lunedì 3 dicembre 2007

Il cacciatore (racconto)

In questo post vi presento uno scrittore esordiente che apprezzo molto. Si tratta di Bartolo Conti di cui, nei prossimi giorni, pubblicherò un altro racconto. Intanto godetevi questo, dal titolo: "Il cacciatore".

Mancava poco al tramonto, quel pomeriggio, il cielo carminio tinteggiava le colline che si ergevano fluttuanti tra le ombre dei vecchi carrubi e dei ginepri coccoloni; l’arrugginita FIAT Uno, parcheggiata sul ponticello sospeso sulla cava, sembrava messa li quasi a monito dell’onnipresenza ingombrante della nostra sgangherata modernità. Arcangelo Tresca se ne stava accovacciato sull’inferriata del ponte, gongolante, contemplando le acrobazie di Scatto, il cirneco dell’Etna che gli avevano regalato cucciolo qualche mese prima. Andare a caccia era il suo passatempo preferito, tuttavia mai aveva toccato un’arma che considerava “cosa sciocca, perché la vita di una creatura non può essere spezzata da uno stupido oggetto che spara pallini di piombo”; forse anche per questo si considerava il migliore tra i cacciatori del paese. Scatto, il suo cirneco, era la sua arma da caccia, ma anche il più sincero tra i suoi amici.

A dire il vero la madre glielo aveva sempre detto che la politica la fanno gli “sperti” e non era cosa per quelli come lui; ma Arcangelo era uno a cui piaceva toccare la fiamma con le sue mani per rendersi conto che il fuoco brucia, così si era tesserato nel partito che “difende gli interessi dei lavoratori”; d’altronde non poteva essere altrimenti visto che i suoi amici militavano tutti da quella parte.

Aprì lo scricchiolante portellone della FIAT Uno e, con un balzo, Scatto saltò dentro scodinzolando vistosamente; bisognava affrettarsi, la campagna elettorale volgeva ormai al termine e il paese doveva esser ripassato perbene in maniera che la gente avesse ben chiaro a chi dare il voto. Trovò il Professore davanti alla porta della sede del partito con un grande block notes in mano,

- Ma dove minchia sei stato tutto questo tempo? E’ più di mezz’ora che aspetto qui come un allocco. Arcangelo non rispose per la sorpresa, abituato com’era a vedere il Professore vestito sempre con una tuta “come quella del compagno Mao” avuta in regalo direttamente dalla Cina, non si sarebbe mai aspettato di vederlo indossare una cravatta arancione su una giacca a quadrettoni con tutti i colori dell’arcobaleno; come se non bastasse un effluvio si spargeva nell’aria tutt’intorno provocato dal terribile miscuglio tra il fumo dell’immancabile toscano e un dopobarba che aveva comprato:

– Dal putiaro quando sono andato a pigghiare la frutta. Che da quando la televisione di Berlusconi ci ‘nfrasca la testa alla gente … bisogna vestirsi eleganti e profumati altrimenti manco ti fanno trasiri in casa.

Un’intera cassa di birra fu caricata a bordo della Uno; una stridente sgommata segnò l’inizio della missione, l’obiettivo era il quartiere popolare del paese. Il compito di Arcangelo era quello di annotare tutte le richieste e le rimostranze della gente, ma prima bisognava “bagnarsi la gola” così le prime due bottiglie di birra percorsero, in breve, le vie intestinali rendendo più fluido il panegirico del Professore. La sera aveva ormai ceduto il passo alla notte, le bottiglie di birra erano quasi tutte vuote ed il block notes era colmo di lamentele, di ambizioni e di sogni.

L’appuntamento con gli altri “cacciatori di voti” era in trattoria davanti ad un abbondante piatto di “bollito”; ciascuno raccontava, a turno, le impressioni degli incontri avuti nel corso della giornata esternando le proprie ricette e teorie politiche che diventavano sempre più complicate man mano che i boccali di cerasuolo si svuotavano. Il vocio si spense del tutto quando il Professore iniziò a descrivere le avvenenti forme di una ragazza di cui avevano fatto conoscenza poco prima; Arcangelo era rimasto particolarmente colpito da quei capelli neri che sfioravano leggermente una pelle luminosa come il chiar di luna, provò emozione e la sua mente si librò nel blu intenso di notti stellate profumate dall’essenza della brezza marina e dai baci al sapor di gelsomino. Poco più tardi la compagnia si riversò lungo i vicoli adiacenti la trattoria dove i fumi dell’alcool si trasformarono in chiassosa manifestazione canora:

- AVANTI POPOLO ALLA RISCOSSA … -

Le complicazioni digestive resero insonne quella notte, ma neppure le dolorose fitte allo stomaco riuscirono a cancellare il ricordo di quella casa che profumava di gelsomino. L’indomani Arcangelo fece appello a tutta la sua audacia e tornò nel luogo dei suoi sogni, entrando si avvide che vicino alle finestre stavano due gelsomini fioriti che conferivano un aspetto gradevole alla piccola “casa popolare”. Quando la porta si schiuse si sentì le gambe pesanti e, a stento, farfugliò che non riusciva a trovare gli appunti con le richieste fatte da quella famiglia; un sorriso attraversò gli sguardi della ragazza e della madre: non vi era stata nessuna richiesta, nessuna lamentela e soprattutto non vi era stato nessun appunto. Ma si sa che a volte le parole e gli argomenti non servono quando a parlare sono gli occhi e il cuore; fu così che Arcangelo ottenne il suo primo appuntamento; quando tornò a casa gli sembrava di essere il “gatto con gli stivali”: ad ogni passo sette leghe. L’intesa tra i due cresceva di giorno in giorno, proporzionalmente l’impegno politico andava scemando con notevole disappunto del Professore che, di sfuggita, una volta gli disse:

- Stai attento alle persone che frequenti -.

Arcangelo non capì cosa volesse dire. Infine arrivò il giorno delle elezioni, era stato iscritto come rappresentante di lista nella sezione n.7, ma era una giornata bellissima e non sarebbe certo stata l’assenza di un rappresentante di lista a cambiare le sorti delle elezioni. In breve i due ragazzi raggiunsero le colline che incorniciavano il paese, Scatto sprizzava gioia correndo da un cespuglio all’altro; le scroscianti fronde dei poderosi carrubi ed i fruscii delle saettanti lucertole tra la vegetazione furono i suoni di un sentimento che i poeti e gli scrittori definiscono, usualmente, “amore”. Arcangelo non si era mai reso conto di quanto un giorno potesse essere breve, era ormai notte ma troppa era la gioia per non essere condivisa con tutti gli amici; pensarono di andare alla sezione del partito; trovarono facce scure e musi lunghi che mugugnavano davanti al televisore commentando la pesante sconfitta, non una risposta al festoso saluto di Arcangelo, solo il Professore si voltò distogliendo lo sguardo dalla TV:

- Ma dove sei stato tutto il giorno? Ci hanno bastonato come cani, non abbiamo preso manco un seggio -.

Non fece in tempo a rispondere che una voce si levò dal gruppo:

- Ma dove vuoi che sia stato? Se l’è spassata tutto il giorno con quella sporca fascista -.

Una sensazione di gelo attraversò le vene di Arcangelo, fece appena in tempo a voltarsi per vedere un sogno dalle sembianze femminili guadagnare l’uscita; il tempo sembrò rallentare, vide il Professore urlare contro uno del gruppo, dopo degli attimi lunghissimi, le sue gambe corsero fuori dove trovò solo il buio della notte rotto dalla luce artificiale dei lampioni.

Il Professore aveva fumato un paio di toscani senza profferire una sola parola standosene appoggiato sull’argine del torrente che attraversava il paese come un lungo serpente bianco, Arcangelo era lì accanto con il volto rigato da qualche lacrima scintillante.

- Ho preso delle informazioni nei giorni scorsi, devi sapere che il nonno di quella ragazza era un gerarca fascista, uno che ha preso parte alla Repubblica di Salò ed è morto nel campo di prigionia per fascisti di Coltano, anche il padre della ragazza è un fascista che in passato è stato in odore di terrorismo, qualcuno sostiene che lo sia diventato perché i partigiani gli hanno violentato la madre. Purtroppo è duro dire queste cose, ma qualche bestialità la hanno fatta anche i nostri. Tutto questo non giustifica certo quello che hanno fatto stasera, gli avrei spaccato il muso a quell’idiota. Forse perché è troppo tempo che faccio politica o forse perché ne ho viste sin troppe di storture, penso che gli uomini non si debbano distinguere per il colore politico ma per quello che serbano nel loro cuore; questa nostra storia è una grande stronzata, ragazzo mio, il rosso, il bianco e il nero l’abbiamo nell’anima: ho visto fascisti galantuomini e cattivi comunisti; ho visto dei compagni soffrire, durante la guerra, e nel loro volto la morte che si specchiava trasportata dalle maledette pallottole tedesche; ho anche visto dei ragazzi, poco più che adolescenti, in camicia nera, con lo sguardo fiero, morire trafitti dalle nostre pallottole al grido di “viva Mussolini”-.

Alcune grosse lacrime percorsero le rughe che solcavano il suo coriaceo volto, i suoi occhi brillavano come due lucciole.

- La verità è che quella maledetta guerra l’abbiamo persa un po’ tutti, nessuno si illuda, non c’è stato nessun vincitore! -

Si abbracciarono.

Ormai Arcangelo Tresca non fa più politica, quando vi capiterà di passare sul ponticello sospeso sulla cava, lo troverete lì insieme a Scatto, il suo cirneco, e alla sua compagna dai capelli neri e dalla pelle color del chiar di luna. Il Professore un giorno sicuramente busserà anche alla vostra porta, indossando la “tuta come quella del compagno Mao”, verrà con il suo block-notes a raccogliere le vostre lamentele, le vostre ambizioni e i vostri sogni.

Bartolo Conti

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