mercoledì 30 marzo 2011

Velocità di caduta di un corpo

 

A che velocità cade un oggetto se trascuriamo l’attrito dell’aria? Per trovare questa velocità possiamo ragionare in termini di conservazione dell’energia meccanica.

L’energia meccanica è definita come la somma tra l’energia cinetica e l’energia potenziale gravitazionale, cioè:

dove m è la massa del corpo, v è la sua velocità, g è l’accelerazione di gravità (sulla Terra è circa 9,8 m/s2) e h è l’altezza del corpo stesso rispetto ad un livello di riferimento.

Se non c’è attrito l’energia meccanica resta costante in ogni istante. Quindi si deve avere:

Ciò significa che durante la caduta del corpo, quando l’energia potenziale gravitazionale diminuisce, perché h diminuisce durante la caduta, l’energia cinetica deve aumentare proporzionalmente affinché la sua somma con l’energia potenziale possa restare costante.

Se immaginiamo il corpo fermo ad una certa altezza h, la sua energia meccanica iniziale sarà:

lo zero compare perché l’energia cinetica in questo istante è zero, visto che il corpo è fermo. All’inizio quindi l’energia meccanica è tutta energia potenziale gravitazionale.

Facciamo cadere il corpo e a questo punto, mentre l’energia cinetica aumenta, l’energia potenziale diminuisce. Nell’istante in cui il corpo raggiunge il “terreno”, cioè il livello di riferimento, l’energia cinetica diventa massima e l’energia potenziale diventa uguale a zero, perché h=0. Quindi avremo che l’energia meccanica finale sarà:

lo zero rappresenta l’energia potenziale gravitazionale, che come avevo detto prima, in questo istante è zero.

Poiché, per la conservazione dell’energia meccanica, deve essere:

risulterà che:

Eliminando la massa da entrambi i membri dell’equazione e risolvendo rispetto alla velocità, otteniamo:

che è proprio la velocità di caduta di un corpo da un’altezza h. Notiamo che la velocità di caduta dipende solo dall’accelerazione di gravità e dall’altezza di caduta e non dipende affatto dalla massa.

Nel vuoto i corpi cadono tutti con la stessa velocità (se partono dalla stessa altezza) indipendentemente dalla massa che possiedono (come aveva già intuito Galileo Galilei nel 1600). In presenza di atmosfera questo risultato non si ottiene semplicemente perché l’attrito dell’aria rallenta i corpi a secondo della loro massa, forma e superficie. La formula precedente quindi vale come buona approssimazione solo per corpi che hanno una massa abbastanza grande e che non cadono da altezze troppo elevate.

In questo filmato possiamo vedere una famosa sequenza relativa alla missione Apollo 15, in cui l’astronauta David Scott lascia cadere un martello ed una piuma e verifica che toccano terra contemporaneamente. La mancanza di atmosfera della Luna ha permesso di osservare quanto detto prima sulla velocità di caduta dei corpi in assenza di attrito.

Buona visione del filmato.

Velocità di caduta nel vuoto


Teoria delle stringhe e universi paralleli

 

Può esistere una “teoria del tutto”? Cioè una teoria che possa spiegare ogni forza e ogni fenomeno dell’Universo? Secondo molti fisici la Teoria delle Stringhe è la migliore candidata per diventare una teoria del tutto. In realtà non è facile dimostrare questa affermazione perché la Teoria delle Stringhe, anche se è molto elegante e convincente dal punto di vista matematico, non è facile da verificare sperimentalmente.

Per quanto mi riguarda, non sono mai stato molto convinto dalla Teoria delle Stringhe e l’ho paragonata, in questo articolo, a qualcosa di simile alle sfere celesti di epoca medioevale.

In realtà questa teoria, intrigante per il fatto di avere un fascino “esoterico”, in realtà è piuttosto traballante dal punto di vista scientifico. Le dimensioni extra (secondo alcuni modelli di stringhe l’Universo avrebbe fino a 26 dimensioni) e la possibilità che esistano “universi paralleli” sono un’attrazione irresistibile per coloro che amano la “scienza spettacolo”.

Di fatto la Teoria delle Stringhe ha avuto il primo brutto colpo proprio alcuni mesi fa. La teoria prevede infatti che negli scontri di particelle ad alta velocità negli acceleratori si possano formare dei “mini buchi neri”. I primi risultati ottenuti dall’acceleratore LHC del CERN mostrano che questi mini buchi neri non si formano nemmeno alle più alte energie. La Teoria delle Stringhe è dunque sbagliata? E’ forse troppo presto per affermarlo con sicurezza. Intanto, per sapere cos’è questa affascinante teoria (in realtà le teorie sono ben 5 anche se sono state unificate in una sola, chiamata Teoria M) ci godiamo questo bellissimo documentario sulla Fisica Quantistica, la Teoria delle Stringhe e gli Universi paralleli.

Buona visione.

Teoria delle Stringhe e Universi Paralleli


martedì 29 marzo 2011

Grisù

 

Il grisù (o grisou) è una miscela gassosa composta essenzialmente da metano, presente soprattutto nelle miniere di carbone e di zolfo; si sprigiona lentamente dallo stesso giacimento attraverso fratture o anche improvvisamente da grandi cavità della roccia nelle quali si  accumulato.

Il grisù è altamente infiammabile ed esplosivo e risulta pertanto molto pericoloso per i minatori che lavorano alla sua estrazione. Nella combustione l’aumento di volume provoca infatti un aumento di pressione e quindi di velocità di propagazione nelle gallerie (fino a 200 metri al secondo, corrispondenti a 720 Km/h), per cui altre quantità di grisù, che si trovano anche in zone lontane dalla miniera, prendono fuoco con conseguenze catastrofiche.

Incidenti del genere sono avvenuti anche in Italia, infatti bisogna ricordare il disastro di Morgnano (in provincia di Perugia), avvenuto il 23 marzo 1955, con un bilancio di 22 morti, e il disastro di Ribolla, del 1954, con un bilancio di 43 morti. Tre anni dopo in Sicilia, il 20 agosto 1957, nella Miniera Trabia Tallarita di Sommatino (in provincia di Caltanissetta) morirono 23 zolfatari, e molti altri rimasero feriti.

Curiosità: il termine grisù è diventato famoso negli anni settanta con la messa in onda in televisione del cartone animato Grisù. Protagonista un simpatico e geniale draghetto che aveva difficoltà a gestire le proprie emozioni e che da grande voleva fare il pompiere Sorriso

Grisù


La biodegradazione

 

Per biodegradazione si intende una serie di processi chimici e biologici che portano, attraverso l’azione di microrganismi, alla decomposizione delle sostanze. La biodegradazione è fondamentale per la purificazione dell’ambiente: i microrganismi demolitori eliminano infatti dalla terra a dall’acqua sostanze altrimenti inquinanti.

Non tutto però possiede lo stesso grado di biodegradabilità: le sostanze di origine naturale, in genere, si decompongono completamente; mentre quelle di origine industriale (materie plastiche, gomma, detersivi, diserbanti, antiparassitari, ecc…) possono resistere all’attacco dei microrganismi anche per secoli. La quantità di materiali non biodegradabili normalmente utilizzati è infatti una delle prime cause di inquinamento del nostro pianeta.

Per questo è molto importante ridurre al minimo la dispersione di queste sostanze difficilmente smaltibili (una lattina impiega 200 anni a decomporsi, una bottiglietta di plastica quasi 1000).

plastica biodegradabile

Dato l’impatto devastante sull’ambiente di molte delle sostanze prodotte dall’uomo, negli ultimi decenni sono stati imposti livelli di biodegradabilità minima per molte di esse: per esempio, nel 1971, per legge, i detergenti sintetici devono essere biodegradabili almeno all’80%.


La fermentazione

 

La fermentazione è un processo chimico che consiste nella trasformazione di glucidi in molecole più semplici, con produzione di energia, in assenza di ossigeno. I microorganismi che intervengono nella fermentazione per ricavarne energia sono detti fermenti e comprendono muffe, lieviti e batteri.

Il prodotto finale della fermentazione è ancora un composto organico, che in molti casi l’uomo sfrutta per ricavarne alimenti derivati. E’ questo il caso della fermentazione alcolica, che produce alcol etilico: con la fermentazione del mosto d’uva si ottiene il vino, con quella del malto d’orzo invece si ottiene la birra.

La fermentazione dell’alcool del vino (fermentazione acetica) produce aceto mentre nella fermentazione di uno zucchero contenuto nel latte (fermentazione lattica) si ottiene lo yogurt, in cui è presente acido lattico. I microrganismi responsabili della fermentazione sono impiegati nella produzione industriale di molti alimenti e sostanze farmaceutiche.

Nei due filmati seguenti possiamo vedere un dettaglio delle reazioni chimiche durante la fermentazione alcolica e la fermentazione lattica.

Buona visione.

Fermentazione alcolica

 

Fermentazione lattica


lunedì 28 marzo 2011

Esperimenti per bambini. Gonfiare il palloncino con l’anidride carbonica.

 

La scienza può essere spiegata anche ai bambini, purché si ricorra ad esperimenti semplici e divertenti, come quello presentato in questo breve filmato. Lo potete far fare anche ai vostri figli; serve solo del bicarbonato di sodio e dell’aceto. Queste due sostanze mescolate insieme sviluppano una notevole quantità di anidride carbonica che, come potete vedere video, gonfia un palloncino. Si tratta di un esperimento adatto per essere condotto dai bambini, semplice, sicuro e di divertente effetto.

Buona visione del filmato.


domenica 27 marzo 2011

L’isola senza tempo, anzi, con due orari diversi!

 

Lo sapevate che la piccola isola di Märket (di soli 300 metri) nel Mar Baltico appartiene sia alla Svezia che alla Finlandia? Fin qui nulla di strano, però il problema sorge quando ci accorgiamo che Svezia e Finlandia appartengono a diversi fusi orari. Quindi nell’isola ci sono due orari diversi!

La cosa più curiosa, però, è che quando la Finlandia costruì un faro lo poté fare nella parte dell’isola appartenente alla Svezia, cosicché nel 1981 la linea di confine dei fusi orari fu modificata in modo tale che il faro cadesse nella zona del fuso orario della Finlandia, assicurando però una equa divisione della superficie dell’isola.

Nella foto sotto possiamo vedere questa curiosa situazione.

L'isola con due orari

Potremmo dire che Märket è l’isola senza tempo, anzi, l’isola con due orari diversi! Pensate a qualcuno che esce dal faro e si dirige verso quella barca. Dovrà regolare l’orologio? ;-)


Tempesta di sabbia in Kuwait (video)

 

Una immensa tempesta di sabbia ha colpito il Kuwait giorno 25 marzo 2011. La tempesta ha oscurato il Sole trasformando il giorno in una notte buia in pochi istanti. In questo filmato possiamo vedere una testimonianza di questo violento fenomeno. Anche l’operatore video è stato inghiottito dalla tempesta nel giro di pochi minuti.

La velocità del vento durante questa tempesta è arrivata fino a 130 Km/h, il fronte della nube di sabbia però si spostava a circa 50 Km/h. Gli aeroporti sono stati chiusi a causa della bassa visibilità. Secondo alcuni rapporti (non confermati) molte persone sono rimaste chiuse nei centri commerciali perché era impossibile mettersi alla guida nelle strade.

Guardate il filmato perché è davvero impressionante.


sabato 26 marzo 2011

Il riso fa buon sangue

 

Il riso fa buon sangue. Una sana allegria giova anche alla salute (e porta pure altre conseguenze benefiche). Il riso eccessivo è però considerato indice di stoltezza: Risus abundat in ore stultorum (ossia il riso abbonda sulla bocca degli sciocchi); in modo più vivace si dice anche Chi ride senza perché o è pazzo o ce l’ha con me. Altre volte poi la spensieratezza fuori luogo è giudicata dannosa: Chi ride il venerdì piange la domenica.

Buona risata :-))


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Earth Hour 2011 stasera (video)

 

Stasera è la sera dell’Earth Hour 2011. Dalle ore 20:30 alle 21:30 di sabato 26 marzo 2011, si celebra questo evento per il nostro pianeta. Per un’ora teniamo spente le luci per diminuire i consumi e dare simbolicamente un segno del nostro rispetto nei confronti della Terra e del fatto che ci impegniamo a diminuire l’inquinamento.

L’iniziativa fu inaugurata nel 2007 nella sola città di Sidney (Australia) e adesso si è diffusa in tutto il mondo. Earth Hour è diventata il simbolo mondiale della speranza e del movimento a favore del cambiamento. Quest’anno dovrebbero partecipare ben 128 nazioni sparse in tutti i continenti del mondo.

Dalle 20:30 alle 21:30 spegniamo quindi le luci delle nostre case (magari non tutte :-)). Buona oscurità a tutti ;-)

 

 

venerdì 25 marzo 2011

Attività vulcanica persistente

 

Non bisogna immaginare l'attività vulcanica sempre connessa a fenomeni violenti, imprevedibili e rapidi: essa può svolgersi in modo tranquillo e per periodi di tempo notevolmente lunghi.
L'attività persistente è appunto una emissione molto prolungata nel tempo di materiale da un condotto vulcanico aperto. Quando un vulcano è attivo si ha una notevole emissione di vapore, non sempre costante, ma intervallata da sbuffi più violenti. Aumentando l'attività i boli di vapore si susseguono a ritmo sempre più frenetico, violentemente spinti in un movimento vorticoso, accompagnati da esplosioni sorde e rombi all'interno del condotto, tanto più forti quanto più piccolo è il diametro della bocca. Questa attività ritmica di vapore può durare mesi ed anni, ma quando il livello della massa fusa all'interno del condotto si innalza, ecco che i gas prorompenti trascinano all'esterno brandelli di questa massa fusa, che vengono lanciati in aria e ricadono ancora incandescenti al suolo, ove si raffreddano (scorie), talvolta saldandosi gli uni agli altri (scorie saldate).

vulcano Irazù
Emissione di vapore dal vulcano Irazù (Costa Rica)

In fase di forte attività la quantità di massa fusa incandescente può essere anche di parecchie centinaia di tonnellate, che fuoriescono, se la bocca del condotto è stretta, sotto forma di zampillo fino a qualche centinaio di metri di altezza a formare una fontana di lava di una abbagliante incandescenza. Lo Stromboli è celebre fin dall'antichità per i suoi fantastici spettacoli notturni, dovuti appunto a questo tipo di attività, riscontrabile peraltro anche nell'Etna ed in molti altri vulcani.

Allo Stromboli è anche frequente il lancio di ceneri e blocchi. Nel 1931 la bocca principale dell'apparato eruttivo di questo vulcano aveva l'aspetto di una caldaia imbutiforme, larga da 60 a 80 m e profonda circa 30 m, con fondo pianeggiante e ricoperto da ceneri, sabbia, blocchi. All'inizio di ognuno dei lanci ritmici, accompagnata da un sibilo sempre più forte, dal centro del fondo pianeggiante, cominciò a «danzare» vorticosamente la cenere, cui si mescolarono ben presto sabbia e lapilli; la corrente di gas divenne sempre più potente e rumorosa, si ingrandì, trascinò con sé in alto ceneri e pietre che ricaddero all'interno della voragine stessa. Solo quando la corrente di gas si aprì un passaggio attraverso le masse detritiche, iniziò la proiezione verso l'alto di brandelli di massa fusa incandescente. I lanci di cenere e di materiale detritico raggiunsero i 250 e perfino i 300 m di altezza. Può accadere, durante tali fenomeni, che materiale franato dalle pareti del cratere ostruisca parzialmente il condotto formando una specie di tappo semipermeabile (setaccio), attraverso il quale fuoriescono i gas con difficoltà, ma non vengono alla luce i brandelli di lava. Soltanto quando la corrente dei vapori ha logorato il tappo e si è aperta un passaggio agevole si hanno lanci sporadici di materiale incoerente. La violenza con cui si manifestano questi lanci dipende dalla resistenza che le masse detritiche oppongono alla liberazione dei gas.

Etna in eruzione
Una spettacolare immagine di lancio di scorie incandescenti (Etna)

Il 21 gennaio 1958 si riaprì, con una forte esplosione, il condotto del cratere dell'Etna, ostruitosi pochi giorni prima con materiale franato dalle pareti ed una imponente nuvola di vapori carica di ceneri, scorie e blocchi raggiunse 1500 m di altezza sull'orlo del cratere. Dopo questa fase, il vulcano riprese la sua attività persistente.
Le attività di lancio di scorie, ceneri e lapilli sono strettamente connesse ad un altro tipo di attività persistente: quella effusiva. In genere questa costituisce una fase successiva e si svolge con modalità differenti a secondo della massa fusa. Se questa presenta una viscosità molto bassa, e quindi una notevole fluidità, darà luogo ad una attività effusiva lenta, con rarissimi fenomeni esplosivi.

La massa fusa risalita nel condotto può sgorgare terminalmente, cioè dalla vetta, o da bocche sub-terminali, defluendo poi tranquillamente lungo i fianchi del vulcano. Al Vesuvio, fino al giugno 1932, dominava una vivace attività di lancio di lava, tanto che la massa fusa traboccava spesso dal cratere, posto su un conetto di scorie saldate. I lanci divennero tanto violenti da causare una frattura nel conetto stesso, dalla quale sgorgò la lava fluidissima e povera in gas. Ben presto essa ricoprì il fondo del grande cratere e traboccò al di sopra dell'orlo e, defluendo lungo i fianchi del vulcano, ricoprì molte vecchie colate dirigendosi nella Valle dell'Inferno. Questo tipo di effusione lenta è caratterizzata dall'alta temperatura, dalla povertà in gas e dalla straordinaria fluidità. Un piccolo ramo della colata, scorrente liberamente all'inizio, si va via via raffreddando e la sua superficie si coprirà di una sottile pellicola che viene corrugata e trascinata dalla lava defluente al di sotto. Allontanandosi sempre più dalla sorgente il raffreddamento aumenta e quindi la pellicola semisolidificata si trasforma in una vera e propria crosta. Si forma così un tunnel costituito da pareti e tetto di lava solidificata, all'interno del quale scorre la massa ancora incandescente e fluida. Se l'apporto della colata diminuisce fino a cessare, il tunnel permane e sarà possibile, quando ogni attività è terminata, riscontrare lungo le pareti interne le tracce dei vari livelli del fiume di lava.

Le effusioni lente possono manifestarsi anche lateralmente, sui fianchi del vulcano, quando il livello della massa fusa all'interno del condotto è abbastanza elevato. Si liberano dapprima i gas, trascinando brandelli di lava e lanciandoli in alto. La massa fusa così degassata penetra fra gli strati di scorie del cono eruttivo e defluisce lentamente su uno strato poco resistente, in una galleria sotterranea verso il basso. La pressione idrostatica della massa fusa aumenta man mano che questa si allontana dal cratere finché raggiunge valori tanto elevati da vincere la resistenza ed il peso degli strati sovrastanti, permettendo così al liquido incandescente di sgorgare da una bocca effusiva laterale, ad una quota molto più bassa del cratere.

Queste effusioni lente rappresentano un tipo particolare dell'attività persistente, che dura finché la colonna di liquido incandescente nel condotto si abbassa al di sotto del livello in cui è posta la galleria attraverso la quale è defluita la massa fusa. Questo tipo di efflusso può durare mesi ed anni, come è avvenuto più volte all'Etna, dove una di queste colate, che sgorgava lentamente da una bocca a quota circa 2800 metri sul livello del mare, ricoprì una vasta area del pendio occidentale del vulcano e raggiunse, dopo circa dieci anni, la zona pedemontana presso Bronte.

In alcune effusioni lente subterminali dell'Etna la colata si diresse verso nord (Concazze) ove si formò una cupola alta circa 80 metri. La massa fusa all'interno di questa cupola effusiva era continuamente alimentata attraverso una galleria sotterranea dal cratere di Nord Est. Superficialmente si formò una crosta consolidata che veniva qua e là perforata dando luogo così alla formazione di bocche effusive effimere, dalle quali sgorgavano colatine, che accrescevano la cupola stessa. Queste effusioni lente dimostrano efficacemente il meccanismo eruttivo dei vulcani: separazione dei gas dalla massa fusa, i primi liberatisi dal cratere, la seconda defluente tranquillamente dalla bocca laterale del vulcano.

Se la massa fusa è invece viscosa, la degassazione avviene difficilmente e la lava s'ingorga all'interno del condotto, generalmente ostruito. Per effetto del calore il materiale detritico ostruente si riscalda fino alla fusione, prendendo quindi parte con la. massa fusa al moto generale di risalita. Questa fusione determina una diminuzione della resistenza, che ad un certo punto viene superata dalla forza espansiva dei gas inclusi ad alta pressione. L'eruzione inizia quindi con piccole esplosioni di gas che sgomberano definitivamente il condotto. La lava viscosa, non sufficientemente fluida, non ha la capacità di defluire tranquillamente all'esterno, ma ristagna alla bocca, formando una cupola che cresce in altezza ed in ampiezza. La sua superficie coperta da blocchi appare solcata da crepe, in parte causate dalla contrazione dovuta al raffreddamento, in parte dalla pressione della lava che spinge dall'interno verso l'alto. Talvolta si può determinare una spaccatura nella cupola, dalla quale fuoriesce una tozza colata, come è avvenuto ad esempio nella cupola di ristagno del vulcano Merapi (Giava). Queste estrusioni lente sono accompagnate talvolta da fenomeni esplosivi spesso violenti. Infatti solo quando la pressione dei gas nell'interno raggiunge un valore altissimo, essa riesce a superare la resistenza delle masse di lava viscosa e quasi solida. I gas si fanno allora strada con veemenza, strappando blocchi, frammenti e schegge finissime e roventi. Si forma così una sospensione in gas incandescenti straordinariamente mobile, ma tanto pesante da scendere velocemente lungo i fianchi del vulcano (nube ardente).

L'8 maggio 1902 la città di Saint-Pierre nella Martinica (Piccole Antille) con i suoi 29 000 abitanti fu rasa al suolo da una nube ardente carica di ceneri e blocchi, proveniente da una spaccatura di una cupola di ristagno della Montagne Pelée. La sua velocità era di circa 150 m/sec. e la sua temperatura raggiungeva gli 800°C. I suoi effetti meccanici furono disastrosi: gli alberi vennero sradicati, tutti i muri delle case trasversali alla direzione della nube furono abbattuti e pezzi di roccia si scagliarono come proiettili contro gli ostacoli.

spina della Montagne Pelée
La “spina” della Montagne Pelée

Questa violentissima eruzione esplosiva distrusse parzialmente la cupola di ristagno. Ma già prima di questa catastrofe si erano osservate nubi ardenti, più piccole, prorompere dalla cupola di lava, e ad essa ne seguirono numerose altre.

Se la massa fusa ha una viscosità più elevata, possono innalzarsi dal condotto colonne di lava già solide. Queste protrusioni o spine crescono lentamente ed all'interno appaiono ancora incandescenti. Celebre è l'Aiguille della Montagne Pelée (foto sopra).

Fra i vari tipi di attività persistente, la più intensa, dal punto di vista termico, è quella di lago di lava. Fino al 1924 nel cratere del Kilauea (Hawaii), il cui fondo è ricoperto da lava solidificata, nella parte sud-ovest esisteva un lago di lava, lo Halemaumau, in una fossa di 350 m di diametro dalle pareti quasi verticali. Da esso emergevano isolotti di lava solidificata, che si muovevano lentamente, trascinati dalla lava fluida sottostante, ricoperta da una sottile pellicola nerastra più fredda, che si andava qua e là corrugando e spaccando, lasciando fuoriuscire zampilli di lava incandescente. Lo scoppio delle bolle di gas determinava il lancio di goccioline di massa fusa molto fluida, che durante il volo venivano stirate in fili sottilissimi, a causa dell'attrito, e solidificavano sotto forma di vetro. Questi fili trasportati dal vento furono chiamati dagli indigeni capelli di Pele, la dea del fuoco.

Il calore irradiato da un lago di lava è enorme; nel lago di Halemaumau esso raggiunse i 300 milioni di calorie al secondo. Questa enorme perdita di calore viene attribuita principalmente a due cause, una dovuta ai moti convettivi che la massa fusa crea risalendo, al centro del lago, dalla profondità alla superficie ove, liberati i gas ad alta temperatura, divenuta più pesante, scende lungo le pareti del condotto verso il basso; la seconda causa, non meno importante della prima, è costituita dalle reazioni chimiche esotermiche fra aria e gas che avvengono alla superficie del lago, elevando la temperatura. Laghi di lava sono stati osservati anche sul Mauna Loa (Hawaii), sul Nyiragongo (Zaire), sul Matavanu (Savaii, Samoa Occidentali), sull'Erta Alé (Abissinia). Durante l'eruzione del 1929 al Vesuvio si formò per breve tempo un lago di lava molto agitato, la cui temperatura alla superficie arrivò ai 1400 °C.

lago di lava
Il lago di lava del vulcano Erta Alé (Abissinia)

[Bibliografia: “I vulcani” di Alfred e Loredana Rittmann, Istituto Geografico De Agostini Novara. 1976]


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