La frase del titolo sembra adattarsi in maniera perfetta ai nostri tempi, ma in realtà fu pronunziata il 18 marzo 1922 da Gandhi in occasione del processo che lo vedeva come imputato con l’accusa di manifestare o tentare di manifestare odio o disprezzo o istigare o cercare di istigare alla disaffezione verso il governo di Sua Maestà, costituito per legge nell’India britannica.
Durante la lettura della sua dichiarazione Gandhi ebbe modo di dire anche che:
“Non chiedo misericordia. Non mi appello ad alcuna attenuante. Sono qui, anzi, per chiedere e accettare di buon grado la più alta pena che mi si possa infliggere per quello che, secondo la legge, è un crimine deliberato, mentre a me pare il più alto dovere di un cittadino”.
Queste semplici frasi possono portare a moltissime riflessioni. In Italia da molti decenni c’è sempre (in fondo) lo stesso sistema di governo che adesso sta raggiungendo il culmine assoluto di grottesca parodia di una democrazia. Non si tratta di accusare quel politico o quell’altro perché non sono loro i colpevoli assoluti (sono però colpevoli lo stesso) di ciò che sta succedendo.
La vera prima responsabilità appartiene a tutti coloro che non hanno ritenuto necessario compiere quel “più alto dovere di un cittadino”.
Quindi intanto cominciamo con la disaffezione, poi vedremo cosa si può fare…
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