giovedì 30 giugno 2011

Lenti gravitazionali

 

Nello spazio vuoto un raggio luminoso si propaga in linea retta. La teoria della Relatività Generale, elaborata da Einstein nel 1916, prevede che i raggi luminosi siano deflessi dalla presenza delle masse. Questo effetto di deviazione dei raggi luminosi fu verificato già nel 1919. In tempi più recenti ci si è accorti che in alcuni massicci ammassi di galassie appaiono ampi archi luminosi che non sono altro che immensi effetti ottici chiamati “lenti gravitazionali”.

Questi archi luminosi sono dovuti al fatto che esiste qualche galassia che si trova prospetticamente “dietro” ad un’altra galassia. Quest’ultima, con la sua massa, deflette i raggi luminosi come se fosse una “lente” ottica. Si tratta appunto di una “lente gravitazionale”, perché la deflessione dei raggi luminosi avviene a causa della forza gravitazionale delle masse che si trovano nella direzione di propagazione dei raggi luminosi stessi.

In questo filmato (in inglese, durata 2 minuti e 37 secondi), possiamo vedere delle animazioni grafiche che spiegano in maniera semplice e chiara il fenomeno delle lenti gravitazionali.

Buona visione.


mercoledì 29 giugno 2011

Aggiornamento del Pagerank di Google

 

Nella giornata di ieri è avvenuto un aggiornamento del pagerank di Google. Nel caso del Potere della Fantasia questo è passato da un ottimo 4 ad un mediocre 2. La cosa non mi sconvolge più di tanto perché in giro si legge sempre più spesso che il pagerank è solo uno dei tantissimi parametri che determinano l’autorevolezza di un sito o di un blog e non è nemmeno il più importante. A questa diminuzione di pagerank non è seguita alcuna diminuzione del numero di visite, com’era prevedibile, se non una leggera flessione stagionale dovuta al fatto che gli argomenti scientifici sono meno cercati in estate.

Google pagerank

Per quanto riguarda gli altri blog che gestisco non ci sono variazioni apparenti tranne che per Solare Eolico (il mio blog dedicato alle energie alternative) che passa da 0 a 3. Anche in questo caso non ci sono variazioni apprezzabili del numero di visitatori; forse solo un leggero aumento, ma il blog è recente, quindi gli aumenti di traffico sono normali in questo caso.

A quanto pare è proprio vero che il pagerank non è più molto importante Sorriso


Il moto browniano

 

Nel 1827, il botanico Robert Brown osservò con un microscopio che un granello di polvere sospeso nell’acqua si muove velocemente a zig-zag, con un moto incessante e irregolare. Dal suo nome questo fenomeno è detto moto browniano.

Anche un granello di polvere nell’acqua, visto al microscopio, si muove in modo casuale e disordinato.

Moto browniano 1

 

Secondo Albert Einstein i granelli si muovono così, perché sono continuamente bombardati dalle molecole d’acqua.

Moto browniano 2

 

L’acqua è costituita da tantissime molecole che si trovano in uno stato continuo di agitazione: ogni molecola si muove qua e là in modo disordinato.

Nel modello che Einstein ha proposto nel 1905 le molecole d’acqua colpiscono molto spesso il granello di polline (1021 volte al secondo) e gli urti avvengono, in media, con la stessa frequenza e la stessa forza da tutte le direzioni. Però può succedere che, a un certo istante, siano più forti e più numerosi gli urti che provengono, per esempio, dall’alto: ciò spingerà il granello verso il basso. Ma subito dopo, potrà accadere la stessa cosa verso un’altra direzione. Così il granello è spinto ora da una parte e ora dall’altra e segue una traiettoria molto irregolare.

Le molecole d’acqua hanno un diametro di circa 10-10 m e sono quindi invisibili al microscopio ottico. Invece un granello di polline, che è circa 10000 volte più grande, può essere osservato al microscopio.

Il movimento del granello di polline (o di polvere) testimonia che l’acqua è composta da un numero enorme di “grani” invisibili dotati di un movimento continuo, veloce e disordinato.

Il moto browniano è responsabile di fenomeni che osserviamo comunemente.

Le particelle di fumo di una sigaretta si disperdono a causa degli urti con le molecole delle sostanze che costituiscono l’aria.

 

Nella diffusione dell’inchiostro nell’acqua sono bombardate dalle molecole d’acqua.

Diffusione inchiostro moto browniano

 

Sentiamo i profumi e gli odori perché le molecole che stimolano il nostro naso sono diffuse dai “grani” d’aria.


martedì 28 giugno 2011

Fare il bagno dopo mangiato: un mito da sfatare

 

Fare il bagno dopo mangiato fa male davvero? In realtà potrebbe fare male, ma solo nel caso in cui l’acqua abbia una temperatura troppo bassa rispetto a quella corporea o a quella ambiente, oppure che in acqua si facciano degli esercizi fisici molto pesanti. Le nuotate “folli” e la pallanuoto subito dopo mangiato quindi sono da evitare. Per quanto riguarda lo sbalzo di temperatura tra corpo e acqua basta entrare in acqua gradualmente, senza “tuffarsi”. Abituare piano piano il corpo alla bassa temperatura dell’acqua quindi aiuta a non incorrere in pericolose congestioni (blocco della digestione).

bagno dopo mangiato

Questo perché, secondo la spiegazione scientifica, il sangue si distribuisce nel corpo umano in modo diverso secondo le esigenze. Il sangue necessario agli organi addominali durante la digestione, perciò, se si nuota viene dirottato ai muscoli in movimento e al tessuto sottocutaneo. La digestione verrebbe messa, così, in crisi. In ogni caso non è prudente farsi il bagno se sentite una immediata e fastidiosa sensazione di freddo a contatto con l’acqua, la cautela è sempre la migliore strategia.

Una cosa però è sicura: non c’è affatto bisogno di aspettare le leggendarie tre ore per farsi il bagno dopo mangiato Sorriso Questo è un vero e proprio “mito” che non ha motivo di esistere. Buon bagno a tutti Sorriso.

P.S. L’importante è non fare il bagno a mare o nei laghi se vedete che si avvicina un temporale, quello sì che è pericoloso! Occhiolino


Il test di Turing e la stanza del cinese

In un saggio del 1950 Alan Turing si chiedeva se i computer potessero pensare. Turing sosteneva che la domanda era priva di senso a meno che non si riuscisse a indicare qualcosa che un agente pensante è in grado di fare e un agente non pensante no. Quale sarebbe questa differenza? I computer facevano già dei calcoli che precedentemente avevano richiesto l'opera di esseri umani intelligenti e impegnati. Turing capì che il test sarebbe dovuto essere qualcosa di più sottile che, diciamo, giocare una buona partita a scacchi. I computer l'avrebbero fatto presto, molto prima di avvicinarsi alla capacità di "pensare". Turing proposte come test ciò che chiamò il "gioco dell'imitazione".

Una persona è seduta al terminale di un computer e rivolge domande a due esseri, A e B, nascosti in altre stanze. Uno dei due è una persona, l'altro un sofisticato programma per computer che si presume in grado di pensare. L'obiettivo dell'interrogante è dire quale dei due sia l'essere umano e quale il computer. Frattanto, sia l'essere umano che il computer fanno del loro meglio per convincere l'interrogante che sono umani. È come un gioco a quiz televisivo in cui lo scopo sia distinguere una persona sconosciuta da un impostore.

test di Turing

Il fatto che l'interrogante comunichi soltanto tramite il terminale del computer gli impedisce di usare qualcosa di diverso dall'effettivo testo delle risposte. Non può aspettarsi di riconoscere una voce sintetizzata per via del suono metallico o da altri indizi non pertinenti. L'essere umano nascosto può dire cose come "Ehi, sono umano!" Questo forse non servirebbe a molto, perché il computer può dire la stessa cosa. Il computer non è tenuto a confessare di essere il computer, nemmeno se gli viene chiesto direttamente. Entrambi sono autorizzati a mentire se e quando pensano che serva allo scopo. Se l'interrogante chiede dati "personali" come il cognome da nubile della madre di A o il numero di scarpe di B, il computer può inventarseli di sana pianta.

Per "superare" il test, un programma di computer deve essere in grado di fornire risposte umane tali da essere ritenuto un essere umano per circa la metà della durata del gioco. Se un computer passasse questo test, diceva Turing, dimostrerebbe davvero intelligenza, nella misura in cui l'intelligenza sia definibile mediante azioni e reazioni esterne. Non è un'affermazione di poco conto.
Detto questo, un computer sarebbe in grado di pensare? Turing concluse che l'interrogativo originario, se i computer siano in grado di pensare, sia "troppo privo di senso da meritare una discussione. Nondimeno, ritengo che alla fine del secolo l'uso delle parole e le opinioni generali della gente colta saranno mutati al punto che si potrà parlare di macchine che pensano senza aspettarsi di essere contraddetti."

Negli anni trascorsi dal saggio di Turing, è diventato comune nelle scienze cognitive associare i processi mentali ad algoritmi. Se eseguite un certo algoritmo per calcolare le cifre del pi greco, una piccola parte del vostro processo di pensiero è direttamente paragonabile all'azione di un computer che calcoli il pi greco per mezzo dello stesso algoritmo. Un'opinione diffusa e ben nota è che l'intelligenza e perfino la coscienza siano come programmi per computer che possono "girare" su diversi tipi di "hardware", compreso quello biologico del cervello. Le funzioni dei neuroni cerebrali e le loro condizioni e interconnessioni potrebbero in linea di principio essere ricreate esattamente da un programma per computer incredibilmente complesso. Se tale programma fosse fatto girare, anche su un computer composto da microchip e cavi, dimostrerebbe forse la nostra stessa intelligenza e perfino coscienza.
Per lungo tempo si è pensato alla mente come anima, o slancio vitale, o parte del dualismo cartesiano. Gran parte della comunità intellettuale ha abbandonato questi modelli in favore di un'immagine meccanicistica della coscienza. L'esperimento mentale di John Searle, del 1980, presenta una caricatura della mente ridotta a un gioco delle tre carte. Se la coscienza non è che un algoritmo, dove sta la mente? Searle scopre l'ultima carta e mostra che l'asso non c'è più.


La stanza del cinese

Immaginate di trovarvi segregati in una stanza chiusa. La stanza è praticamente vuota. Vi è un grosso libro dal titolo poco promettente: Che cosa fare se infilano sotto la porta un foglio scritto in cinese.
Un giorno un foglio di carta con dei caratteri cinesi viene infilato sotto la porta chiusa. Per voi, che non sapete niente di cinese, contiene simboli privi di senso, nient'altro. Ormai cercate disperatamente un modo per passare il tempo. Pertanto consultate Che cosa fare se infilano sotto la porta un foglio scritto in cinese. Descrive un tedioso ed elaborato passatempo solitario che potete "giocare" con i caratteri cinesi del foglio. Dovete cercare nel testo certi caratteri cinesi e registrare la loro frequenza secondo complicate regole descritte nel libro. Sembra tutto privo di senso ma, non avendo niente da fare, seguite le istruzioni.
Il giorno seguente ricevete un altro foglio di carta con altri caratteri cinesi. Anche questa eventualità è prevista nel libro. Il libro ha ulteriori istruzioni per correlare e manipolare i simboli cinesi del secondo foglio, e abbinare queste informazioni al lavoro eseguito con il primo foglio. Il libro si conclude con le istruzioni per copiare certi simboli cinesi (alcuni tratti dai fogli, altri dal libro) su un nuovo foglio di carta. I simboli che copiate dipendono, in modo molto complicato, dal vostro lavoro precedente. Poi il libro dice di infilare il nuovo foglio sotto la porta della stanza chiusa. Così fate.

la stanza del cinese

A vostra insaputa, il primo foglio di caratteri cinesi era un racconto cinese, e il secondo foglio conteneva domande sul racconto, come in una prova di lettura. Il foglio di caratteri che avete copiato seguendo le istruzioni conteneva (sempre a vostra insaputa!) le risposte alle domande. Avete manipolato i caratteri attraverso un algoritmo molto complesso scritto in italiano. L'algoritmo simula il modo in cui pensa una persona di madrelingua cinese, o almeno il modo in cui una persona di madrelingua cinese legge qualcosa, lo capisce e risponde a domande su ciò che ha letto. L'algoritmo è talmente buono che le "risposte" che avete dato sono indistinguibili da quelle che avrebbe dato una persona di madrelingua cinese, che avesse letto lo stesso racconto e a cui fossero state poste le stesse domande.
Coloro che hanno costruito la stanza affermano che contiene un maiale addestrato che capisce il cinese. Portano la stanza alle fiere di paese e dicono alla gente di sottoporre racconti in cinese e porre domande basate sui racconti. La gente all'esterno è scettica riguardo alla storia del maiale. Le risposte sono così coerentemente "umane" che tutti immaginano che in realtà li dentro vi sia una persona che capisce il cinese. Fintanto che la stanza rimane chiusa, niente dissuaderà le persone all'esterno da questa ipotesi.

Il ragionamento di Searle è questo: voi capite il cinese? Naturalmente no! Essere in grado di seguire complesse istruzioni in italiano non è la stessa cosa che sapere il cinese. Voi non sapete, e non avete dedotto, il significato di nessun carattere cinese. Il libro di istruzioni non è assolutamente un corso accelerato di cinese. Non vi ha insegnato niente. È un'operazione puramente meccanica, e non vi rivela mai perché facciate una data cosa o che cosa significhi un dato carattere.
Per voi, tutto ciò non è che un passatempo. Prendete i simboli dai fogli in cinese e li copiate su fogli bianchi seguendo le regole. È come se faceste un solitario spostando un fante rosso sopra una donna nera seguendo le regole del gioco di carte. Se, nel solitario, qualcuno vi chiedesse che cosa "significa" una carta, direste che non significa niente. Oh, certo, il gioco delle carte un tempo aveva un significato simbolico, ma voi insistereste nel dire che niente di tale simbolismo fa parte del contesto del gioco. Una carta è chiamata sette di quadri solo per distinguerla dalle altre carte e semplificare l'applicazione delle regole del gioco.
Se voi, essere umano, potete eseguire l'algoritmo del cinese e continuare a non capire il cinese (tanto meno avere esperienza della coscienza di una persona che parla cinese), sembra tanto più ridicolo pensare che una macchina possa eseguire un algoritmo e avere esperienza della coscienza.

Pertanto, afferma Searle, la coscienza non è un algoritmo.


Bibliografia: “Labirinti della ragione”, di William Poundstone. Edizione Club, 1991.


Il rasoio di Occam

Anche la scienza ha la sua estetica. La "bellezza" di una teoria è data in gran parte dalla sua semplicità. Una teoria semplice che spiega molte cose è preferita a una complicata che ne spiega poche, anche se, a prima vista, potrebbe non esserci alcuna ragione particolare per ritenere che la teoria complicata sia meno esatta di quella semplice.
Questo importante principio è chiamato "rasoio di Occam" . Il nome viene da Guglielmo di Occam, un frate francescano nato intorno al 1285. (Dottrine molto simili erano state proposte in precedenza da Duns Scoto e da Oddone di Rigaud.) Figura controversa coinvolta in dispute con papi e antipapi, Occam fu uno dei più influenti pensatori medievali. Morì, probabilmente di peste, nel 1349. Occam è noto soprattutto per qualcosa che forse non ha mai detto: Entia non sunt multiplicanda sine necessitate, ovvero "gli enti non vanno moltiplicati senza necessità". Lo spirito, se non la lettera, è suo. Egli intendeva dire che non bisogna fare ricorso a nuove supposizioni o ipotesi (enti) tranne quando è necessario. Se un'impronta sulla neve può essere spiegata con la presenza di un orso oppure con la presenza di una creatura antropomorfa mai scoperta prima d'ora, viene favorita l'ipotesi dell'orso.

rasoio di Occam

Il principio può essere male interpretato. Non si tratta di scegliere la spiegazione meno sensazionale. Si favorisce l'orso rispetto all'abominevole uomo delle nevi solo quando le prove (come un'impronta mezza sciolta) sono così scarse che tanto la teoria dell'orso quanto quella dello Yeti danno una spiegazione valida.
Il rasoio di Occam è fallibile. Ha spesso favorito un'ipotesi errata. La Terra è rotonda? Le malattie sono causate da minuscole creature viventi? Sappiamo ora che queste ipotesi spiegano molto bene le osservazioni, ma in un certo momento il principio del rasoio di Occam le fece accantonare. Un noto caso di scetticismo mal riposto (spesso citato dai sostenitori di fantasmi, UFO e altre credenze attualmente non accettate) è il prolungato rifiuto dell'Académie Française di accettare la realtà delle meteoriti. In conseguenza delle più raffinate opinioni scientifiche, decine di meteoriti furono gettate via dai musei europei perché vestigia di superstizioni.

E qui arriviamo a uno dei punti più controversi della teoria della dimostrazione. In ogni scoperta scientifica vi è una fase in cui due teorie opposte danno una spiegazione altrettanto accurata delle osservazioni. Vi è spesso un'ipotesi più semplice, A, che tutti ritengono corretta da tempo, e un'ipotesi nuova, B, che postula qualche nuovo "ente", per dirla con Occam. La teoria A potrebbe essere la credenza che la Terra sia il centro dell'universo, e B potrebbe essere la teoria eliocentrica di Copernico. O, per fare un esempio meno palesemente a favore di B, A potrebbe essere che gli UFO non esistono e B che esistono. Quando le prove giustificano il nuovo ente?

È difficile dare una risposta assoluta, poiché tutti noi crediamo in molte cose sulla base di poche prove a favore. Se date un'occhiata alla copertina di una rivista scandalistica e leggete che una famosa attrice è fuggita, probabilmente lo riterrete un fatto accertato. Se la stessa rivista la settimana dopo dice a caratteri altrettanto vistosi che gli UFO hanno rapito una donna in Arizona, probabilmente non ci crederete. Come fa notare l'astronomo Carl Sagan, interviene qui un'importante ma solitamente inconscia regola di dimostrazione: più l'ipotesi è strampalata, più prove sono necessarie per dimostrarla.

La ragione fondamentale è che un'ipotesi banale è parzialmente confermata da tutte le nostre conoscenze precedenti riguardo a eventi simili. Un'ipotesi incredibile no. Questo però fa nascere la possibilità di essere portati a credere erroneamente a una serie di ipotesi banali errate piuttosto che a una verità meno banale (come nel rifiuto delle meteoriti da parte dell'Académie Française). Vi sono per esempio molte prove a favore dell'esistenza dei fantasmi. Molte migliaia di persone hanno detto di averli visti, e non si tratta solo di pazzoidi; vi sono perfino alcune fotografie sfocate. Non vi è una spiegazione categorica delle visioni di fantasmi (se non che i fantasmi esistono). Si sostiene che vi è sempre una "spiegazione logica", ma questa spiegazione è in un caso un ramo che batte contro una finestra, in un altro un'allucinazione, in un altro i topi in soffitta, in un altro ancora uno scherzo. In altri casi ancora non si può offrire nessuna di queste spiegazioni, ma si sostiene comunque che esiste una qualche causa che non riguarda il paranormale.
In termini di pura quantità, le prove a favore dei fantasmi sono probabilmente maggiori di quelle dell'esistenza dei fuochi fatui, quelle strane luci che si vedono sopra le paludi. Tuttavia la scienza crede nei fuochi fatui e non nei fantasmi. In ultima analisi, vi sono più teorie confutate dalla scarsa qualità delle loro prove che non da prove contrarie. Di solito c'è qualcosa che non va in una teoria che ha molte "prove" a sostegno, e tutte dubbie. Questo sembra essere il caso della teoria secondo cui i fantasmi esistono. Invece, alcuni fuochi fatui sono visibili da tutti.


Bibliografia: “Labirinti della ragione”, di William Poundstone. Edizione Club, 1991.


Origini della geografia

 

Ecco una brevissima cronistoria delle origini della geografia.

15000 anni fa. Primo reperto cartografico conosciuto: un’antica mappa rinvenuta in Ucraina in cui sono raffigurati un accampamento e un fiume.

II millennio a.C.. Primi tentativi di rappresentare la superficie terrestre (Mesopotamia).

VI secolo a.C.. Nascita della geografia.

VI secolo a.C.. Ecateo di Mileto realizza la prima rappresentazione della Terra, come un disco piatto al centro del quale si trovava la Grecia.

III secolo a.C.. Eratostene misura la circonferenza della Terra e realizza la prima rappresentazione sferica della Terra con meridiani e paralleli.

275 – 195 a.C.. Prime indagini geodetiche e prima misura astronomica dell’arco di meridiano terrestre, fra Alessandria e Siene (Assuan).

II – I secolo a.C.. Descrizioni dei rilievi e delle acque continentali, delle risorse naturali e delle caratteristiche dei popoli (Polibio e Strabone).

150 d.C.. Pubblicazione della Geografia di Tolomeo (regole per costruire globi terrestri e carte terrestri piane per mezzo di diversi sistemi di proiezione; elenco di posizioni geografiche delle città più importanti e dei punti costieri).


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