Negli anni Sessanta del Novecento, lo studioso statunitense John W. Atkinson (1923-2003) ha elaborato una teoria ben precisa riguardo alla voglia di riuscire e alla paura di non farcela.
Secondo Atkinson gli individui, quando si trovano di fronte a un determinato compito o ad un obiettivo da raggiungere, sono sollecitati da due spinte motivazionali contrapposte:
• la tendenza al successo (speranza di riuscita)
• e la tendenza a evitare il fallimento (paura dell'insuccesso).
La prima spinge le persone a impegnarsi in compiti difficili (ma percepiti come fattibili), mentre la seconda le induce a scegliere compiti più facili (per i quali il fallimento è improbabile) o, all'opposto, estremamente difficili (per i quali questa eventualità è attribuibile a cause indipendenti dalla loro responsabilità).
Naturalmente, il ruolo e il peso di queste due tendenze variano considerevolmente da individuo a individuo: esistono persone "paralizzate" dalla paura di fallire; altre che amano mettersi in gioco in attività molto impegnative; altre ancora in cui la speranza del successo e la paura del fallimento si bilanciano. Combinando tra loro le diverse possibilità, Atkinson ha individuato 4 tipologie differenti di soggetti:
• over-strivers, con alta tendenza al successo e alta tendenza a evitare il fallimento;
• success-oriented, con alta tendenza al successo e bassa tendenza a evitare il fallimento;
• failure-acceptors, con bassa tendenza al successo e bassa tendenza a evitare il fallimento;
• failure-avoiders, con bassa tendenza al successo e alta tendenza a evitare il fallimento.
Ad esempio, il ragazzo definito dai suoi insegnanti "poco motivato allo studio" rientra proprio in quest'ultima categoria: non crede nelle proprie possibilità di successo scolastico ed è allo stesso tempo angosciato dall'eventualità di fallire.
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