Molti astrofili usano una ventola per pc per stabilizzare la temperatura della propria fotocamera digitale durante le lunghe pose. La ventola ovviamente non è in grado di abbassare la temperatura al di sotto della temperatura ambiente. Su internet ho visto altri che hanno usato delle "cold box" (ad esempio qui) o hanno persino smontato la fotocamera per mettere a contatto il sensore con un "dito freddo" (cold finger) in rame raffreddato da una cella di Peltier che aveva però bisogno di un pesante dissipatore di calore (vedi ad esempio qui).
Mi sono chiesto: non esiste una via di mezzo tra la ventola e il sistema di raffreddamento con cella di Peltier (che tra l'altro richiede anche alimentazione elettrica e quindi ulteriori cavi elettrici)?
Personalmente ho trovato molto utili dei sacchetti di fluido refrigerante (nel congelatore si solidifica) che è possibile mettere a contatto con la parte posteriore della fotocamera (come nelle foto). Questi sacchetti si possono trovare nei supermercati.
Con una temperatura ambiente di 26 °C (dentro il mio studio) ho fatto una serie di dark (durata 300 secondi a 800 ISO), prima senza nessun tipo di raffreddamento (nemmeno la ventola) e poi con il sacchetto refrigerante.
- Senza raffreddamento dopo circa 45 minuti si è raggiunta una temperatura di equilibrio di ben 40 °C.
- Con il sacchetto refrigerante dopo 45 minuti si è raggiunta invece la temperatura di 20 °C (6 gradi sotto la temperatura ambiente).
Ho fatto un confronto tra un dark a 40 °C e uno a 20 °C facendo uno stretching delle immagini.
La differenza è evidente. Con una ventola non si sarebbe potuto scendere a meno di 35 °C, con il sacchetto refrigerante si è arrivati a 20 °C.
Nei giorni precedenti a questa prova avevo tentato di fare direttamente foto astronomiche con questo sistema di raffreddamento, ma in condizioni diverse. Avevo fatto pose di soli 30 s (senza autoguida) e a 3200 ISO. Temperatura ambientale di 24 °C (all’aperto!). Il soggetto fotografato è l’ammasso globulare M15. Sono solo 34 pose da 30 secondi a 3200 ISO, tutte con una temperatura del sensore di 19 °C. (Celestron CPC-800, f/10).
Come si vede, nonostante i 3200 ISO e la poca integrazione, il rumore a 19 °C è decisamente sotto controllo.
Questa è la nebulosa M76 (“Piccolo Manubrio”). Sono 105 pose da da 30 secondi 3200 ISO a 19 °C (temp. ambientale 23 °C). Celestron CPC-800, f/8,5 (con il riduttore di focale di un rifrattore). Anche in questo caso il rumore è sotto controllo.
Nelle prossime serate tenterò di fare pose più lunghe con autoguida e a 800 ISO (e anche a 1600 ISO), e se mi capita una serata più fresca si raggiungeranno temperature ben più basse!
Osservazioni su questa “tecnica”..
1) Ho visto che a 24 °C di temperatura ambientale il sacchetto resta “solido” per quasi due ore. Se si vuole continuare a fotografare a questa temperatura bisogna sostituire il sacchetto con un altro. Ovviamente se c’è più freddo dura di più.
2) Non è possibile usare i sacchetti in uscite in luoghi dove non c’è corrente elettrica e un congelatore che mantenga i sacchetti ghiacciati.
3) E’ una tecnica più efficiente con tutte quelle fotocamere che hanno lo schermo girevole, perché è possibile poggiare il sacchetto sul dorso della fotocamera.
4) Non è facile ancorare il sacchetto con gli elastici in maniera tale che non si muova durante la sessione fotografica.
5) I sacchetti pesano circa 600 g. Questo peso aggiuntivo potrebbe causare delle torsioni nel treno ottico o problemi di inseguimento durante le lunghe pose.
6) Potrebbe causare problemi di condensa.
Appena faccio qualche altro test vi faccio sapere.