Mandelbrot che ne illustrò le proprietà nel 1975 in un suo libro. Mandelbrot usò il termine frattale per definire alcune forme geometriche che hanno delle proprietà caotiche.

In questo filmato possiamo vedere due delle caratteristiche più straordinarie del frattale di Mandelbrot: l'autosimilarità e la struttura fine.

L'autosimilarità si manifesta nel fatto che il frattale è unione di un numero di parti che, ingrandite di un certo fattore, riproducono tutto il frattale; in altri termini il frattale è unione di copie di se stesso a scale differenti.

La struttura fine consiste nel fatto che il frattale rivela sempre dettagli a qualsiasi ingrandimento.

Tutto questo, detto a parole, sembra qualcosa di molto complicato, ma dal punto di vista grafico il risultato è davvero spettacolare: la zoomata ispira una sensazione di incredibile immensità. Si ha quasi l'impressione di trovarsi dentro qualcosa di molto più grande dell'intero Universo. Vi lascio a questo spettacolo vertiginoso:

 

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>> Circa 2300 anni fa Eratostene, con una intuizione geniale, misurò la Terra con un errore di 1,5%

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Qual è l'origine dell'espressione "OK"?

Una delle parole a maggiore diffusione nel mondo è l'okay (scritto anche OK o O.K.), forse ancora più diffusa di "Coca Cola". Ma qual è l'origine di questa parola inglese-americana che ormai è entrata nell'uso comune di quasi tutte le lingue del mondo?

Ebbene, l'O.K. nasce nell'Ottocento, dal nome Democratic O.K. Club, la cui prima riunione avviene nel marzo 1840, e prende il nome dalle iniziali di Old Kinderhook, il villaggio dove era nato il candidato alle lezioni presidenziali Martin van Buren, ottavo presidente degli Stati Uniti. Le elezioni andarono bene, furono OK».

Altre fonti, non documentate, forniscono un'altra versione. Secondo questa proposta, OK sarebbe l'abbreviazione della frase "Zero (che in inglese viene comunemente letto "o") Killed", cioè "nessun ucciso", che veniva scritta su un cartello posto all'ingresso degli accampamenti dei soldati americani durante la Guerra d'Indipendenza con la funzione di riportare il numero dei morti della giornata e che aveva per ovvi motivi il significato di 'tutto bene'.

 

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Noi ci lamentiamo dei trasporti pubblici italiani, ma c'è chi sta peggio! (filmato)

Il Italia i trasporti pubblici, come autobus e metropolitane, sono un problema non indifferente, ma in altri Paesi del mondo ci battono e non di poco. Vediamo questo filmato, girato in Cina. Ci sono degli impiegati preposti ad un compito davvero curioso...

 

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Donna investita e trascinata per decine di metri! (filmato)

Questa donna viene investita da un'auto e trascinata per decine di metri prima che questa riesca a fermarsi.

Per fortuna sembra che tutto sia finito bene... anche se ovviamente non credo che non si sia fatta proprio niente.

Technorati Tag: ,,,

 

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>> La montagna che si vede in questa foto è un miraggio.

>> Una incredibile "fotografia" alta ben 3 metri. L'autore per realizzarla ha usato una semplice penna a sfera!

L'idea della dinamite di Nobel

Alfred Bernard Nobel, nato nel 1833 a Stoccolma, ebbe l'idea di usare — invece di una miccia, che causava solo una combustione lenta della nitroglicerinal'esplosione di una piccola quantità di polvere da sparo per causare l'esplosione di una massa di nitroglicerina molto maggiore. Fu una grande idea: essa funzionò, e il concetto è usato ancora oggi nelle molte esplosioni controllate che fanno parte della routine quotidiana nell'industria mineraria e nell'edilizia. Dopo avere risolto il problema di produrre un'esplosione desiderata, però, Nobel aveva ancora quello di evitare un'esplosione indesiderata.
La famiglia di Nobel aveva una fabbrica che produceva e vendeva esplosivi; nel 1864 essa aveva cominciato a produrre nitroglicerina per applicazioni commerciali come lo scavo di tunnel e miniere. Nel settembre di quell'anno uno dei laboratori Nobel di Stoccolma fu distrutto da un'esplosione in cui perirono cinque persone, fra cui il fratello più giovane di Alfred Nobel, Emil. Anche se la causa dell'esplosione non fu mai accertata con sicurezza, le autorità di Stoccolma proibirono per sempre la produzione di nitroglicerina. Nobel, che non si lasciava spaventare tanto facilmente, costruì un nuovo laboratorio su pontoni ancorati sul lago di Malaren, appena fuori Stoccolma. La domanda di nitroglicerina aumentò rapidamente man mano che diventavano noti i suoi vantaggi sulla polvere da sparo, che era molto meno potente. Nel 1868 Nobel aveva aperto stabilimenti in undici Paesi europei, e si era addirittura insediato negli Stati Uniti con una società a San Francisco.
La nitroglicerina veniva spesso contaminata dall'acido usato nella sua produzione e tendeva lentamente a decomporsi. I gas prodotti da questa decomposizione facevano saltare i tappi dei recipienti di zinco in cui l'esplosivo veniva trasportato. Inoltre l'acido presente nella glicerina impura corrodeva lo zinco, cosicché i recipienti potevano perdere. Per isolare i recipienti e assorbire ogni perdita si cominciarono perciò a usare materiali d'imballaggio come segatura, ma tali precauzioni non erano sufficienti e fecero poco per accrescere la sicurezza. Ignoranza e disinformazione condussero spesso a incidenti terribili. Gli errori nel trattamento del materiale furono abbastanza comuni. In un caso si usò addirittura olio di nitroglicerina come lubrificante sulle ruote di un carro che trasportava l'esplosivo, ovviamente con risultati disastrosi. Nel 1866 un carico di nitroglicerina esplose in un deposito della Wells Fargo, uccidendo quattordici persone. Nello stesso anno un piroscafo di 1700 tonnellate, lo European, saltò in aria mentre scaricava nitroglicerina sulla costa atlantica di Panama, causando la morte di 47 persone e più di un milione di dollari di danni. Sempre nel 1866 delle esplosioni rasero al suolo stabilimenti per la produzione di nitroglicerina in Germania e in Norvegia. Le autorità di tutto il mondo divennero sempre più preoccupate, Francia e Belgio bandirono la nitroglicerina, e decisioni simili furono proposte in altri Paesi, nonostante un'accresciuta richiesta mondiale di questo esplosivo incredibilmente potente.
Nobel cominciò a cercare modi per stabilizzare la nitroglicerina senza perdere potenza. La solidificazione sembrava un metodo ovvio, cosicché egli fece esperimenti mescolando la nitroglicerina liquida, oleosa, con solidi neutri come segatura, cemento e carbone in polvere. Ci sono sempre state congetture sul problema se il prodotto che oggi conosciamo come « dinamite » sia stato il risultato di un'investigazione sistematica, come sostenne Nobel, o piuttosto di una scoperta fortuita. Anche ammesso che si sia trattato di una scoperta fortunata, Nobel fu abbastanza acuto da riconoscere che il Kieselguhr, un materiale naturale siliceo, che si sostituiva a volte alla segatura come materiale d'imballaggio, poteva assorbire la nitroglicerina liquida sfuggita dai recipienti restando però poroso. Il Kieselguhr, nome tedesco della

 Farina fossile

cosiddetta farina fossile nota anche come diatomite, è una roccia porosa e farinosa formata dai resti dei gusci di diatomee e ha molti altri impieghi: essa viene usata come materiale filtrante in raffinerie di zucchero, come isolante e come polvere per lucidare i metalli. Ulteriori esperimenti mostrarono che, mescolando glicerina liquida con Kieselguhr nella proporzione di un terzo circa del suo peso, si otteneva una massa plastica con la consistenza di uno stucco. La farina fossile diluiva la nitroglicerina; la separazione delle particelle di nitroglicerina rallentava la rapidità della loro decomposizione. L'effetto esplosivo poteva ora essere controllato.
Nobel chiamò il miscuglio di nitroglicerina e Kieselguhr « dinamite », con riferimento alla parola dynamis (potenza). La dinamite poteva assumere qualsiasi forma si desiderasse darle, non si decomponeva con facilità e non esplodeva accidentalmente. Nel 1867 la Nobel & Company, come si chiamò ora l'azienda di famiglia, cominciò a inviare per nave in vari Paesi carichi di dinamite, brevettata di recente come « polvere di sicurezza di Nobel ». Ben presto sorsero fabbriche di dinamite Nobel in tutto il mondo e la fortuna della famiglia fu assicurata.
Che Alfred Nobel, produttore di esplosivi, fosse anche un pacifista può sembrare una contraddizione, ma in realtà tutta la sua vita fu piena di contraddizioni
. Da bambino fu di salute cagionevole e non ci si attendeva che arrivasse all'età adulta, ma sopravvisse ai suoi genitori e ai suoi fratelli. Fu descritto in termini un po' paradossali come schivo, estremamente posato, ossessionato dal suo lavoro, molto sospettoso, solitario e molto caritatevole. Egli era convinto che l'invenzione di un'arma veramente terribile potesse esercitare una dissuasione in grado di assicurare davvero una pace duratura nel mondo: una speranza che, a distanza di più di un secolo e con varie armi veramente terribili oggi disponibili, non è stata ancora realizzata. Nobel morì nel 1896, mentre lavorava da solo alla scrivania nella sua casa di Sanremo, in Liguria. Il suo grandissimo patrimonio fu destinato alla fondazione di premi annuali da assegnare agli autori di ricerche in chimica, fisica, medicina e letteratura, e a chi si fosse distinto con iniziative per favorire la pace nel mondo. Nel 1968, per onorare la memoria di Alfred Nobel, la Banca di Svezia istituì anche un premio per l'economia. Benché venga chiamato anch'esso premio Nobel, non fa parte della dotazione originaria.

(Bibliografia: I bottoni di Napoleone, P. Le Couteur - J. Burreson; Longanesi)

 

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mercoledì 21 maggio 2008

Per la mancanza...

Per la mancanza di un chiodo si perse lo zoccolo.

Per la mancanza di uno zoccolo si perse il cavallo.

Per la mancanza di un cavallo si perse un cavaliere.

Per la mancanza di un cavaliere si perse la battaglia.

Per la mancanza di una battaglia si perse il regno.

E tutto per la mancanza di un chiodo per ferrare un cavallo.

 

Da un'antica filastrocca inglese.

 

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