venerdì 23 aprile 2010

Come dare il nome ad un vulcano!

 

Questa vignetta ironizza sul nome praticamente impronunciabile del vulcano che in questi giorni è ancora in eruzione in Islanda: Eyjafjallajokull. Nella vignetta un’ipotesi di come gli sia stato assegnato un nome simile ;-)

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giovedì 22 aprile 2010

Dipendenza dal sesso. Servizio delle Iene

 

In questo servizio delle Iene, andato in onda il 27 ottobre 2009, si parla di dipendenza dal sesso. Viene intervistato lo psicologo Cesare Guerreschi e vengono sentite alcune testimonianze di un uomo e di una donna che raccontano della propria dipendenza. La dipendenza dal sesso è uno dei mali psicologici più diffusi, dato che solo in Italia si stima che ne soffrano ben un milione e mezzo di persone!

Buona visione.

Spettacolari immagini del Sole riprese da un nuovo satellite della NASA

 

Il nuovo satellite della NASA, chiamato SDO (Solar Dynamics Observatory), ha ripreso delle spettacolari immagini del nostro Sole. Potremmo dire che il Sole non si era mai visto così! Nel filmato che vi presento è stata inquadrata una “protuberanza” solare, cioè una emissione di caldissimo plasma solare. Lo stupendo filmato è stato realizzato mediante lo strumento AIA (Atmosferic Imaging Assembly) montato a bordo di SDO. Le immagini si riferiscono alla radiazione a 304 ångström, corrispondente alla riga di emissione nell’ultravioletto dovuta all’Elio ionizzato, che corrisponde ad una temperatura di circa 50000 gradi.

 

Questo secondo filmato invece ci mostra l’aspetto del Sole a 7 diverse lunghezze d’onda della radiazione emessa. Ogni lunghezza d’onda corrisponde all’emissione ad una diversa temperatura.

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mercoledì 21 aprile 2010

States of matter: gli stati della materia

 

In questo filmato (in inglese) sono descritti brevemente i quattro stati della materia: solido, liquido, gassoso e plasma.

La nebulosa “zampa di gatto”: una meravigliosa immagine a largo campo

 

Le nebulose diventano famose quando la loro forma può essere identificata con una forma familiare, così come i gatti sono famosi per il loro riuscire sempre a mettersi nei guai. Però nessun gatto avrebbe potuto creare un’impronta così grande come quella che vediamo in questa foto. La Nebulosa Zampa di Gatto si trova nella costellazione dello Scorpione a 5500 anni luce di distanza ed è una nebulosa ad emissione. Catalogata come NGC 6334, ha dato la nascita, alcuni milioni di anni fa, a stelle che hanno una massa di oltre dieci volte la massa del Sole. In questa stupenda immagine possiamo vedere la Nebulosa Zampa di Gatto in una ripresa a largo campo.

(clicca sull’immagine per vederla ingrandita)

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martedì 20 aprile 2010

Turbina eolica realizzata con due ruote di bicicletta

 

Una delle caratteristiche più importanti che deve avere un autocostruttore, qualsiasi cosa voglia autocostruire, è l’inventiva e la capacità di riciclare materiali vecchi. Anche coloro che si dedicano all’autocostruzione di turbine eoliche riescono a realizzare cose davvero pregevoli. In questo caso vediamo una turbina eolica (anzi due) realizzata facendo uso di due vecchie ruote di bicicletta.

Guardate come girano bene! ;-)

Turbina eolica ad asse verticale con “paraboloidi iperbolici”

 

Questa interessante turbina eolica ad asse verticale è stata realizzata a Latina da M.V. Rahimi. Il profilo alare della turbina eolica è basato sul paraboloide iperbolico (vedi immagine).

Nel filmato possiamo vedere la turbina in azione con diverse intensità del vento.

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lunedì 19 aprile 2010

I fulmini del vulcano in Islanda

 

Il vulcano in eruzione in Islanda, in corrispondenza del ghiacciaio Eyjafjallajokull, non sta creando solo fastidiose nubi di cenere e pericoli di cambiamento climatico, ma sta dando anche spettacolo.

In questa spettacolare foto possiamo ammirare dei potentissimi fulmini che illuminano i vapori e le ceneri emesse dal vulcano. Il meccanismo di generazione di fulmini durante le eruzioni vulcaniche non è ancora stato spiegato in maniera soddisfacente, ma pare che sia dovuto all'elettricità statica che si accumula dallo sfregamento delle polveri nell'aria.

Modello standard, la teoria delle stringhe e le sfere celesti

 

Una delle caratteristiche della mente umana è che ha la tendenza a cercare delle simmetrie e delle regolarità nel mondo che ci circonda. L’uomo, sin dalle epoche più antiche, ha compreso che il movimento delle stelle, della Luna, del Sole, il susseguirsi delle stagioni, sono dei fenomeni che si presentano secondo una regolarità ciclica che può portare anche a delle previsioni. In definitiva avevano già capito che è possibile crearsi un “modello” della realtà. Da allora questo modo di pensare non è più tramontato e l’uomo si è costruito dei modelli sempre più complessi e raffinati per spiegare i fenomeni della realtà.

Non sempre questi modelli però si sono dimostrati perfettamente aderenti alla realtà. Uno degli esempi più interessanti che ci mostra come nel modellizzare la realtà sia possibile prendere facilmente “lucciole per lanterne” è quello delle “sfere celesti”.

 

Le sfere celesti di Eudosso e di Aristotele

Gli antichi greci tentarono di escogitare un modello che spiegasse il moto circolare dei pianeti ed è affascinante vedere come ottennero questo risultato. Pensarono che il principio su cui si basava il loro movimento fosse la “simmetria”. Non è possibile infatti pensare che l’universo sia privo di leggi e non è possibile nemmeno pensare che queste leggi siano arbitrarie e lontane dalla “perfezione”. I greci quindi pensarono che il moto dei pianeti fosse perfettamente circolare e che i corpi celesti fossero incastonati su delle sfere cristalline. Si trattava di un modello geometrico perfettamente in accordo con la filosofia di Platone, che indicava nella sfera l’esempio più alto di simmetria. Eudosso di Cnido fu il fautore di questo modello che in realtà era molto complesso. Per spiegare tutti i tipi di movimenti che presentavano i pianeti, come il moto retrogrado e l’inclinazione delle orbite rispetto a quella terrestre, Eudosso aveva escogitato un complesso sistema di sfere in cui i corpi celesti (che ruotavano tutti attorno alla Terra) possedevano tre sfere ciascuno e che erano legate fra loro da vincoli di rotazione. Esisteva una sfera interna in cui era fissato il corpo celeste e questa sfera poteva ruotare su se stessa attorno ad un asse vincolato ad una seconda sfera più esterna la quale a sua volta aveva l’asse vincolato a ruotare rispetto ad una terza sfera ancora più esterna!

Il “moto retrogrado” di Marte visto dalla Terra.

I moti che ne derivavano erano in buon accordo con “quasi” tutti i moti reali dei corpi celesti. Il problema è che man mano che si scoprivano nuovi dettagli sul moto dei pianeti era necessario aggiungere altre sfere, rendendo il modello sempre più complesso. La situazione si aggravò ancora di più quando Aristotele accettò il modello di Eudosso pensando però che le sfere fossero realtà fisiche! Eudosso non aveva mai detto né pensato una cosa simile, le sfere per lui erano sono una costruzione geometrica. A causa di questa sua convinzione, Aristotele fu costretto letteralmente a fare i “salti mortali” per combinare i gruppi separati di sfere in un complicato sistema meccanico che per funzionare a dovere richiedeva la presenza di ben 50 sfere!

Questo modello, come dicevo prima, spiegava “quasi” tutti i problemi posti dall’osservazione dei moti reali dei corpi celesti, ma ce n’era uno che non riusciva assolutamente spiegare e cioè le variazioni di luminosità dei pianeti nel corso delle loro orbite. Apollonio di Perga fu il primo a trovare una soluzione. Si trattava di una variante del modello delle sfere celesti in cui apparivano i cosiddetti epiciclo e deferente.

Con epiciclo si indica una circonferenza il cui centro è collocato sulla circonferenza di un cerchio di raggio maggiore detto deferente. Il modello di “universo” che si otteneva in questo modo è ben rappresentato (anche se non in scala) in questo filmato:

Come avete visto i pianeti si muovevano in orbite circolari (deferente) attorno alla Terra e nello stesso tempo percorrevano una piccola orbita (epiciclo) con centro nella circonferenza più grande.

Questo modello rendeva conto sia del moto retrogrado, sia della variazione di luminosità (i pianeti si avvicinano e si allontanano continuamente dalla Terra).

La teoria di Apollonio fu adottata pienamente da Claudio Tolomeo nel secondo secolo d.C che ne trovò piena conferma sperimentale nelle osservazioni dell’astronomo Ipparco di Nicea.

Tutti questi modelli furono superati da Keplero che cambiò prospettiva in maniera radicale. Innanzitutto mise il Sole al centro e mostrò che le orbite planetarie non erano circolari, bensì ellittiche. Questo atteggiamento dimostrò come ciò che noi interpretiamo come simmetrie o regolarità spesso non sono altro che i nostri “preconcetti” di simmetria e regolarità!

Potremmo dire che ci mettiamo a pensare come se fossimo Dio, ma Dio non pensa come pensiamo noi!

Tutte le idee di perfezione celeste, simmetria della sfera, centralità della Terra, pesantemente suggerite da idee filosofiche e religiose, sono crollate di fronte all’evidenza di una fenomenologia che i modelli non potevano spiegare. Però, quanto tempo è passato cercando in tutti i modi di “salvare” i modelli, arrampicandosi sugli specchi per “fare quadrare” la teoria con le osservazioni? Moltissimo tempo, e per tutto questo tempo la conoscenza scientifica ebbe un ristagno, almeno nel campo della conoscenza dell’Universo (in altri campi possibilmente avrà avuto ampi progressi).

 

Attualmente stiamo vivendo in un periodo di ristagno?

Sembra quasi impossibile pensare che la fisica stia vivendo oggi un periodo di assenza di nuove idee e di nuove scoperte, ma se osserviamo bene la situazione odierna in fondo è proprio questa. All’inizio del secolo scorso la Teoria della Relatività e la Meccanica quantistica diedero un immenso impulso al progresso scientifico, cambiando in maniera radicale e definitiva la nostra visione dell’Universo. Il mondo, con queste teorie, ha perso il tempo e lo spazio assoluti e anche il determinismo. Non è stata una rivoluzione da poco, ma ha richiesto pochi anni per compiersi. Da allora non c’è stata più una rivoluzione del genere, si è trattato solo di un continuo perfezionamento e di verifica delle previsioni teoriche di quei modelli. In effetti come modelli si sono comportati bene, o per meglio dire, “quasi” bene. Ma quel “quasi” l’ho usato anche quando ho parlato del modello delle sfere celesti, vi ricordate?

 

Il Modello Standard

Il Modello Standard è una teoria che descrive le particelle elementari e tre delle quattro forze fondamentali della Natura (la forza forte, quella debole e quella elettromagnetica). Si tratta di una teoria che è coerente sia con la relatività che con la meccanica quantistica. Senza entrare nei dettagli tecnici del Modello Standard, vi faccio vedere soprattutto una cosa: la lagrangiana del Modello Standard (la lagrangiana è l’equazione che descrive il moto del sistema fisico):

Lagrangiana Modello Standard

Se non vi è sembrata abbastanza complicata, allora vi dico subito che in realtà è ancora più complicata di come sembra in questa formula! :-)

Partiamo dal fatto che il Modello Standard divide le particelle subatomiche in due grandi categorie:

1) Particelle che costituiscono la materia. Questa categoria comprende i quark e i leptoni. I leptoni si dividono in leptoni carichi e neutrini.

2) Particelle mediatrici delle forze. Sono il fotone, le particelle W+ e W-, il bosone Z e i gluoni.

Tutta la materia ordinaria che osserviamo nel mondo macroscopico è costituita da quark e leptoni: è infatti costituita da atomi che sono a loro volta composti da un nucleo ed uno o più elettroni, che sono i più leggeri tra i leptoni carichi. Il nucleo è costituito a sua volta da protoni e neutroni che sono composti ciascuno da tre quark.

Nella tabella vediamo che sono stati classificati 6 quark (le caselle viola) e 6 leptoni (caselle verdi). Le 4 particelle nelle caselle azzurre invece sono i bosoni, cioè le particelle mediatrici delle forze. Nelle prime tre colonne sono state rappresentate le tre “generazioni” della materia. La materia del nostro Universo appare formata quasi esclusivamente dalle particelle di “prima generazione”, cioè dal quark up, quark down, neutrino elettronico ed elettrone. Per quanto riguarda la materia costituente dell’Universo c’è però un grosso problema, ma ne parlerò dopo. Per adesso vi dico solo che per ciascuna particella di materia ne esiste una corrispondente di antimateria, quindi esistono anche 6 antiquark e 6 antileptoni.

Anche se il Modello standard ha avuto un grosso successo nello spiegare i risultati sperimentali, esso non è mai stato accettato come una teoria completa della fisica fondamentale, a causa della sua incompletezza in particolare nei seguenti punti:

1) Il modello contiene ben 19 parametri liberi, come le masse delle particelle, che devono essere determinati sperimentalmente (più altri 9 parametri per le masse dei neutrini), ma tutte queste masse non possono essere calcolate indipendentemente l'una dall'altra, quindi deve esistere fra loro una qualche relazione non prevista dal modello.
2) Il modello non riesce ad inglobare la forza gravitazionale.
3) Come avevo accennato prima riguardo alla materia che si trova nell’Universo, il modello non riesce a prevedere l'esistenza della materia oscura che costituisce gran parte della materia esistente nell'Universo.

Per superare queste difficoltà sono stati proposti numerosi modelli alternativi, come le teorie di Grande Unificazione, ma in molti casi finivano per sollevare più problemi di quelli che erano in grado di risolvere. La teoria della supersimmetria invece propone un compagno supersimmetrico massiccio per ogni particella del Modello standard convenzionale. La supersimmetria prevede l'esistenza di particelle stabili pesanti che hanno interazioni debolissime con la materia ordinaria. Queste particelle sono state candidate a spiegare la cosiddetta materia oscura dell'universo. Tuttavia tali particelle non sono state ancora osservate.

 

Il bosone di Higgs (più noto come “la particella di Dio”)

Il bosone di Higgs è forse una delle particelle più famose degli ultimi anni. Questa particella, non ancora osservata, fu introdotta per ovviare ad un difetto del Modello Standard e cioè che nel modello le masse delle particelle non vengono fuori dalle equazioni, ma occorre determinarle sperimentalmente. Il bosone di Higgs risolve parzialmente questo problema in quanto spiega “perché” le particelle hanno massa, ma non ci spiega ancora perché le masse sono proprio “quelle” osservate. La conferma sperimentale dell’esistenza del bosone di Higgs è molto attesa negli esperimenti futuri dell’LHC.

Una foto di una parte dell’acceleratore LHC.

 

La Teoria delle Stringhe

Nel tentativo di superare i problemi del Modello Standard, nei primi anni ‘70 del secolo scorso fu proposta la Teoria delle Stringhe. La Teoria delle Stringhe è un modello fisico i cui costituenti fondamentali sono oggetti ad una dimensione (le stringhe) invece che di dimensione nulla (i punti) caratteristici della fisica anteriore alla teoria delle stringhe. Per questa ragione le teorie di stringa sono capaci di evitare i problemi di una teoria fisica connessi alla presenza di particelle puntiformi. Tuttavia questo modello, del tutto rivoluzionario, solleva alcuni problemi che potrebbero risultare insolubili in tempi ragionevoli. Infatti il modello richiederebbe l’esistenza di svariate “dimensioni spaziali” oltre la terza. A seconda del tipo di Teoria delle Stringhe (ce ne sono vari tipi), occorre ipotizzare un numero di dimensioni spaziali che varia da 10 fino ad addirittura 26! Il problema è che queste dimensioni dovrebbero essere “compattate” fino a scale microscopiche che sono lontanissime dal poter essere osservate dagli strumenti attuali.

Proiezione in 3D di dimensioni “compattate” della Teoria delle Stringhe.

Le Teorie delle Stringhe (il plurale è voluto) sono dei modelli che richiedono una trattazione matematica molto complessa ed elegante, ma hanno un difetto molto grave: con i mezzi attuali non possono essere sottoposte a verifica sperimentale. Insomma, potrebbero funzionare, ma non lo possiamo dimostrare.

 

Conclusione

L’impressione generale, leggendo queste brevi descrizioni, è che i modelli che cercano di spiegare le interazioni tra particelle e le interazioni fondamentali della natura siano delle ipotesi molto “ad hoc” che spiegano tanti fenomeni, ma non tutti e non sempre in maniera soddisfacente. Si tratta solo di fare alcuni “aggiustamenti”, oppure stiamo sbagliando “prospettiva”?

Le simmetrie che vengono considerate tali nei modelli sono proprio quelle che la Natura ci ha messo sotto gli occhi? Le sfere, le orbite circolari e la centralità della Terra del modello delle Sfere Celesti furono sostituite dalle orbite ellittiche e dalla centralità del Sole. Forse dovremmo cercare di fare qualcosa del genere?

Forse le simmetrie dei Gruppi che governano il Modello Standard in realtà sono fittizie, e al loro posto ci sono altre simmetrie descritte da altri metodi matematici che ancora nessuno ha pensato di “collegare” alla realtà fisica.

Non ci resta altro che fare di tutto per liberarci dai nostri preconcetti e sperare di avere una visione del mondo che risponda il più possibile a ciò che noi di solito definiamo realtà.

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domenica 18 aprile 2010

Onde trasversali e onde longitudinali

 

Un’onda che si forma muovendo l’estremità di una lunga molla è un esempio di onda elastica. Essa si chiama così perché si propaga grazie alle proprietà elastiche del mezzo materiale in cui ha origine.

Onda trasversale. Un’onda elastica si può generare spostando alcune spire di una molla in direzione perpendicolare rispetto alla molla stessa. Per esempio, possiamo spostare una delle prime spire per poi rilasciarla: accade così che le spire contigue, sollecitate dalla prima, si mettano anch’esse in movimento, spostandosi trasversalmente rispetto alla direzione di propagazione dell’onda. Il processo poi continua, consentendo all’onda di investire spire sempre più lontane.

Onda longitudinale. E’ possibile perturbare la molla anche in un altro modo e cioè avvicinando e poi rilasciando alcune spire di una lunga molla. Si ha così una regione di spire compresse che si sposta lungo la molla, seguita da un’altra zona di spire rade: ciascuna spira, quando è investita dalla perturbazione, oscilla avanti e indietro, spostandosi nella stessa direzione di propagazione dell’onda.

Le onde elastiche non sono presenti solo nelle molle, ma si manifestano in molti sistemi diversi, come una corda tesa o in una sbarra flessibile. Anche i liquidi e i gas hanno proprietà elastiche, perché se vengono compressi reagiscono con una forza che è molto simile a quella esercitata da una molla compressa. Perciò le onde elastiche si possono formare, oltre che nei solidi, anche nei liquidi e nei gas.

Nel filmato possiamo vedere un esempio di propagazione di onde in una molla. In alto abbiamo una tipica onda trasversale, in basso vediamo un’onda longitudinale.

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Eruzione in Islanda. Potrebbe cambiare il clima?

 

Abbiamo visto quanti disagi sta creando il vulcano Eyjafjallajokull a causa delle emissioni di cenere. Gli aeroporti di mezza Europa sono stati chiusi. L’eruzione purtroppo potrebbe durare molti mesi, quindi i disagi non sono affatto finiti. Ma gli esperti affermano che potrebbe verificarsi una conseguenza a lungo termine ancora più grave e cioè un cambiamento del clima.

Eruzione in Islanda

Le ceneri vulcaniche infatti potrebbero giungere fino alla stratosfera dove potrebbero produrre un effetto schermante delle radiazioni solari con conseguente raffreddamento degli strati atmosferici più bassi.

I vulcani nel passato hanno già provocato nel passato alcuni significativi cambiamenti climatici. Di solito le conseguenze più appariscenti si rilevano nei due anni successivi all’eruzione. Nella storia sono un esempio l’eruzione del Tambora, nel 1815, e quella del Krakatoa nel 1883.

Cito, come esempio, un frammento del mio post sull’eruzione del vulcano Tambora (1815):

“Il 1816 (l’anno successivo all’eruzione) è ricordato come “l’anno senza estate” o “l’anno morto di freddo” ed ebbe conseguenze drammatiche per la scarsità dei raccolti soprattutto in Francia e nei paesi già provati dalla carestia provocata dalle guerre napoleoniche che si erano concluse nel 1815 con la sconfitta di Waterloo e l’esilio di Napoleone a Sant’Elena. La cosa singolare è che in Europa e negli Stati Uniti d’America, dove i danni provocati da quell’estate eccezionalmente fredda furono altrettanto gravi, non ci si rese conto del motivo di un così improvviso e radicale cambiamento di clima.”

Ci avviamo verso un periodo di freddo intenso simile ad una “mini era glaciale”? Per il momento è difficile fare previsioni, perché l’entità delle variazioni climatiche potrebbe dipendere da numerosi e complessi parametri.

Nel caso del vulcano Tambora o del Krakatoa o del più recente Pinatubo (1991), si trattò di vulcani esplosivi che lanciarono le ceneri fino a enormi altezze (oltre i 50 chilometri di altitudine sul livello del mare). Ciò favorì un più efficace spargimento delle polveri vulcaniche nell’atmosfera. Nel caso del vulcano Eyjafjallajokull invece ci troviamo di fronte ad un tipo di eruzione di tipo diverso. I vulcanologi hanno definito un “indice di esplosività vulcanica” chiamato VEI (Volcanic explosivity index) che varia tra 0 e 8. Misurando l’indice VEI per il vulcano Eyjafjallajokull si trova un valore tra 2 e 3, simile a quello delle eruzioni dell’Etna del 2002 e del 2003. L’eruzione del Tambora, per confronto, avrebbe avuto indice VEI uguale a 7, quella del Pinatuto indice compreso tra 5 e 6.

Secondo alcuni esperti quindi l’attuale eruzione in Islanda non dovrebbe causare stravolgimenti climatici significativi.

Nella preistoria invece abbiamo prove sicure di eruzioni vulcaniche che provocarono immensi mutamenti climatici ed estinzioni di massa. Ne è un esempio l’eruzione del vulcano Toba (avvenuta 70000 anni fa). Cito un frammento del mio post sul vulcano Toba:

“L'eruzione del Toba è classificata come una delle più violente conosciute, tanto che il Toba si è meritato la denominazione di "supervulcano". Gli effetti dell'eruzione furono tali da modificare il paesaggio locale e cambiare addirittura il clima mondiale. Così avvenne per l'eruzione del Toba. Dal cratere furono espulsi oltre mille chilometri cubi di ceneri e rocce. Una tale quantità di materiale potrebbe seppellire un'area pari a quella di un continente con uno strato dello spessore di diversi metri. La nube di cenere e gas arrivò fino alla stratosfera e da lì fu sparsa dai venti in tutta l'atmosfera terrestre causando una notte perenne che durò diversi mesi. Questo causò la morte di gran parte della flora e della fauna del pianeta. Anche per l'uomo le cose non andarono per niente bene. Si stima, che a causa del freddo e della carestia conseguenti alla notte perenne, riuscirono a sopravvivere solo poche migliaia di individui. La nostra specie attuale deriva da quei pochi antenati che ebbero la forza o la fortuna di sopravvivere. In pratica potremmo dire che l'umanità fu costretta a ricominciare dall'inizio.”

Lago Toba, vulcano Toba
Il lago Toba, la caldera residuo dell’eruzione del vulcano Toba, avvenuta 70000 anni fa

Eruzioni del genere avvengono in media una volta ogni 50000 anni e potrebbero rappresentare un vero rischio. La più disastrosa catastrofe vulcanica documentata invece fu quella avvenuta 250 milioni di anni fa e che causò l’estinzione di massa del periodo Permiano. Anche in questo caso cito un frammento del mio post sull’argomento:

“La più grande estinzione di massa del pianeta Terra non fu quella, famosa, che 65 milioni di anni fa, alla fine del periodo Cretaceo, determinò la scomparsa dei dinosauri, bensì quella che 250 milioni di anni fa, alla fine del periodo Permiano, vide il nostro pianeta spogliato della quasi totalità delle foreste. In questa grande estinzione scomparvero il 95% delle specie marine e il 70% delle specie terrestri.
Questo fu il risultato di una prolungata attività vulcanica che ebbe come centro l’attuale Siberia. Le eruzioni produssero piogge acide e assottigliarono lo strato di Ozono atmosferico permettendo ai raggi ultravioletti provenienti dal Sole di arrivare sulla superficie terrestre.”

L’attuale eruzione in corso in Islanda è solo un fuoco d’artificio in confronto a quelle antiche catastrofi.

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Space X Starship: il nuovo tentativo di lancio del 18 novembre 2023.

Vediamo un frammento della diretta del lancio dello Starship del 18 noembre 2023. Il Booster 9, il primo stadio del razzo, esplode poco dopo...