Non è possibile sapere se prima dei tre anni si verificano dei sogni: la mancanza del linguaggio verbale non consente di averne prove certe. Come stabilire infatti se i sorrisi che possiamo osservare nel bimbo piccolo che dorme sono dovuti ad automatismi sensomotori o ad esperienze oniriche?
Dopo i tre anni compare la capacità di raccontare, ma manca ancora la maturità cognitiva che consente di elaborare il concetto di sogno, e di distinguerlo dalla fantasia della veglia.
Secondo Freud i sogni infantili sono estremamente chiari, brevi, coerenti: è molto facile capirli, poiché il loro contenuto è trasparente. Si tratta in genere dell'adempimento di un desiderio diurno, o la copia fedele di vicende familiari e scolastiche. È solo dalla terza infanzia che, a seguito dello sviluppo psicosessuale e dello strutturarsi della personalità, inizia a formarsi il sogno simbolico, con contenuti mascherati e spesso enigmatici come quello degli adulti.
Studi di psicologia cognitiva hanno osservato che intorno ai tre anni il contenuto dei sogni pare essere piuttosto statico: la partecipazione personale è scarsa, poche le interazioni sociali, prevalenza di animali. Negli anni successivi l'elaborazione del sogno segue le fasi dello sviluppo cognitivo e affettivo: compaiono personaggi fantastici, luoghi immaginari. Il pensiero si fa più astratto e si condensa in simboli.
E’ facile che il bambino, anche molto piccolo, abbia degli incubi, che non sa nemmeno raccontare. A volte si verificano dei sogni ricorrenti, quasi a riflettere un blocco che non riesce a superare. È importante in questi casi accogliere le sue associazioni spontanee, cioè tutte le notazioni e le impressioni che aggiunge di sua iniziativa: farlo raccontare, fargli disegnare il racconto, lasciar emergere il nocciolo dell'angoscia dell'incubo.
Soprattutto cercare di evitare di alimentare la paura dei sogni, come purtroppo fa la bambinaia in un racconto di E.T.A. Hoffmann, riferendosi ad una popolare credenza anglosassone: «Non sai chi sia il Mago Sabbiolino? È un uomo cattivo che viene dai piccini, quando questi non vogliono saperne di andare a nanna, e getta loro delle manate di sabbia negli occhi, finché questi sgusciano via dal capo tutti sanguinolenti; allora egli se li butta nel sacco e al chiaro di luna li porta in cibo ai suoi piccolini; questi stan nel nido e hanno il becco storto come i gufi; con esso si beccano gli occhi dei bimbi disobbedienti»
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[Bibliografia: Olga Chiaia, “Il sonno e il sogno”, Tascabili Economici Newton.]
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