Si può provare un sentimento positivo nei confronti del proprio carnefice? Ebbene sì, e in psicologia questa situazione si chiama Sindrome di Stoccolma. L'uso di questa espressione è piuttosto recente e precisamente risale al 1973, anno nel quale avvenne un furto alla "Kreditbanken" di Stoccolma, durante il quale alcuni dipendenti della banca furono tenuti in ostaggio dai rapinatori per sei giorni. Le vittime provarono una forma di attaccamento emotivo verso i banditi fino a giungere al punto, una volta liberati, di prenderne le difese e richiedere per loro la clemenza alle autorità.
La condizione mentale della Sindrome di Stoccolma può portare all'ammirazione e persino all'innamoramento nei confronti di rapitori o carnefici e aguzzini.
Esistono vari casi eclatanti di Sindrome, i più famosi sono sicuramente quelli di Patty Hearst e di Elizabeth Smart. La prima, rapita nel febbraio del 1974, prese parte ad una rapina in banca insieme a due dei suoi rapitori due mesi dopo. Fu arrestata nel settembre del 1975 ma la sua difesa non riuscì a far valere la tesi della mancanza di colpevolezza a causa della manifestazione della sindrome di Stoccolma.
Elizabeth Smart fu rapita e stuprata da un uomo affetto da malattie mentali che la considerava sua moglie: tra il 2002 ed il 2003 la Smart trascorse diversi mesi insieme al suo aguzzino senza alcuna costrizione fisica.
Un caso dubbio di Sindrome si Stoccolma è invece quello di Natascha Kampusch. La Kampusch ha vissuto segregata col suo rapitore (Wolfgang Priklopil) dal marzo 1998 al 23 agosto 2006, giorno in cui è scappata. Ha testimoniato di avere avuto più volte la possibilità di scappare, ma ha preferito restare col rapitore. Il motivo della fuga, infatti, non è stato un desiderio di libertà, ma un litigio col rapitore stesso. Agli investigatori e agli psicologi che si prendono cura di lei ha testimoniato dicendo che non si sentiva privata di niente e che è dispiaciuta della morte del suo rapitore (che si è suicidato dopo che era scappata). La ragazza, però, intervistata dalla televisione austriaca il 6 settembre 2006, ha smentito le voci sulla sua presunta "sindrome di Stoccolma", aggiungendo di non aver mai rinunciato alla fuga. Ha solo manifestato pietà per il rapitore suicida e per la sua famiglia.
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