giovedì 9 febbraio 2012

Legge di gravitazione universale

Tutto cominciò con una mela caduta in testa a Isaac Newton, almeno così dice la leggenda (anche se, a quanto pare, non è proprio una leggenda). Fu Newton il primo a intuire che la forza che fa cadere gli oggetti sulla Terra è la stessa forza che tiene legata la Luna alla Terra e i pianeti attorno al Sole. In realtà è una grande intuizione, perché non sembra che ci sia una correlazione così forte tra i due fenomeni. Potremmo pensare: “ma allora perché la Luna non cade sulla Terra, visto che c’è questa attrazione gravitazionale?”. La verità è che, in qualche modo, la Luna cade continuamente sulla Terra, ma questo moto di caduta è in ogni istante compensato dal moto stesso della Luna. C’è quindi un equilibrio tra la “forza centrifuga” che tende ad allontanare la Luna dalla Terra e la loro mutua attrazione gravitazionale.

Isaac Newton

Quindi l’intuizione di Newton fu quella di pensare che se la Luna si muove di moto approssimativamente circolare attorno alla Terra, quindi presenta una forza centrifuga che tende a farla sfuggire, come mai allora resta sempre alla stessa distanza e non sfugge via? Newton pensò che la forza che equilibra la forza centrifuga doveva essere esattamente la stessa forza di gravità che sentiamo sulla Terra, indebolita ovviamente dalla distanza superiore. Newton cercò di calcolare questa forza di attrazione e si accorse che, se questa fosse stata proporzionale a 1/r2 (dove r è la distanza tra la Terra e la Luna), si sarebbe potuto prevedere addirittura il tempo orbitale della Luna!

Ma Newton non si fermò a pensare che la forza di gravità che sentiamo sotto i nostri piedi si estendesse nello spazio solo fino alla Luna, ma che arrivasse persino a permeare l’intero Universo. Ecco perché il nome di gravitazione universale. In questo modo Newton poteva spiegare anche il moto dei pianeti attorno al Sole; quindi era la gravità del Sole che teneva i pianeti nelle loro orbite.

Ma qual è la grandezza fisica che “genera” questa forza di gravità? Newton propose che fosse la massa. In particolare era evidente che la forza di gravità tra due corpi con un certa massa fosse proporzionale al prodotto delle loro masse.

Questo lo possiamo dimostrare facilmente in questo modo:

Supponiamo di considerare il sistema Terra-Sole. Indichiamo con M la massa del Sole e con m quella della Terra. Sopponiamo inoltre che l’orbita della Terra sia circolare (approssimazione che non si discosta molto dalla realtà, dato che l’orbita terrestre è un’ellisse con eccentricità pari a 0,0167). Così possiamo ipotizzare che il moto della Terra sia circolare uniforme.

La forza che lega la Terra al Sole (quindi è una forza centripeta) è data dalla seconda legge di Newton:

dove m, come detto prima, è la massa della Terra.

Sappiamo anche che, in un moto circolare uniforme la velocità è data da:

dove:

e si chiama “frequenza angolare”.

Così possiamo scrivere che l’accelerazione centripeta è:

Sostituendo nell’espressione della seconda legge di Newton, possiamo scrivere:

A questo punto possiamo chiamare in causa la terza legge di Keplero per cercare di eliminare la dipendenza dal quadrato del tempo di quest’ultima formula.

La terza legge di Keplero afferma, infatti, che i cubi dei raggi delle orbite dei pianeti sono direttamente proporzionali ai quadrati dei loro periodi orbitali. Questa proporzionalità diretta la posso esprimere in questo modo:

Sapendo questo, sostituisco nell’espressione della forza, ottenendo:

Questa è la forza che il Sole esercita sulla Terra. Ma, simmetricamente, dobbiamo considerare anche la forza con cui la Terra attrae il Sole, che sarà data da:

dove, la massa M stavolta è quella del Sole e il segno meno è dovuto al fatto che tale forza, ovviamente, è in direzione opposta rispetto a quella vista prima.

Per il terzo principio della dinamica (legge di azione e reazione) posso quindi scrivere:

e quindi:

da cui ottengo:

A questo punto posso riscrivere le espressioni per F ed F’ in un altro modo. Se le moltiplico e divido entrambe per una stessa quantità (m/m o M/M) le posso “modificare” senza in realtà cambiare nulla.

Dato che, come avevamo visto in precedenza, risulta che:

possiamo eguagliare anche le quantità:

Sostituendo G in una qualsiasi delle espressioni di F o F’, otteniamo infine:

G è una costante che viene chiamata costante di gravitazione universale. Si tratta di un valore costante che può essere misurato e che di solito viene approssimato con il valore:

e che non è altro che la forza con cui si attraggono due masse di 1 Kg poste a 1 metro di distanza l’una dall’altra. Si noti che è un valore molto piccolo ed è per questo motivo che non sentiamo la forza di attrazione gravitazionale degli oggetti che ci circondano quotidianamente. Non perché non c’è, ma perché è troppo piccola per essere percepita con i nostri sensi. Invece percepiamo la forza di gravità della Terra perché ha una massa molto grande.

La legge di gravitazione universale può essere enunciata nel seguente modo:

due punti materiali si attraggono con una forza di intensità direttamente proporzionale al prodotto delle masse dei singoli corpi ed inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza

Bisogna notare l’espressione “punti materiali”. Infatti la forza di gravità viene di solito definita tra corpi considerati puntiformi. Questo perché se consideriamo corpi celesti come il Sole o la Terra, la forza di gravità che esercitano è la stessa che si avrebbe se tutta la massa dei loro corpi sferici fosse concentrata nel loro centro.


mercoledì 8 febbraio 2012

Piramidi su Marte

Marte è sempre stato un pianeta affascinante. Questo pianeta è uno dei pochi corpi celesti del cielo ad esibire un colore ben visibile ad occhio nudo. Non per niente si è guadagnato il nome di “pianeta rosso”. Gli scienziati lo considerano un mondo molto interessante, i visionari hanno subito cominciato a pensare che ci potesse essere la vita.

Marte

Le prime osservazioni telescopiche di qualità sufficiente mostrarono come Marte possedeva delle strutture superficiali ben definite, come aree chiare e scure che potevano far pensare alla presenza di continenti ed oceani. Nel 1877, l’astronomo italiano Giovanni Schiaparelli, approfittando di una opposizione (cioè quando Marte e la Terra si trovano dalla stessa parte rispetto al Sole e si trovano ad una distanza minima l’uno dall’altra) di Marte particolarmente favorevole, riuscì a disegnare una mappa del pianeta. Assecondando l’ipotesi che le aree scure fossero oceani, le linee scure che attraversavano le aree più chiare, Schiaparelli le chiamò “canali”.

disegno di Marte di Schiaparelli

(mappa di Marte disegnata da Schiaparelli)

Bisogna però notare che i “fiumi” o i “canali” non hanno nulla di reale. Ad esempio la pianura Hellas è un gigantesco cratere da impatto e il “lago” presente in Thaumasia felix sappiamo adesso che è la caldera del gigantesco vulcano a scudo Olympus Mons.

L’astronomo americano Percival Lowell credette che Schiaparelli avesse scoperto dei canali artificiali. Questo equivoco derivava dal fatti che la parola italiana “canali” usata da Schiaparelli fu tradotta in inglese usando il termine “canals” che significa appunto canali artificiali. Lowell divenne subito uno dei maggiori proponenti dell’ipotesi che su Marte ci fosse una complessa civilizzazione. Questa sua idea fu superata quando gli astronomi che osservarono Marte con telescopi più potenti non trovarono nessun canale. Ciò dimostrò che la visione dei canali non fu altro che una vera e propria illusione ottica. Quando furono effettuate le prime osservazioni spettrografiche di Marte si scoprì che il pianeta non è un luogo particolarmente ospitale. Freddo, arido e con un’atmosfera troppo sottile per mantenere l’acqua sotto forma liquida.

mappa di Marte di Lowell

(mappa dei canali marziani disegnata da Percival Lowell)

In ogni caso l’idea di un Marte abitato durò con alterna fortuna fino al 1965, quando la sonda Mariner 4 sorvolò il pianeta rosso.

Nel suo breve incontro, la sonda rivelò che Marte appariva come un pianeta morto e ostile molto simile alla Luna, costellato di crateri da impatto e da ampi deserti. Ovviamente non c’era nessun canale.

(foto di una parte della superficie di Marte realizzata dalla sonda Mariner 4)

L’idea della vita su Marte fu abbandonata, ma l’interesse per il pianeta rosso rimase. I canali non erano cose reali, ma fiorirono molte nuove ipotesi sul passato di Marte e su come in questo passato potessero effettivamente esistere i marziani. Se nel presente non c’erano tracce di civilizzazione, potevano però essere esistite in un passato più o meno remoto. Dopo il Mariner 4, le sonde Mariner 6 e 7 confermarono l’assenza di vita su Marte.

Ma il colpo di scena sta per arrivare. Il Mariner 9 giunge su Marte il 14 novembre del 1971. Fu seguito nel giro di un mese dalle sonde sovietiche Mars 2 e Mars 3. Al loro arrivo le sonde scoprirono un Marte trasformato. Una immensa tempesta di sabbia aveva nascosto gran parte della superficie del pianeta.

Alla fine di questa immensa tempesta, quando la visibilità tornò normale, venne rivelato un mondo di meraviglie che prima non era mai stato visto. C’erano vulcani di dimensioni enormi, un immenso sistema di canyon che fu battezzato con lo stesso nome della sonda Mariner (Valles Marineris), letti prosciugati di fiumi, nebbie, nubi… e anche qualcosa di più incredibile. Giorno 8 febbraio 1972 (oggi quindi sono passati esattamente 40 anni), il Mariner 9 mandò sulla Terra un’immagine che mostrava un certo numero di oggetti che sembravano piramidi in una regione chiamata Elysium Planitia.

piramidi su Marte

(foto del Mariner 9 della regione Elysium Planitia che mostra le forme piramidali)

Cosa potevano essere queste piramidi? Erano forse la prova della presenza di vita intelligente su Marte? Queste piramidi erano l’analogo delle antiche piramidi egizie sulla Terra? Il problema è che sono molte le strutture superficiali, anche sulla Terra, che hanno un aspetto vagamente artificiale, ma nessuna di queste è realmente una piramide. Il colpo di scena più spettacolare però sarebbe arrivato nel 1976.

Nel 1976 su Marte arrivarono due sonde spaziali molto più sofisticate di tutte quelle che erano state mandate in precedenza. Si trattava del Viking 1 e del Viking 2. Ciascuna di queste sonde era formata da una coppia orbiter (cioè una sonda che resta in orbita attorno al pianeta) e lander (sonda che atterra).

Gli orbiter analizzarono la superficie di Marte con un dettaglio molto maggiore rispetto a quello del Mariner 9. Oltre a ottenere immagini delle piramidi della Elysium Planitia con maggiore risoluzione, trovò qualcosa di inaspettato in una regione chiamata Cydonia Mensae.

faccia su Marte

(la famosa “faccia su Marte” fotografata dal Viking 1. I punti neri sono perdite di dati e non oggetti reali)

Se le piramidi avevano già eccitato la fantasia della gente, figuriamoci che effetto poteva avere la scoperta di una faccia gigante! Un consulente del Goddard Space Flight Center vide queste immagini e divenne famoso grazie ad esse. Si chiamava Richard Hoagland e divenne il più ardente sostenitore della Faccia su Marte. Egli descrisse le piramidi come una città sepolta e la Faccia come un monumento fatiscente, simile alla Sfinge in Egitto.

Non vi furono nuove immagini di queste strutture per molto tempo, fino al 12 settembre 1997, quando una nuova sonda arrivò su Marte. Si tratta della Mars Global Surveyor. Le zone di Elysium e di Cydonia furono nuovamente riprese, ma le strutture che sembravano piramidi o facce umane persero il loro aspetto artificiale non appena furono fotografate ad alta risoluzione e da prospettive diverse. Per quelli che avevano ipotizzato la presenza nel passato di civiltà aliene fu una grande delusione. Le missioni successive, come Mars Odyssey 2001, Mars Express e Mars Reconnaissance Orbiter hanno confermato l’assenza di strutture artificiali su Marte.

piramide su Marte

(una delle piramidi della zona Elysium, fotografata dal Mars Reconnaissance Orbiter)

In qualche modo sembra una piramide, un po’ come quella che vedete nel seguente filmato:

Anche se non sembra proprio che ci siano davvero strutture aliene costruite sulla sua superficie, Marte nasconde ancora molti misteri. Ricordiamo su Marte ci sono i più grandi vulcani del Sistema Solare e anche il più grande Canyon conosciuto. Marte è più piccolo della Terra, ma la sua superficie è pari a quella delle terre emerse del nostro pianeta. Esiste una meteorologia, esistono i “dust devil” e le tempeste di sabbia giganti. Possiede calotte polari costituite da una miscela d’acqua e di anidride carbonica. Non sono ci sono tracce inequivocabili del fatto che acqua liquida scorreva sulla sua superficie in un lontano passato, ma sembra che questa cosa possa succedere anche nel presente. Una ricerca cerca di stabilire una cosa importantissima: è mai esistita vita a livello microscopico su Marte (o forse esiste ancora)? E’ ciò che cercherà di stabilire una sonda che arriverà sul pianeta nel mese di agosto del 2012. Si tratta del Mars Science Laboratory (chiamato più brevemente Curiosity). La durata della missione è prevista in almeno un anno marziano (circa 2 anni terrestri) e lo scopo sarà quello di investigare sulla passata e presente capacità di Marte di sostenere la vita.

rover Curiosity

(il rover della sonda Curiosity)

Beh, se la risposta sarà positiva, potremmo andare ad abitare lì, un giorno!

(Fonte: http://www.mentalfloss.com/blogs/archives/116191)


martedì 7 febbraio 2012

The planets – i pianeti di Gustav Holst

VChi ama l’astronomia e nello stesso tempo ama la musica classica, non può non avere ascoltato almeno una volta questa famosa opera musicale dedicata ai pianeti. Si tratta di “The Planets” (i pianeti) del compositore inglese Gustav Holst. In realtà l’opera The Planets non è ispirata da concetti astronomici, ma da considerazioni astrologiche. Holst era molto influenzato da un astrologo del diciannovesimo secolo che si chiamava Raphael.

Anche se non possiamo assolutamente credere all’astrologia, crediamo comunque nel talento compositivo di Gustav Holst. Così vi presento questa opera meravigliosa divisa, ovviamente, in 7 parti, cioè quanti sono i pianeti fino a Nettuno.

Una curiosità. John Williams si ispirò al brano Mars per la colonna sonora del film Guerre Stellari.

La prima di queste parti si intitola Mars, the Bringer of War. Durante l’ascolto si noti la notevole somiglianza con alcuni passaggi della colonna sonora di Guerre Stellari. Come scritto prima, in effetti Mars su fonte di ispirazione per John Williams per la composizione della colonna sonora di famosi film di fantascienza.

 

La seconda parte è Venus, the Bringer of Peace, qui diretta da Eugene Ormandy con la Philadelphia Orchestra nel 1975. Buon ascolto.

 

La terza parte si intitola Jupiter, the Bringer of Jollity. Anche qui il brano è diretto da Eugene Ormandy con la Philadelphia Orchestra nel 1975. Buon ascolto.

 

La quarta parte è Saturn, the Bringer of Old Age. In questo caso dirige Sir Charles Mackerras con la BBC Philharmonic orchestra. Buon ascolto del brano più vivace e e divertente di tutta l’opera.

 


Il quinto brano di questa affascinante opera si intitola Uranus, the Magician. Anche in questo caso dirige Sir Charles Mackerras con la BBC Philharmonic orchestra. Si noti che questo brano è stato usato nel film Fantasia (1940) di Walt Disney nella famosa scena in cui topolino è un mago pasticcione. Buon ascolto.

 

Siamo arrivati al sesto brano che si intitola Neptune, the Mystic. Come al solito dirige Sir Charles Mackerras con la BBC Philharmonic orchestra. Buon ascolto.

 

La settima e ultima parte si intitola Mercury, the Winged Messenger. Anche per questo brano dirige Sir Charles Mackerras con la BBC Philharmonic orchestra. Buon ascolto.

Se siete arrivati a questo punto dell’ascolto significa che quest’opera vi ha veramente affascinati. Ne sono molto contento perché ascoltare buona musica fa sempre bene Sorriso. Ci vediamo al mio prossimo post dedicato alla musica.


lunedì 6 febbraio 2012

La tela del ragno. Perché è così resistente?

Sappiamo bene che la tela di un ragno è straordinariamente resistente. Ci chiediamo come fa un filo così sottile ad essere così robusto. Alcuni scienziati hanno studiato la struttura delle ragnatele e hanno capito, da un punto di vista matematico, perché la tela del ragno possiede tali caratteristiche di incredibile resistenza. In questo modo sarà possibile sfruttare la conoscenze acquisite per ottenere dei materiali che presentano lo stesso tipo di caratteristiche.

Nel seguente filmato possiamo vedere un servizio di TG Leonardo che ci spiega cosa hanno fatto alcuni ricercatori per comprendere perché la tela del ragno è così resistente.

Buona visione a tutti.


domenica 5 febbraio 2012

I fluidi non newtoniani (video)

Cosa sono i fluidi non newtoniani? Lo chiediamo al professore Davide Cassi, docente di Fisica della Materia presso l’Università di Parma. Ci mostra alcune proprietà molto interessanti di quelli che vengono chiamati fluidi non newtoniani.

Questo tipo di fluidi hanno la proprietà di avere una notevole consistenza se colpiti con violenza, come se fossero dei solidi, ma se vengono toccati delicatamente conservano una consistenza liquida. Le applicazioni pratiche di questi materiali sono molto interessanti perché possono trovare impiego in tutti quei casi in cui serve un assorbimento degli urti.

Perché si chiamano “non newtoniani”? Perché il loro comportamento dipende dall’intensità della forza applicata, più la forza è intensa e più reagiscono come se fossero solidi.

Un esempio di fluido non newtoniano molto semplice da realizzare anche a casa è quello ottenuto con una combinazione di acqua e amido di mais. Nel filmato si mostrano alcune applicazioni dei fluidi non newtoniani. Guardate almeno fino al minuto 6:18, in cui si può vedere come è possibile camminare sulla superficie liquida di un fluido non newtoniano senza sprofondare, purché il passo sia abbastanza rapido. Se si cammina lentamente si sprofonda rapidamente.

Buona visione del video.


sabato 4 febbraio 2012

Italia al gelo. Quali sono le cause?

Per molti è sufficiente affacciarsi dalla finestra per vedere la neve, qualcun altro (come me che abito in Sicilia) resta stupito dalle immagini televisive e sul web del gelo che in queste ore attanaglia l’intero centro-Italia. Ma quali sono le cause di tutto questo freddo? E’ davvero un evento così raro come si crede?

In realtà è l’intera Europa dell’Est ad essere colpita da freddo intenso e nevicate che creano grossi problemi ai trasporti. Questo perché queste zone geografiche sono direttamente influenzate dalle correnti fredde provenienti dalla Siberia. Tali correnti fredde possono giungere fino a lambire la nostra Penisola. Questo fenomeno non è realmente rarissimo, perché è già successo nel 1956 e nel 1985, ma con fenomeni molto più intensi di quelli che stiamo vivendo adesso.

Per molti il freddo di questi giorni sarebbe una palese confutazione dell’evidenza osservativa del famoso riscaldamento globale. Anzi, si sente qualcuno che afferma che ci stiamo avvicinando ad una nuova era glaciale. In realtà il riscaldamento globale esiste davvero e ormai è stato misurato in maniera sicura. Il freddo occasionale che può capitare in alcuni periodi dell’inverno è solo una normale fluttuazione di un trend di temperature che invece è costantemente in salita in tutto il mondo. Il riscaldamento globale da cosa è causato? Ci sono molte ipotesi per spiegarlo, come l’influenza dell’attività solare o anche dei raggi cosmici. L’ipotesi più logica e più ragionevole è che il riscaldamento globale è causato dall’uomo con le sue attività inquinanti e di distruzione delle foreste.

L’uomo ha creato ampie variazioni climatiche sin dalla preistoria in regioni geografiche più o meno vaste, con azioni di disboscamento e di sfruttamento delle risorse agricole. Con l’industrializzazione per la prima volta si sta creando un cambiamento climatico in tutto il mondo. Se il risultato di tale cambiamento climatico avrà gli stessi esiti di quelli, seppur locali, del passato, non è il caso di restare con le mani in mano… Bisogna impegnarsi in tutti i modi per diminuire le emissioni inquinanti, il disboscamento di vaste aree della Terra, la desertificazione dovuta ad errato sfruttamento agricolo.

Nel frattempo guardiamoci questo servizio, a cura di Tg Leonardo, dedicato alle cause del gelo che in questo momento attanaglia la nostra Penisola. Buona visione a tutti.


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venerdì 3 febbraio 2012

Quanto è alto il K2?

Il K2 è la vetta più alta (8616 metri) della catena montuosa del Karakorum al confine tra il Kashmir pakistano e la Cina. Il K2, dopo l’Everest, è il monte più elevato della Terra e domina da nord il ghiacciaio del Baltoro, in una regione impervia in cui è difficile addentrarsi.

Agli inizi del Novecento partirono le prime spedizioni intenzionate a scalare il K2. Nel 1909 il gruppo guidato dal Duca degli Abruzzi riuscì a risalire lo sperone a sudest, che prese così il nome di Sperone Abruzzi; da allora si susseguirono diversi tentativi, fra cui le tre spedizioni americane fra il 1938 e il 1953, che non riuscirono però a portare a termine l’impresa.

Solo il 31 luglio 1954 la spedizione italiana organizzata dal CAI (Club Alpino Italiano) e guidata da Ardito Desio, riuscì nell’intento; Achille Compagnoni e Lino Lacedelli riuscirono a conquistare la vetta del K2 percorrendo gli ultimi tratti senza l’aiuto dei respiratori a ossigeno.

Per indicare il K2 si utilizza spesso anche il nome Godwin Austen, in onore dell’esploratore inglese che per primo riuscì a misurarne l’altezza.

Nella seguente playlist di YouTube possiamo vedere un documentario che racconta la conquista italiana del K2. Buona visione a tutti.


giovedì 2 febbraio 2012

Posto fisso, che monotonia! Tutti contro Monti.

Di solito non scrivo molti post di politica, ma dopo l’affermazione del Presidente del Consiglio Monti (ha detto che il posto fisso è monotono) anche io ho deciso di buttare giù due righe. Come al solito, però, quando faccio qualcosa del genere, la mia opinione è un po’ controcorrente.

Comincio col dire che Monti ha perfettamente ragione. Il posto fisso è qualcosa di realmente obsoleto nel nostro mondo di internet e dalla tecnologia in continua evoluzione. I tempi cambiano e ormai le rivoluzioni si susseguono in periodi molto più brevi di una vita umana. E’ davvero molto difficile fare sempre lo stesso lavoro per 40 e più anni di seguito. Anche in Italia ci dovremo adeguare a questo nuovo modo di vivere la società.

La cosa che fa storcere il naso ai più è che in Italia trovare uno straccio di lavoro è davvero difficile, se non impossibile. Solo quelli che hanno “amicizie” lo trovano subito e senza sforzo, gli altri restano a secco per anni e anni.

Se in Italia non ci si rende conto che il lavoro non può essere considerato più un “favore” ma è un “diritto”, la civiltà continuerà ad evolversi senza di noi… quindi non resteremo solo indietro, ma potremmo non restare affatto in piedi.

Un’altra critica che è stata mossa a Monti dopo questa affermazione suona così: “ma se non c’è il posto fisso, le banche non ci concedono il mutuo”. Anche le banche quindi dovranno “calare le corna” e concedere mutui e prestiti a chi non ha il posto fisso, altrimenti non ha senso che il mondo del lavoro si evolva in un certo modo.

Stavolta non siamo noi che dobbiamo svegliarci per assecondare il progresso (io lo farei volentieri), ma sono tutte quelle strutture di contorno che hanno il controllo del lavoro.

Speriamo che si sveglino presto, altrimenti per l’Italia sarà davvero un lungo sonno… In ogni caso Monti ha perfettamente ragione, spero che lo abbia capito anche lui!


Imparare Photoshop (video guida)

Come si può imparare a usare Photoshop? Photoshop, come molti di voi già sapranno, è un potente software di fotoritocco. E’ un software di livello professionale, ma le sue funzioni di base sono facili da usare anche per chi non è un esperto. Quindi imparare ad usarlo non è difficile per nessuno, purché non si pretenda di saper fare cose mirabolanti.

Ovviamente, prima di mettere mano a Photoshop sarebbe il caso di avere almeno letto una guida. Su internet si possono trovare moltissime guide, più o meno semplici. Si possono acquistare anche diversi libri sull’argomento oppure partecipare ad un corso. Io credo che, in ogni caso, la migliore guida è l’esperienza diretta. Si provano, ad una ad una, tutte le funzioni possibili e si vede se si raggiunge il risultato desiderato. In questo modo non si diventa dei veri esperti di Photoshop, ma almeno si possono fare molte cose interessanti, sufficienti per i “tipici” usi di Photoshop.

Un punto di partenza ci deve sempre essere, ma partire bene è importante, perché se si ha una impostazione di lavoro errata, si finisce sempre con il lavorare male e si riescono a fare sempre e solo le solite cose.

Per i meno esperti Photoshop offre anche numerose funzioni automatiche che permettono di portare a termine altrettanti semplici compiti. Un esempio tipico è quando si scannerizza una foto antica, ingiallita e si cerca di “restaurarla”. Photoshop è il software perfetto per fare una cosa del genere. Un altro problema classico che si verifica utilizzando le fotocamere digitali durante riprese dentro casa è quello degli “occhi rossi”. Fotografie, altrimenti riuscitissime, vengono rovinate dal fatto che tutti i soggetti umani nella foto sembrano dei vampiri! Photoshop permette con facilità di correggere il problema con un unico passaggio.

La funzione secondo me più utile che offre Photoshop e la funzione dei “livelli”. Ogni immagine con Photoshop può essere organizzata come se fosse costituita da una sorta di “lucidi” sovrapposti e indipendenti. Possiamo scambiare l’ordine dei livelli e la loro opacità. Se vogliamo fare un lavoro “pulito” possiamo creare un livello per ogni “disegnino” o modifica che facciamo. Poiché i livelli sono indipendenti, se facciamo un errore, la abbiamo fatto solo in quel livello e il resto dell’immagine non viene “rovinata”. Alla fine del lavoro, eventualmente, i livelli si possono unire tra loro. Fare buon uso dei livelli è già un buon inizio per capire la logica di uso di Photoshop.

Nel seguente filmato possiamo vedere come utilizzare le funzioni di Photoshop che ho elencato prima e cioè:

1) contrasto, luminosità e colore automatici (per migliorare foto vecchie e ingiallite);

2) correzione occhi rossi;

3) uso elementare dei livelli.

E’ una breve guida (il video dura solo 16 minuti) molto chiara e vi invito a seguirla con attenzione perché può essere un ottimo punto di partenza per imparare ad usare Photoshop. Buona visione a tutti.


lunedì 30 gennaio 2012

Teorema di Lagrange o del valore medio

Se f(x) è una funzione continua nell’intervallo chiuso [a, b] e derivabile in (a, b), allora esiste almeno un punto c interno ad [a, b] tale che risulti:

Dimostrazione.

A tale scopo, scriviamo la funzione ausiliaria:

g(x) = f(x) + kx

dove k è una costante che determineremo in modo che la funzione g(x) verifichi la terza condizione del teorema di Rolle, cioè:

g(a) = g(b)

ossia:

f(a) + ka = f(b) + kb

da cui:

                (1) 

Ora la g(x), ove si tengano presenti le ipotesi fatte sulla f(x), è continua nell’intervallo chiuso [a, b] e derivabile in (a, b), perché somma di funzioni continue in [a, b] e derivabili in (a, b).

Possiamo perciò applicare alla funzione g(x), nell’intervallo [a, b], il teorema di Rolle. Esiste quindi un punto c interno ad [a, b] per il quale è:

g’(c) = f’(c) + k = 0

cioè:

f’(c) = -k

da cui, tenendo presente il valore di k dato dalla relazione (1), si ottiene:

 

Geometricamente il teorema di Lagrange si interpreta dicendo:

Se un arco di curva continua è dotato di tangente in ogni suo punto, esclusi al più gli estremi, esiste almeno un punto interno all’arco nel quale la tangente è parallela alla corda che congiunge i punti estremi dell’arco.

Nell’immagine sotto possiamo vedere quanto enunciato:

Infatti la tangente nel punto c (in viola) è parallela alla corda ab (in verde) che congiunge gli estremi dell’arco di curva (in rosso).

La dimostrazione del teorema fu data da Lagrange nel 1801, che lo considerava tuttavia un corollario della formula di Taylor. La deduzione del teorema di Rolle sembra sia stata fatta per primo da Bonnet (intorno al 1850).


domenica 29 gennaio 2012

La rifrazione

La rifrazione. La direzione di propagazione di un’onda in un mezzo tridimensionale può variare essenzialmente in tre modi diversi: per riflessione, per rifrazione e per diffrazione. Quando un’onda raggiunge la superficie di separazione tra due mezzi, in generale una parte viene riflessa a ritorna nel primo mezzo, l’altra si trasmette nel secondo, e si può dimostrare che, se l’angolo di incidenza è diverso la 90°, la velocità di propagazione dell’onda riflessa non varia ma la componente normale alla superficie di separazione di tale velocità inverte la sua direzione.

La direzione di propagazione dell’onda trasmessa inoltre generalmente è diversa da quella dell’onda incidente.

In questo filmato possiamo vedere in maniera molto chiara, con esempi pratici, quanto detto finora. In particolare si mostra il comportamento della luce quando passa dall’aria al vetro e dall’aria all’acqua (e viceversa). Il classico esempio che viene quasi sempre citato è quello del bastoncino immerso nell’acqua che appare “deviato”. Viene mostrato anche il fenomeno della riflessione totale interna che permette alla luce di viaggiare attraverso un percorso incurvato e che è il principio su cui si basano le fibre ottiche, che sono molto importanti per le telecomunicazioni. Vedrete anche come un raggio laser può percorrere un flusso d’acqua, un fenomeno tanto spettacolare quanto curioso.

Il filmato sulla rifrazione che vi presento è stato realizzato a cura di Rai Edu1. Buona visione a tutti.


Space X Starship: il nuovo tentativo di lancio del 18 novembre 2023.

Vediamo un frammento della diretta del lancio dello Starship del 18 noembre 2023. Il Booster 9, il primo stadio del razzo, esplode poco dopo...