Molto sofferta è la storia dei numeri negativi; infatti, la loro introduzione nell'ambito degli studi matematici non è stata per nulla semplice.
Pensare che i numeri negativi fossero il risultato di un'operazione quantitativamente impossibile, quale togliere da una quantità una quantità più grande, ai nostri antenati risultava infatti un'operazione difficile da accettare.
Ma anche gli stessi matematici ne furono per lungo tempo proprio... diffidenti.
Il primo a parlare di numeri sottrattivi, i nostri numeri negativi, fu Diofanto nel III secolo d.C. Questi numeri però vennero usati solo per indicare... debiti finanziari e nessun matematico di allora ne fece mai cenno.
Bisogna arrivare all'inizio del VII secolo per sentir parlare nuovamente di numeri negativi.
In particolare ne parlano Brahmagupta (600 d.C.), matematico indiano, che nelle sue opere accenna anche alle "regole per operare su di essi come numeri veri e propri", e Al-Khuwarizmi (IX secolo d.C.), matematico arabo.
Si arriva così al Rinascimento; gli studi matematici progrediscono notevolmente, ma i numeri negativi... continuano ad essere snobbati.
Ne parla diffusamente il matematico italiano Gerolamo Cardano in un suo trattato, La grande opera, dove però definisce i numeri positivi numeri veri e i numeri negativi numeri finti.
Nello stesso periodo ne parla il matematico tedesco Michael Stiefel che li definisce numeri assurdi.
Tutta questa diffidenza non permetteva ancora l'ingresso di questi numeri nella matematica "ufficiale".
Furono i grandi matematici del Seicento (fra i quali gli italiani Galileo, Cavalieri, Viviani, i francesi Cartesio, Fermat, Pascal, l'olandese Huygens, gli inglesi Wallis, Newton, e il tedesco Leibniz) che finalmente li introdussero nei loro studi con una trattazione completa e dignità pari a quella dei numeri naturali e razionali.
Con Cartesio, in particolare, i numeri negativi diventano addirittura indispensabili nella rappresentazione dei punti nel piano.
Frontespizio di La Grande Opera di Gerolamo Cardano. |
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