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martedì 23 giugno 2009

Onda d’urto di un’eruzione vulcanica

 

Il vulcano Sarychev che sorge sull’isola di Matua, è uno dei vulcani più attivi dell’arcipelago delle isole Curili, che si trovano a nord est del Giappone. Gli astronauti hanno scattato questa foto, davvero spettacolare, il 12 giugno 2009. Vi appare un pennacchio di cenere e vapore molto denso che è stato emesso da poco, ma la cosa più stupefacente è osservare che le nubi si sono “aperte” attorno al vulcano a causa dell’onda d’urto di questa stessa violenta esplosione. Nella foto è possibile vedere anche una nube piroclastica (pyroclastic flow) che scende lungo le pendici del vulcano.

La foto è stata scattata a bordo della International Space Station.

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>> Krakatoa 1883: una delle più grandi eruzioni vulcaniche conosciute

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>> Nel 1902 un vulcano causò la morte di 30000 persone. La popolazione non fu evacuata perché a breve c'erano le elezioni e i partiti non volevano perdere voti!

>> Nel 1815, l'eruzione del vulcano Tambora, provocò la scomparsa di una lingua e imponenti cambiamenti climatici.

>> Il più grande vulcano d'Europa si trova sotto la superficie del mare e si chiama Marsili.

>> L'Eruzione del Vesuvio del 79 dopo Cristo, la più famosa del mondo. In questo articolo una ricostruzione degli eventi più salienti

>> Com'è nato l'Etna, il vulcano più attivo in Europa. Una storia complessa e avvincente cominciata 700000 anni fa...

sabato 20 giugno 2009

Le meraviglie dell’Etna

 

L’Etna è un luogo meraviglioso. Sicuramente è uno dei posti più belli del Mediterraneo. Ovviamente le descrizioni non possono mai rendere giustizia di tanta bellezza e per ovviare a ciò è meglio gustarsi un bel filmato come quello che vi presento. L’Etna non significa solo eruzioni pericolose, ma anche panorami meravigliosi, grotte, neve, vegetazione incontaminata, lunghe passeggiate nei boschi e tante altre cose.

Ovviamente la cosa migliore sarebbe guardare tutte queste meraviglie di presenza :-)

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venerdì 10 aprile 2009

L’eruzione del vulcano Redoubt vista dal satellite

 

Queste immagini, riprese da vari satelliti in orbita, testimoniano la violenza dell’eruzione del vulcano Redoubt, in Alaska. Le osservazioni via satellite hanno offerto un valido aiuto per osservare l’eruzione nonostante la zona impervia e il maltempo. Le colonne di cenere emesse hanno raggiunto un’altezza di oltre 15000 metri. L’eruzione è cominciata il 22 marzo 2009 e il vulcano era rimasto quiescente dal 1991. Le esplosioni attualmente stanno continuando a singhiozzo e secondo il vulcanologi potrebbero durare ancora settimane o anche mesi.

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mercoledì 8 aprile 2009

Terremoti: la mappa mondiale di 358214 epicentri sismici

 

I terremoti di solito si concentrano in alcune zone geografiche che corrispondono alle zone “attive” dal punto di vista tettonico e vulcanico. In questa immagine possiamo vedere gli epicentri di 358214 eventi sismici che si sono verificati tra il 1963 e il 1998.

Dalla mappa vediamo che i terremoti sono concentrati soprattutto in corrispondenza delle catene montuose e dei confini delle placche tettoniche. Possiamo seguire facilmente anche le linee delle dorsali sottomarine, che sono delle zone in cui le placche si allontanano. Una delle dorsali più studiate è la dorsale medio-atlantica, che possiamo vedere tra le due americhe e l’Europa e l’Africa. Questa catena sottomarina di vulcani produce terremoti ed eruzioni e in alcuni punti è così alta da emergere sopra la superficie del mare, come in corrispondenza dell’Islanda. Questa isola infatti è costellata di vulcani.

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venerdì 20 marzo 2009

Spettacolare filmato di un’eruzione di un vulcano sottomarino

 

In questo spettacolare filmato possiamo ammirare un vulcano sottomarino che erutta nei pressi dell'isola di Tonga, Oceano Pacifico. Gli sbuffi neri e bianchi sono generati dalle esplosioni freatiche. Le esplosioni freatiche sono causate dall’acqua che viene a contatto con la lava calda; il calore la trasforma molto rapidamente in vapore acqueo che, con la sua veloce espansione non fa altro che sminuzzare i frammenti di lava in pezzi molto piccoli. La pressione del vapore poi agisce anche come un potenziamento dell’esplosione che diventa ancora più violenta. Il risultato è un miscuglio di frammenti sottilissimi (scuri) che vengono espulsi dall’acqua (simili a cenere vulcanica) e bianche volute di vapore.

Le stesso tipo di esplosioni si potevano ammirare anche in occasione dell’eruzione che creò l’isola di Surtsey (1963), cominciata come un’eruzione sottomarina.

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domenica 25 gennaio 2009

Stromboli in eruzione

 

Spettacolare nube di cenere vulcanica emessa dallo Stromboli in eruzione. Il filmato si riferisce all'attività del maggio 2007. La nube di cenere raggiunge altezze di migliaia di metri.

Stromboli presenta una attività eruttiva persistente testimoniata da osservazioni risalenti al primo secolo avanti Cristo. Questa attività, moderata e costante, caratterizzata da colate laviche ed emissione di cenere, lancio di scorie incandescenti, prende il nome di "attività stromboliana".

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mercoledì 21 gennaio 2009

Lava dall'oceano

 

Una bolla di lava esplode davanti alla macchina fotografica in questo cratere vulcanico nelle Hawaii. Ciò che si vede sembra qualcosa di vivo. In fondo i vulcani suscitano in noi la sensazione che il nostro pianeta sia "vivo" e sempre in movimento.

(clicca sull'immagine per vederla ingrandita)

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lunedì 5 gennaio 2009

Etna 1971: la tipica eruzione effusiva

 

Il 5 aprile 1971, senza alcun segno premonitore, si aprirono due fratture radiali alla base del cono terminale a quota 3000. Su una di esse si localizzò fin dai primi giorni una serie di bocche esplosive, da cui venivano proiettati brandelli di lava incandescenti, che costituirono tre piccoli coni (Apparato dell'Osservatorio). Dalla base di quello inferiore fuoriuscì una colata lavica che lambì l'Osservatorio, dirigendosi poi verso il Piano del Lago.

Lungo l'altra frattura si formarono due baluardi di scorie con numerosi centri eruttivi, il cui efflusso lavico si riversava nella Valle del Bove. Per la presenza di una spessa coltre di neve si verificarono numerose esplosioni di vapor d'acqua, dovute al contatto della neve con le masse incandescenti. Dopo questo primo periodo di attività eruttiva si ebbe un periodo di calma relativa. Ma ben presto una recrudescenza del fenomeno determinava una nuova effusione lavica che investiva per la seconda volta l'Osservatorio, demolendone una parte.

Il 22 aprile a monte di questo apparato si formò una piccola frattura, anch'essa radiale, sulla quale si impiantarono tre nuove bocche. Dalla parte inferiore di questo nuovo Apparato Occidentale iniziò a defluire una colata lavica, verso SSW ricoprendo in parte la colata del 1964.

Nel mese di maggio l'efflusso lavico aumentò notevolmente e le colate investirono definitivamente l'Osservatorio ricoprendone gli ultimi resti e la stazione terminale della funivia.

Successivamente, il 4 aprile, si aprì una nuova frattura radiale lungo la quale si impiantarono tre piccoli hornitos (colletti di scorie saldate) ed una bocca, formando l'Apparato Orientale. Alla bocca iniziò una nuova attività di lancio di materiale incandescente, sotto forma di fontane di lava e una colata incominciò a defluire verso la Valle del Bove.

Ogni attività nei precedenti apparati era cessata e poco dopo anche quella dell'Apparato Orientale diminuì rapidamente; si pensò così che l'eruzione fosse terminata. Ma spesso i vulcani possono offrirci delle sorprese, generalmente sgradite. Così accadde anche per l'Etna. Nessuno poteva infatti prevedere che all'interno del vulcano esistesse, già da molto tempo, una spaccatura, dovuta a movimenti tettonici regionali. Solo gli eventi successivi dimostrarono la sua esistenza ed il suo condizionamento nello strano andamento dell'eruzione.

Un accurato esame delle varie fasi eruttive, dell'ubicazione delle bocche e l'analisi petrografica e chimica delle lave emesse ha potuto fornire importanti indicazioni sul complicato meccanismo di questa eruzione. Si potè constatare che la fessura radiale dell'apparato orientale intersecava la spaccatura, cosicché il magma defluì all'interno di quest'ultima per più di 4 km in direzione ENE. Questa deviazione della massa fusa causò appunto la diminuzione dell'attività dell'Apparato Orientale ed un effimero periodo di calma.

L'attività riprese ben presto da una nuova bocca esplosiva imbutiforme, dalla quale si liberarono gas in grandi quantità, mentre la massa fusa, ormai abbastanza degassata, continuava a defluire, a poca profondità, nella spaccatura, lungo la quale si formarono varie bocche effusive. Le colate si diressero nell'ampia Valle del Bove.

Il progressivo spostamento delle bocche in direzione ENE fu inaspettatamente interrotto e durante la notte dell'1 maggio si crearono a sud del Rifugio Citelli due fratture esclusivamente effusive, dalle quali le colate si diressero verso ESE, invadendo e. distruggendo vaste zone boschive e coltivate, affiancandosi e sovrapponendosi ripetutamente.

Fu questa un'altra sorpresa del nostro Etna; infatti ricerche successive rivelarono che la spaccatura era servita al deflusso della massa fusa dell'eruzione del 1928 ed appariva quindi in parte ostruita da lava consolidata, che impedì al magma del 1971 di defluire tranquillamente verso ENE. Cercando una via d'uscita, esso trovò, come punto di minor resistenza, uno strato di materiale incoe rente, nel quale si introdusse, sgorgando infine a sud del Rifugio Citelli. Un incremento dell'attività effusiva fece sì che le colate lambissero parecchi centri abitati, distruggendo case e terreni. Questa eruzione, durata complessivamente 69 giorni, viene distinta in due fasi principali: la prima caratterizzata da un'intensa attività esplosiva ed effusiva, la seconda solo da imponenti effusioni laviche.

Molti sono i motivi che ci hanno indotto a scegliere questa eruzione dell'Etna come esempio di un'eruzione effusiva: innanzitutto essa dimostra quanto complicato possa essere l'andamento degli eventi, il meccanismo dei quali può essere compreso solo a posteriori, in base ad accurate ricerche; secondariamente essa può essere rappresentata da un diagramma cronografico, che riassume, più chiaramente di una lunga descrizione verbale, la natura e la successione dei vari fenomeni ed infine perché abbiamo avuto la «fortuna» ed il «piacere» (del tutto vulcanologico!) di poterla seguire personalmente fin dal suo inizio.

etna1

Qui sopra, colate laviche dell'eruzione etnea del 1971 (secondo Romano e Sturiale):

1) apparato dell'osservatorio; 2) apparato del Vulcarolo; 3) apparato occidentale; 4) apparato orientale; 5) frattura effusiva orientale di quota 2680; 6 e 7) fratture effusive orientali di quota 1580-1540; 8) fratture effusive orientali di quota 2300; 9) fratture effusive di Contrada Serracozzo; 10) voragine di sprofondamento alla base Est del Cratere Centrale.

 

etna2
Nella foto l'apparato di bocche eruttive dette "dell'osservatorio"

 

etna3
In questa foto possiamo vedere "l'apparato del Vulcarolo". Sullo sfondo si scorge l'apparato dell'osservatorio.

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[Bibliografia: "I vulcani", Alfred e Loredana Rittmann; Istituto Geografico De Agostini Novara, 1976]

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Krakatoa 1883: una delle più grandi eruzioni vulcaniche conosciute

 

Una delle eruzioni esplosive più grandi della storia recente è quella che si verificò nei giorni 26-28 agosto 1883 nello Stretto della Sonda, fra le isole di Giava e Sumatra, all'isola Krakatoa (o Krakatau).

Prima dell'eruzione l'isola era formata da tre coni vulcanici insediati su una caldera sommersa, dalla quale emergevano soltanto due piccoli tratti del recinto, formando gli isolotti di Verlaten e Lang Island. Il più grande dei tre vulcani, il Rakata, giace sull'orlo meridionale dell'antica caldera preistorica, gli altri due, Danan e Perbuwatan, nel suo interno.

krakatoa1
La situazione dell'isola di Krakatoa prima della grande eruzione del 1883. La linea tratteggiata disegna la caldera sommersa su cui giacevano i tre vulcani attivi.

 

Nel 1680 si ebbe una piccola eruzione con modeste esplosioni ed una piccola colata dal Perbuwatan, alla quale fece seguito un periodo di calma di oltre 200 anni.

Il 20 maggio del 1883 al Perbuwatan iniziarono lanci di ceneri e pomici, dopo una settimana le esplosioni diminuirono di violenza, fino a cessare del tutto, subentrando così un breve periodo di quiete.

krakatoa4
Una fotografia del Krakatoa che mostra una delle eruzioni esplosive che si verificarono prima dell'eruzione che determinò la distruzione dell'isola.



II 19 giugno iniziò una nuova attività esplosiva e qualche giorno dopo si aprì un cratere ai piedi del Danan, anch'esso modestamente esplosivo; l'11 agosto anche il Rakata entrò in azione. Ebbe inizio così la grande eruzione: alle ore 13 del 26 agosto si verificò una violenta esplosione, che fu udita fino a 160 km di distanza; un'ora dopo un'esplosione ancora più forte lanciò ceneri e pomici a 27 km di altezza. Seguirono esplosioni di breve durata, ma con violenza crescente, che continuarono per tutta la notte, i cui boati furono uditi a Sumatra e a Giava. In un raggio di 160 km caddero ceneri in grande abbondanza determinando una tale oscurità, da costringere gli abitanti ad accendere fiaccole e lanterne per tutto il giorno a Batavia (oggi Jakarta) e per ben due giorni nelle vicine località di Sumatra!

L'esplosione di massima violenza si ebbe il 27 agosto: essa formò una nube di ceneri che raggiunse gli 80 km di altezza ed una fitta pioggia di pomici e ceneri cadde su un'area di 770000 chilometri quadrati (due volte e mezzo l'Italia). I boati si udirono fino a 4800 km di distanza. A questa prima esplosione ne seguirono altre due, altrettanto violente, nello stesso giorno. Durante la notte la forza dell'eruzione diminuì ed il 28 agosto la grande eruzione ebbe fine.

L'isola Krakatoa, per fortuna disabitata, e le coste delle isole di Sumatra e Giava, invece densamente popolate, furono completameùte distrutte dai maremoti (tsunami) causati dalle eruzioni. Oltre 36 000 abitanti trovarono la morte per annegamento. Per tutta la notte del 26 agosto violente onde invasero le spiagge a più riprese, causando molti danni. La più forte di tutte investì in pieno la città di Telukbetung con tale violenza da strappare una cannoniera, ancorata presso la costa, sollevarla e scaraventarla nel centro della città. Ma il maremoto successivo fu ancora più violento e la stessa nave fu ritrovata poi in piena giungla. A Telukbetung l'onda di maremoto raggiunse i 25 m, nella costa dello Stretto della Sonda i 30 m, raggiungendo la massima altezza (40 m) a Merak sulla punta nord-occidentale di Giava. Nella Baia del Pepe (Pepper Bay) l'onda invase la terraferma, inoltrandosi per 16 km nell'entroterra.

Fu una delle catastrofi più grandi causate da eruzioni vulcaniche. Successivamente, quando subentrò la calma, si potè constatare che due terzi dell'isola Krakatoa non esistevano più. Erano scomparsi i vulcani Perbuwatan, Danan e la metà del Rakata, separato in due da una nuova caldera, semisommersa dalle acque.

krakatoa2
Ecco come si presentava Krakatoa dopo la grande eruzione. Il Danan e il Perbuwatan si sono completamente disintegrati, il Rakata è diventato il bordo di una nuova caldera sommersa dal mare. Gli isolotti sono diventati più grandi a causa degli strati di cenere e pomici che vi si sono depositati.

Le ceneri, che erano state lanciate in alto, furono trasportate dai venti a grandissime distanze. L'area da loro ricoperta era di circa 4 milioni di chilometri quadrati (13 volte l'Italia!). Le ceneri più fini, si disse, fecero tre volte il giro della Terra, schermando sensibilmente le radiazioni solari e producendo splendidi tramonti di un rosso intenso.

Per molto tempo la navigazione nello Stretto della Sonda fu ostacolata da enormi banchi di pomici, spessi fino a 3 metri!

Un rilevamento dettagliato dei prodotti dell'eruzione rivelò che sulle isole Verlaten e Lang Island si erano depositati una trentina di strati di materiali sciolti, come ceneri, sabbie, pomici e lapilli. Ogni strato era dovuto ad una singola esplosione, il cui materiale, lanciato in aria, veniva classato durante la caduta. A queste prime esplosioni fecero seguito altre più violente e con nubi ardenti ricadenti, che depositarono sopra questi strati circa 60 metri di tufo caotico.

Lo studio petrografico rivelò che il 95% del materiale depositato era formato da pomici e ceneri fresche e solo il 5% da blocchi e lapilli provenienti da vecchie lave frantumate del Danan e del Perbuwatan.

krakatoa3
Nel 1927, al centro della caldera dell'eruzione del 1883, si formò un nuovo vulcano, Anak Krakatoa (letteralmente: il figlio di Krakatoa), che è attivo ancora oggi.

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[Bibliografia: "I vulcani", Alfred e Loredana Rittmann; Istituto Geografico De Agostini Novara, 1976]

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venerdì 26 dicembre 2008

Pianeta Marte. Bellissima immagine delle nubi che lambiscono i vulcani

 

Su Marte sorgono giganteschi vulcani a scudo. Il più grande di tutti è il Monte Olympus, alto bel 29000 metri. Sulle cime dei grandi vulcani spesso si condensano sistemi nuvolosi abbastanza densi e grandi da essere ben visibili.

In questa stupenda immagine possiamo vedere proprio queste formazioni nuvolose che lambiscono le cime dei grandi vulcani di Marte. Uno spettacolo davvero mozzafiato, anche perché le nubi sui vulcani ci ricordano tanto la nostra amata Terra...

(clicca sull'immagine per vederla ingrandita)

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giovedì 25 dicembre 2008

Etna: una fotomodella davvero eccezionale

 

Un po' diversa da quelle "umane", ma la bellezza è una qualità "cosmica" che non dipende dall'umanità del soggetto ;-)

E' comunque una fotomodella eccezionale, soprattutto in inverno con il suo elegante vestito bianco di neve. Anche le sue "misure" non sono affatto male: altezza 3340 metri, diametro 45 chilometri. A molti potrà sembrare un po' abbondante, ma non sta male visto che è così alta.

Se volete venire a fotografarla, proprio in questo mese di dicembre, con le giornate limpide invernali, dà il meglio di sé.

Intanto guardatevi quella bella foto che ho trovato in giro per la rete.

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lunedì 22 dicembre 2008

Le eruzioni lineari

 

Un tipo particolare di eruzioni sono le eruzioni lineari. Esse si verificano lungo una frattura abissale.

Fra forti scosse del suolo si apre una fessura da cui fuoriescono i gas, trascinando il materiale frantumato dalle pareti della spaccatura. Esso si deposita ai lati della fessura costituendo la breccia di apertura (I).

fase1
Fase 1

Successivamente dal condotto ormai aperto defluiscono colate di lava molto fluida, che si estendono su vaste zone (II).

fase2
Fase 2

Questa imponente emissione di materiale lavico causa un abbassamento della pressione del magma all'interno della spaccatura, per cui si ha un incremento dell'attività esplosiva. Aumentano quindi i lanci di scorie, che si depositano intorno alle bocche formando dei conetti (III).

fase3
Fase 3

Il magma fresco, che risale poi nel condotto e nel cratere, può formare laghi di lava (IV).

fase4
Fase 4

Le pareti del conetto eruttivo, sottoposto alla pressione della lava, possono cedere e si ha l'efflusso delle colate laviche all'esterno (V).

fase5
Fase 5

L'eruzione ha termine quando cessa l'afflusso di magma dalla profondità; si ha allora la solidificazione della lava all'interno del cratere e delle colate (VI).

fase6
Fase 6


In alcune regioni della Terra si sono verificate migliaia di eruzioni lineari, lungo fratture sempre diverse ma vicine. Si sono così create delle coperture laviche molto estese e molto potenti, chiamate plateaux basaltici.

[Bibliografia: "I vulcani"; Alfred e Loredana Rittmann. Istituto Geografico De Agostini Novara]

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giovedì 20 novembre 2008

L'Etna: un vulcano, una leggenda

Questo filmato è in realtà una carrellata di meravigliose immagini dedicate all'Etna, il vulcano più attivo d'Europa e uno dei più importanti e studiati del mondo. Universalmente considerato una delle meraviglie del nostro pianeta, è riconosciuto come vulcano sin dall'antichità. Godetevi queste immagini davvero spettacolari.

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giovedì 13 novembre 2008

Spettacolare eruzione vulcanica sottomarina

Questa è una delle più imponenti eruzioni esplosive sottomarine che sia stato possibile osservare. E' avvenuta presso il Brimstone Pit, una bocca eruttiva su un fianco del vulcano sottomarino chiamato Rota NW-1, situato a circa 50 chilometri a nord-ovest dell'isola di Rota, appartenente all'arcipelago delle Marianne. Queste immagini si riferiscono al 27 aprile del 2006.

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mercoledì 12 novembre 2008

Le eruzioni vulcaniche spesso sono pericolose, ma sicuramente sono spettacolari

Le eruzioni vulcaniche sono spesso dei fenomeni violenti e catastrofici, difficile da controllare. Nel corso della storia i vulcani si sono lasciati dietro migliaia di vittime. Però, quando un'eruzione vulcanica è possibile osservarla in condizioni di sufficiente controllo, appare come una spettacolare forza della natura, come possiamo vedere in questa breve carrellata di immagini.

Spettacolari fulmini durante l'eruzione del vulcano Galunggung, nella zona ovest dell'isola di Giava, in Indonesia.

 

Una preoccupante colonna di gas e ceneri del vulcano Chaitén, in Cile. Ben 8000 abitanti di tre centri abitati furono evacuati in occasione di questo violento evento eruttivo.

 

Il lago di lava perennemente in ebollizione del vulcano Nyiragongo, nella Repubblica Democratica del Congo.

 

L'ultima eruzione del Vesuvio, nel 1944.

 

Case inghiottite dalla lava e dalla cenere durante l'eruzione del vulcano Heimaey sull'isola islandese di Vestmannaeyjar.

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>> Quando i vulcani uccidono. La terribile nube piroclastica (detta anche nube ardente).

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Space X Starship: il nuovo tentativo di lancio del 18 novembre 2023.

Vediamo un frammento della diretta del lancio dello Starship del 18 noembre 2023. Il Booster 9, il primo stadio del razzo, esplode poco dopo...