Vi presento un altro mio breve racconto, scritto un numero imprecisato di anni fa, in un momento di profonda analisi interiore ;-)
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Ne ho assaporato l'intima grandezza. Contemplo il cielo e ne serbo qualcosa dentro di me. Mi sono chiesto se è proprio vero che l'anima giace dentro il corpo e l'universo ne resta fuori. La mia sensazione è invece esattamente opposta. Mi sento rivoltato come un guanto, con l'immensità del cielo dentro il mio corpo e la mia anima che vaga all'esterno. Quale vertigine! Penso che si tratti di una situazione oltremodo inquietante, ma mi fa sentire vivo...
Il mio sguardo si muove tra le stelle di Orione, lontane come poche menti sanno immaginarsi, adorate da popoli antichi e portatrici di esoterici simboli, poderosi vettori di misteri insondabili. Ne posso raccogliere la luce con le mie pupille. Non è strano? La luce del mondo entra dagli occhi... e resta sempre dentro di noi! Non ci avevo mai pensato, in effetti.
Ciò potrebbe dimostrare che il corpo non è il vero punto di contatto tra l'anima e l'universo, filtro di ogni esperienza, ma solo un comodo punto di riferimento, che evaporerebbe ad uno sguardo più ravvicinato. Ma non voglio dilungarmi in simili pensieri: sono troppo occupato a disegnare nuove costellazioni con la mia immaginazione.
Proprio quella volta prese corpo nella mia mente un progetto. Il progetto di costruire una dimora nel cielo, una dimora eterna, dalle infinite stanze, dalla labirintica consistenza, nata dall'analisi della mia complessa interiorità. Sarebbe stata una fortezza inviolabile, rifugio perfetto in ogni tempesta, dalle mura eburnee, vigilate da terribili guardiani simili ad angeli alati. Ma una simile dimora mi apparve subito triste: che gloria ne avrei ricevuto a vivere in una prigione? Allora ne aprii i confini a creature dolci e affiatate, simili ad animali da compagnia, frutto di fantasie dimenticate della mia infanzia. Tuttavia anche stavolta restai deluso: le creature non riuscivano a vivere più di una notte; al mio risveglio erano già sparite, deglutite dalla luce del sole. Riapparivano la notte seguente, ma non erano del tutto uguali a quelle della sera precedente. Le disfeci completamente dopo averci giocato alcuni giorni.
Le sostituii con donne bellissime, dai flessuosi corpi seducenti, che intrattenevano i miei istinti più oscuri. Ne esaminavo attentamente centinaia, prima di sceglierne una che avrebbe avuto il permesso di entrare nel mio letto. Nessuna era davvero perfetta, nessuna era come me l'aspettavo. Bandii le donne bellissime dal mio palazzo, dopo poche settimane di insonni fantasie torbide e colpevoli. In quel momento mi accorsi che il mio palazzo cominciava a cadere a pezzi, sotto i colpi di una forza misteriosa quanto invisibile. L'ala nord era del tutto scomparsa e adesso anche i volti degli inservienti erano senza occhi, né naso né bocca. Simili a manichini dai movimenti scomposti, mi inseguivano tra interminabili e lucidi corridoi per dirmi qualcosa che non riuscivano a esprimere. Io fuggivo, consapevole della minaccia...
Un giorno scomparvero anche alcune stanze e infine persino la torre da cui osservavo le stelle era sparita. Qualcuno testimoniò che si era inabissata tra le nuvole. Che cosa triste! Una mattina mi svegliai e il mio palazzo era ridotto ad una selva di impalcature arrugginite, scheletro di un mostro ormai senza vita.
Fui costretto ad ammettere il mio fallimento.
Adesso, dopo tanti anni, quando nelle mappe stellari osservo i confini e i disegni delle costellazioni, in quelle figure così ricche di spezzati segmenti, riconosco ancora le linee tracciate dalle impalcature della mia dimora nel cielo.
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