domenica 11 novembre 2007

La mappa di tutti i vulcani attivi nel mondo

I vulcani non sono distribuiti in modo casuale sulla superficie terrestre, ma sono indicatori di zone di debolezza corrispondenti ad aree instabili della crosta terrestre. Essi si trovano in corrispondenza dei limiti di placca, sia dove si crea nuova crosta in risalita dall'astenosfera (dorsali oceaniche) sia dove la crosta viene distrutta sprofondando di nuovo nell'astenosfera (zone di subduzione).
Ne è prova di ciò la cosiddetta Cintura di fuoco che è la linea di vulcani che circonda tutto l'oceano Pacifico. Essa è costituita da vulcani dalla bella forma conica e con pendii abbastanza acclivi. La loro attività è di tipo esplosiva e i magmi eruttati, piuttosto viscosi, sono per lo più di tipo andesitico (da ciò viene chiamata anche linea dell'andesite). Dato il tipo di attività questi vulcani sono caratterizzati da una pericolosità piuttosto elevata.
A questo tipo di vulcani appartengono il Vesuvio (il vulcano a rischio più elevato dell'Europa), i Campi Flegrei, Stromboli e Vulcano nelle isole Eolie.
I vulcani delle dorsali, invece sono caratterizzati da magmi meno viscosi e sono quindi più fluidi. La loro forma è piuttosto appiattita e formano grandi espandimenti lavici. Sono caratterizzati da una pericolosità modesta. Una zona dove è possibile osservare questo tipo di vulcanismo è l'Islanda, in quanto si può considerare un tratto di dorsale affiorante dall'oceano Atlantico. A questo tipo di vulcani appartiene l'Etna, il vulcano più grande d'Europa.
Un vulcanismo simile a quello delle dorsali è dato dai vulcani delle cosiddette rift valleys che rappresentano una dorsale in via di formazione. Questo tipo di vulcani si può osservare in Africa Orientale nella zona dei grandi laghi.
Oltre a questi due grandi tipi di vulcani dei limiti di placche ve ne sono altri tra cui quello dei cosiddetti vulcani di hot spot, che sono situati all'interno di una placca. Appartenenti a questo tipo di vulcanismo abbiamo i vulcani delle isole Hawaii localizzati in mezzo alla grande placca dell'oceano Pacifico. La loro attività è simile al vulcanismo delle dorsali oceaniche.

Per maggiori informazioni visitate la fonte.

sabato 10 novembre 2007

Ettore Majorana. Il geniale fisico scomparso misteriosamente nel 1938.

«Al mondo ci sono varie categorie di scienziati; gente di secondo e terzo rango, che fanno del loro meglio ma non vanno lontano. C'è anche gente di primo rango, che arriva a scoperte di grande importanza, fondamentale per lo sviluppo della scienza. Ma poi ci sono i geni come Galileo e Newton. Ebbene Ettore era uno di quelli. Majorana aveva quel che nessun altro al mondo ha. Sfortunatamente gli mancava quel che è invece comune trovare negli altri uomini: il semplice buon senso.»

(Enrico Fermi)

Con queste parole il premio Nobel della Fisica, Enrico Fermi, descriveva il giovane Ettore Majorana. In effetti Ettore era un giovane e geniale fisico, dal carattere ombroso e riservato. Nel 1937 Ettore Majorana fu nominato professore di Fisica teorica all'Università di Napoli, dove si legò d'amicizia con Antonio Carrelli, professore di Fisica sperimentale presso lo stesso Istituto di Fisica.

Ma ciò che fa di Majorana un genio davvero particolare, non era tanto il suo carattere eccentrico, ma la storia della sua scomparsa, tuttora completamente avvolta nel mistero.

La sera del 25 marzo 1938 Ettore Majorana partì da Napoli con un piroscafo della società Tirrenia alla volta di Palermo, ove si fermò un paio di giorni: il viaggio gli era stato consigliato dai suoi più stretti amici, i quali lo avevano invitato a prendersi un periodo di riposo.

Il giorno stesso, prima di partire, aveva scritto a Carrelli la seguente missiva:

Caro Carrelli, Ho preso una decisione che era ormai inevitabile. Non vi è in essa un solo granello di egoismo, ma mi rendo conto delle noie che la mia improvvisa scomparsa potrà procurare a te e agli studenti. Anche per questo ti prego di perdonarmi, ma soprattutto per aver deluso tutta la fiducia, la sincera amicizia e la simpatia che mi hai dimostrato in questi mesi... Ti prego anche di ricordarmi a coloro che ho imparato a conoscere e ad apprezzare nel tuo Istituto...; dei quali tutti conserverò un caro ricordo almeno fino alle undici di questa sera, e possibilmente anche dopo.

Ai familiari aveva invece scritto:

Ho un solo desiderio: che non vi vestiate di nero. Se volete inchinarvi all'uso, portate pure, ma per non più di tre giorni, qualche segno di lutto. Dopo ricordatemi, se potete, nei vostri cuori e perdonatemi.

Il 26 marzo Carrelli ricevette da Majorana un telegramma in cui gli diceva di non preoccuparsi di quanto scritto nella lettera che gli aveva precedentemente inviato.

Lo stesso giorno fu scritta e spedita anche questa ultima lettera:

Palermo, 26 marzo 1938 - XVI Caro Carrelli, Spero che ti siano arrivati insieme il telegramma e lettera. Il mare mi ha rifiutato e ritornerò domani all'albergo Bologna, viaggiando forse con questo stesso foglio. Ho però intenzione di rinunziare all'insegnamento. Non mi prendere per una ragazza ibseniana perché il caso è differente. Sono a tua disposizione per ulteriori dettagli.

Ma Ettore non comparve più.

Iniziarono le ricerche. Del caso si interessò, dietro pressioni di Fermi, lo stesso Mussolini; fu anche proposta una ricompensa (30.000 lire) per chi ne desse notizie, ma non si seppe mai più nulla di lui, almeno non in modo inequivocabile.

Il professor Vittorio Strazzeri dell'Università di Palermo asserì di averlo visto a bordo alle prime luci dell'alba del 27 marzo mentre il piroscafo sul quale era imbarcato si accingeva ad attraccare a Napoli (in realtà egli condivise la cuccetta con un giovane viaggiatore che, secondo la descrizione, corrispondeva a Majorana, da lui mai conosciuto personalmente prima di allora). Un marinaio asserì di averlo scorto, dopo aver doppiato Capri, non molto prima che il piroscafo attraccasse, e la società Tirrenia, anche se l'episodio non fu mai confermato, asserì che il biglietto di Majorana era tra quelli testimonianti lo sbarco. Anche un'infermiera che lo conosceva sostenne di averlo visto, in questo caso nei primi giorni dell'aprile 1938, mentre camminava per strada a Napoli.

Ma non fu mai trovata nessuna traccia documentata della sua destinazione ed in mare non fu mai trovato.

Le indagini furono condotte per circa tre mesi e si estesero ad un convento di Gesuiti che si trovava vicino a dove lui abitava, dove pare si fosse rivolto per chiedere una qualche sorta di aiuto, forse come reminiscenza del suo periodo scolastico presso i Gesuiti di Roma. La famiglia seguì anche una pista che sembrava portare al Convento di S.Pasquale di Portici, ma alle domande rivoltegli il padre guardiano rispose con un enigmatico: "Perché volete sapere dov'è? l'importante è che egli sia felice".

Ci fu una ridda di ipotesi, di indizi, ma non si ebbero mai certezze sulla sorte di Majorana: va comunque notato che nelle sue lettere egli non parla mai di suicidio, ma solo di scomparsa, ed era persona attenta alle parole.

L'unica certezza tra tante supposizioni consiste nel non indifferente prelievo di una considerevole somma di denaro (alcuni stipendi arretrati) che Majorana fece prima di far perdere le sue tracce, l'equivalente di circa 10 mila dollari attuali, oltre che della sparizione del suo passaporto. Anche questo fatto, unito alla razionalità della mente di Majorana, rende poco probabile l'ipotesi del suicidio.

Amaldi nel suo Ricordo scrisse che egli aveva saputo trovare in modo mirabile una risposta ad alcuni quesiti della natura, ma che aveva cercato invano una giustificazione alla vita, alla sua vita, che era per lui di gran lunga più ricca di promesse di quanto non lo sia per la stragrande maggioranza degli uomini.

Il giorno prima di salpare da Napoli consegnò alla studentessa Gilda Senatore una cartella di materiale scientifico: questi documenti furono mostrati anni dopo al marito di questa, anch'esso fisico. Questi ne parlò con Carrelli che ne parlò con il rettore che li volle: dopo di che le carte si persero.

La storia dell’ultimo teorema di Fermat e della sua dimostrazione è una vicenda più appassionante di una saga, più intricata di una tragedia, più affa

La storia dell’ultimo teorema di Fermat e della sua dimostrazione è una vicenda complicata ed è più appassionante di una saga, più intricata di una tragedia, più affascinante di un romanzo d’avventura.

L’Ultimo Teorema di Fermat ha un collegamento forte con la matematica dell’antica Grecia e con i fondamenti del pensiero di Pitagora. Si arriva, in un magico balzo di secoli, dal teorema di Pitagora fino alla sofisticata matematica moderna. Ma vediamo di descrivere, a grandi linee, questa storia così piena di sorprese.

Il problema dell’Ultimo Teorema (da questo momento in poi lo chiameremo così) sembra molto semplice perché si basa su una nozione matematica che tutti possono ricordare:

In un triangolo rettangolo il quadrato costruito sull’ipotenusa è equivalente alla somma dei quadrati costruiti sui cateti.

Questa è la formulazione del Teorema di Pitagora, che tutti conosciamo. Se x, y e z (z è l’ipotenusa e x e y i cateti) sono le lunghezze dei lati del triangolo, allora il teorema può essere enunciato simbolicamente nel seguente modo:

z^2 = x^2 + y^2

Se in un triangolo rettangolo x = 3 e y = 4 si vede che z (l’ipotenusa) sarà uguale a 5, infatti, considerando la formula appena scritta si avrebbe:

52 = 32 + 42 e cioè: 25 = 9 + 16

e per questo triangolo il Teorema sarebbe verificato. Ma Pitagora come poteva sapere che il suo teorema era valido per qualsiasi triangolo rettangolo? Ovviamente non poteva misurare l’infinita varietà di trangoli per vedere se tutti lo verificavano! Tuttavia egli era assolutamente sicuro della universalità delle sue conclusioni. La ragione di questa fiducia sta nel concetto di dimostrazione matematica. La ricerca di una dimostrazione di questo genere è la ricerca di una conoscenza più assoluta di qualsiasi altra conoscenza accumulata da ogni altra disciplina. Il Teorema di Pitagora è una verità definitiva che nessuno potrà mai modificare.

Dopo la morte di Pitagora, i suoi allievi, oltre alla dimostrazione del Teorema, divulgarono al mondo il segreto per trovare le cosiddette “Terne Pitagoriche”. Le terne pitagoriche sono combinazioni di tre numeri interi che soddisfano l’equazione di Pitagora z^2 = x^2 + y^2 . Come abbiamo visto prima l’equazione è valida se x = 3, y = 4 e z = 5. Ma anche se x = 5, y = 12 e z = 13, infatti si ha: 132 = 52 + 122, cioè 169 = 25 + 144.

Un terna pitagorica più grande è x = 99, y = 4900 e z = 4901. Per numeri più grandi le terne diventano sempre più difficili da trovare. Per scoprire le terne i pitagorici inventarono un metodo e nel far questo dimostrarono che il loro numero era infinito. Quindi esistono infinite terne di numeri interi che soddisfano l’equazione di Pitagora. Ma adesso consideriamo una equazione del tipo:

z^3 = x^3 + y^3

dove i quadrati sono diventati cubi. La potenza è passata da 2 a 3. A questo punto ci chiediamo: esistono terne pitagoriche che soddisfano questa equazione? Ebbene, trovare soluzioni per l’equazione “al cubo” sembra proprio che sia impossibile! E inoltre, se la potenza viene cambiata da 3 ad un qualunque numero più alto n (cioè 4,5,6...), anche in questo caso sembra impossibile trovare una soluzione. Alla fine l’equazione:

z^n = x^n + y^n per n maggiore di 2

non riesce più a mostrare soluzioni. E infatti il grande matematico francese del Seicento Pierre de Fermat fece la stupefacente affermazione che la ragione per la quale nessuno poteva trovare una soluzione era che la soluzione non esisteva affatto.

“Dispongo di una meravigliosa dimostrazione di questo teorema, che non può essere contenuta nel margine troppo stretto della pagina”.

Così scriveva Pierre de Fermat a proposito di quello che sarebbe stato il più grande rompicapo degli ultimi quattro secoli. La dimostrazione che non stava nel margine troppo stretto non fu mai trovata. Qui comincia la grande avventura, e quella frase divenne il guanto di sfida raccolto da generazioni di matematici, che si sforzarono invano di dimostrare questo teorema così apparentemente semplice, ma in realtà così impenetrabile.

Dopo oltre tre secoli e mezzo, l’enigma ha trovato una soluzione: un matematico inglese, di nome Andrew Wiles, della Princeton University, che sin dalla sua infanzia sognava di trovare una soluzione, è riuscito nel 1994 a violare il grande segreto.

Resta però ancora un piccolo mistero… Osservando la dimostrazione dell’Ultimo Teorema di Wiles, si nota che è una dimostrazione davvero molto lunga e complicata, che fa uso delle tecniche matematiche più moderne e complesse, molte delle quali sono state introdotte dallo stesso Wiles. Quasi tutte queste tecniche erano completamente sconosciute all’epoca di Pierre de Fermat. Allora ci chiediamo: come aveva fatto il grande matematico francese a dimostrare quel teorema? Aveva forse commesso un errore? Si era ingannato? Oppure esiste un modo molto più semplice per dimostrarlo, che per tre secoli e mezzo è sfuggito anche alle più grandi menti matematiche?

Vorrei concludere con una curiosità, per così dire, “umoristica”. Nella metropolitana di New York, sui muri della stazione dell’Ottava Strada, compare un simpatico graffito, ispirato senza dubbio da tutta l’attenzione dei media per il teorema quando ne fu dato annunzio nel 1994:

“ z^n = x^n + y^n: nessuna soluzione.

Ho scoperto una dimostrazione meravigliosa di questo fatto, ma adesso non posso scriverla perché sta arrivando il mio treno”.

venerdì 9 novembre 2007

Cari alieni, invece di venirci a rapire di notte e portarci nei vostri dischi volanti per farci strane e dolorose visite mediche, leggetevi questo rac

L’intuizione

Fam Arouet si stava recando nello studio del Direttore del Dipartimento di Ricerca sulle Civiltà Extraterrestri con il cuore in gola. Non sapeva se il Direttore Tomath avrebbe gradito ciò che avrebbe detto, ma non aveva scelta. La verità è il primo dovere di un ricercatore. Tuttavia si sentiva soggiogato da una inquietudine di cui non riusciva a liberarsi.
La porta si aprì in fondo al luminoso corridoio e Fam pose lo sguardo dentro lo studio del Direttore arredato in maniera davvero molto moderna, ma senza eccesso; era un ambiente piacevole, come (quasi sempre) il suo umore.
Lo fece accomodare con un gesto e un sorriso. Tomath non cambiava mai, Fam lo conosceva da anni, ma nemmeno l’età aveva cambiato la sua natura: poche parole e sorriso affabile.
«Sono contento di rivederti ogni tanto... è da un po’ che non passi da qui: mi sono mancate le nostre interminabili chiacchierate sulla filosofia greca...».
«Lo so, lo so... Il lavoro e la carriera ci assorbono sempre di più, or-mai...» disse Fam, con un tono pieno di nostalgia.
«Hai fatto progressi Fam; tu più di me. Nel nostro campo nessuno ha una conoscenza superiore alla tua.»
«È proprio per questo che sono venuto a parlarti.»
«Hai avuto qualche altra intuizione?»
«In un certo senso, si.»
«Allora dimmi, non tenermi sulle spine!»
«Abbiamo sbagliato tutto...»
Ci fu un attimo di silenzio imbarazzato. Tomath sorrideva aspettando un’altra parola di Fam, ma quello, scuro in faccia, non accennava a dire altro.
«È successo qualcosa Fam?»
«È successo che ho usato il denaro del Dipartimento per portare avanti una ricerca non autorizzata! Ecco tutto.»
Tomath restò di sasso; non sapendo che dire, si portò una mano nei ca-pelli facendo finta di sistemarli. Dopo un attimo di incredulità, nella sua mente si accavallarono mille pensieri, ma il più martellante era: come aveva fatto il suo amico a mettere in atto una cosa del genere, senza che lui se ne accorgesse! Si sentì dolorosamente responsabile.
«Come è potuto accadere? Io avrei autorizzato qualsiasi tua proposta, lo sai, anche le più folli! Non ti ho mai posto limiti da questo punto di vista! E inoltre come hai fatto a prendere il denaro?».
«Lo so, ma la mia ricerca richiedeva la più assoluta riservatezza! Nemmeno tu dovevi sapere.»
«Quindi per amore della segretezza hai fatto qualcosa che, se vera, po-trebbe mettere fine sia alla tua che alla mia carriera?» disse Tomath, co-minciando a scaldarsi.
«Sì, l’ho fatto, ma i risultati sono stati davvero incredibili! Ne è valsa la pena!» disse Fam con un sorriso smagliante.
«Spiegati meglio!»
«Come ti dicevo prima, noi abbiamo sbagliato tutto! Abbiamo com-messo un errore di fondo che ci ha portato a cercare gli extraterrestri nei modi e nei posti sbagliati. Ti rendi conto di quanti fondi sono stati buttati al vento? E poi? Nessun risultato convincente. Improvvisamente, alcuni mesi fa, ho avuto l’intuizione giusta.»
«E quale sarebbe questa intuizione?»
«Sono partito da una affermazione del fisico teorico Paul Davies. Egli disse che se avessimo incontrato una civiltà extraterrestre, la comunica-zione sarebbe potuta risultare inattuabile perché non era affatto sicuro che ci fosse qualcosa da comunicare... ricordi?»
«Sì, ricordo bene, ma vai avanti...» disse Tomath, ancora in pensiero per la rivelazione di poco prima: il fatto di avere mandato in fumo una carriera lo metteva spaventosamente in ansia e nessuno gli poteva dare torto per tanta preoccupazione.
«Allora ho messo questa affermazione in relazione alla comunicazione tra esseri viventi con grande differenza di livello intellettivo. Ad esempio la comunicazione tra esseri umani e gatti si restringe solo allo scambio di coccole e all’offerta di cibo, non puoi raccontare al gatto le tue elucubra-zioni filosofiche o scientifiche, perché sarebbe del tutto inutile... né il gatto può comunicare altro che voglia di coccole o desiderio di cibo. Eb-bene, questo avverrebbe tra due esseri che comunque sono dello stesso pianeta, ma tra esseri di pianeti diversi anche queste semplici forme di comunicazione potrebbero essere del tutto assenti e l’unica informazione a disposizione potrebbe ridursi alla pura constatazione dell’esistenza! Cioè: io ti vedo e tu mi vedi. Mi segui?»
«Fin qui ti seguo, ma non riesco a capire dove vuoi arrivare...» disse Tomath imbarazzato.
«In realtà a questo ci eravamo già arrivati. La constatazione dell’esistenza è già un risultato incredibilmente interessante. Per questo motivo, per anni, sono stati portati avanti progetti come O.Z.M.A. o il più noto S.E.T.I. Inoltre questo Dipartimento ha finanziato ricerche su U.F.O., abduction, crop circles, civiltà scomparse e tante altre cose che non hanno portato altro che spreco di tempo e di fondi... cioè risultati ZERO».
«Questo lo so, ma tu che rimedi hai trovato?» disse Tomath, temendo che il discorso di Fam si sarebbe rapidamente smarrito in oziose conside-razioni.
«Abbiamo percorso tutte le strade, tranne l’unica che porta direttamente alla cosiddetta: “constatazione dell’esistenza”! Ce l’avevamo sotto il naso, ma non l’abbiamo vista!»
«Sei sicuro? Noi ne abbiamo provate di tutti i colori!»
«Sì, sono sicuro...» disse Fam, con sguardo trionfante.
«Vorrei che tu mi spiegassi…»
«Certamente. Per farti capire meglio ti faccio un esempio. Hai mai visto un gatto che capisce che nella tua casa c’è un apparecchio televisivo?»
«Credo proprio di no; di solito la mia gatta ci si addormenta di sopra, anche quando mio figlio lo tiene acceso ad alto volume!» disse Tomath.
«Ecco! Quindi cani e gatti, ad esempio, sono assolutamente incapaci di distinguere una tecnologia. Si addormentano sul televisore, passeggiano sul cofano delle automobili, marchiano il territorio sui pali della luce... Da questa evidenza potremmo estrapolare che se noi fossimo a contatto con una civiltà extraterrestre molto più avanzata di noi, potremmo non essere in grado di percepire le loro tecnologie, e chiaro?»
«Con questo che vuoi dire? Che potremmo addormentarci su un disco volante scambiandolo per un letto?» disse Tomath ridendo.
«Ebbene, non ci crederai, ma è proprio ciò che è accaduto a un centina-io di persone in questa città!»
«Che si sono addormentate su un disco volante?!» disse Tomath con una faccia tra il divertito e lo stupito.
«Esattamente! Ho scoperto che molti oggetti che noi scambiamo per letti sono in realtà delle navi spaziali aliene! Lo so, sembra talmente in-verosimile che stento a crederci io stesso...»
«Ma hai almeno un prova?» disse Tomath, sconvolto.
«Nel mio laboratorio ho un paio di letti che farebbero la gioia di qualsi-asi scienziato anziché quella di una coppia di amanti... Sapessi, una volta analizzati, cosa ci ho trovato dentro...»
«Ma com’è possibile una cosa del genere?»
«È del tutto possibile, anzi, direi che è banalmente ovvio, talmente ov-vio che non ci avevamo mai pensato. Le nostre menti non sono in grado di razionalizzare una tecnologia enormemente superiore alla nostra, quindi sono costrette a crearsi una falsa immagine. Come un gatto scambia il cofano di un automobile per un luogo adatto per dormire, allo stesso modo noi possiamo scambiare una nave spaziale aliena per un letto. Anzi, la nostra mente fa molto di più di un semplice scambio: essa VEDE un letto! Capisci?»
«Credo, credo di sì...» balbettò Tomath, cominciando a credere che Fam si fosse lasciato prendere un po’ troppo dall’entusiasmo.
«Sai come ho fatto a scoprirlo? Andando ad analizzare tutte quelle per-sone che sognavano molto spesso di fare viaggi nello spazio o di vedere alieni o esseri strani. In realtà non stavano affatto sognando, viaggiavano davvero nello spazio! Le navi spaziali aliene si attivano con la mente, quindi quelle persone le “mettevano in moto” inconsapevolmente usando le facoltà mentali, che nel sonno sono notoriamente potenziate. Siccome poi si basano su una propulsione a stadi intermedi di spazi interdimen-sionali, sembrava che il letto e la persona non si muovessero da lì e in re-altà sfrecciavano ad anni luce di distanza! Inoltre ho scoperto anche che questi letti erano stati regalati o prestati ai soggetti, quindi significa che gli alieni lo hanno fatto apposta per sottoporli a esperimenti. Non è una scoperta incredibile?»
«Credo di sì...» Tomath cominciava a sentirsi un cretino. Da un bel po’ era lì che ascoltava gli sproloqui di un uomo che aveva perso ogni traccia di raziocinio e non sapeva nemmeno cosa rispondergli.
«L’altra grande scoperta che ho fatto è stata che molti indumenti che indossiamo quotidianamente sono in realtà dei manufatti alieni: per essere precisi sono dei sofisticati strumenti per monitorare tutti i nostri parametri vitali. Noi li indossiamo e loro trasmettono agli alieni la pulsazione cardiaca, la pressione del sangue, la temperatura e chissà quanti altri pa-rametri che noi non immaginiamo neanche! Chi non ha comprato qualche economico indumento made in China? Ebbene, di questi indumenti ci viene detto che sono stati realizzati con manodopera a basso costo e proprio per questo sono venduti a prezzi stracciati, ma questo è un trucco! Il prezzo basso serve a favorirne la diffusione a livello mondiale, e il fatto che sono marchiati made in China serve a limitare la possibilità di verificarne la provenienza! Anche in questo caso in laboratorio ho un centinaio di magliette che una volta analizzate a fondo hanno rivelato dettagli davvero incredibili!» disse Fam trascinato da un crescente entu-siasmo.
«Più tardi voglio vedere sia i letti che le magliette! Ma c’è una cosa che vorrei capire... i cani e i gatti sono incapaci di percepire le nostre tecno-logie, ma sono capacissimi di vedere NOI! Se noi non siamo capaci di vedere le tecnologie aliene, quindi dovremmo essere almeno capaci di vedere LORO! Perché invece non li vediamo?»
«Ci ho pensato anche io a questo problema e mi sono scervellato per mesi, ma poi ho trovato la soluzione: anche questa era sotto il naso e non l’abbiamo mai vista. Sono partito sempre dal rapporto umani-animali. I cani e i gatti, per rifarci agli stessi esempi di prima, ci vedono benissimo, ma ci percepiscono come se fossimo anche noi cani o gatti! Solo che ci pongono in una posizione dominante rispetto a loro! Da ciò si estrapola facilmente che...»
«...noi vediamo gli alieni come se fossero normalissimi esseri umani, ma in posizioni sociali molto elevate, come star del cinema, presidenti, imperatori, ecc... Questa però l’ho già sentita,» lo interruppe Tomath, mostrando tutta la sua perplessità.
«Sì, qualcuno l’aveva già pensato, e noi l’abbiamo snobbato come un pazzo visionario...» disse Fam con tristezza.
«Loro sono tra noi,» aggiunse Fam a bassa voce avvicinandosi a To-math.
«Anche tu sembri un pazzo visionario in questo momento!» lo rimpro-verò Tomath.
«Io ho le prove!»
«Le voglio vedere!»
«Calmati! Le vedrai al momento opportuno.»
«Spero che per te il momento opportuno sia molto presto. Io ho da la-vorare...» disse Tomath alzandosi dalla sua poltrona. Cominciò a pensare che se Fam non se ne fosse andato entro pochi minuti avrebbe perso la pazienza. L’atteggiamento di Fam era un po’ troppo irritante.
«Questo è più importante del tuo lavoro. È qualcosa di troppo grandio-so, i tuoi appuntamenti possono certamente aspettare».
«Aspettare cosa? Perché non vuoi farmi vedere subito le prove?» chiese Tomath.
«Ti rendi conto che Gesù era con molta probabilità un alieno che aveva mostrato a tutti le sue capacità! Lo hanno ucciso i suoi stessi simili per metterlo a tacere. In questo modo trovano spiegazione anche i numerosi miracoli che Egli faceva…» disse Fam pensieroso.
«Non cambiare discorso! Voglio visionare le prove che hai citato. Vo-glio vedere le analisi dei letti e delle magliette! Tu hai queste analisi, por-tamele, per favore».
«Non subito; mi devi perdonare ma non mi fido: anche tu potresti esse-re un alieno!»
«Basta Fam. La mia pazienza ha un limite. Ho solo altri cinque minuti da dedicarti, poi ho un seminario. Giusto il tempo per andare a prendere le tue analisi e portarmele!» disse Tomath severo.
«Dopotutto anche tu hai sempre occupato posizioni sociali elevate... potrei togliermi ogni dubbio facendo l’analisi di un campione dei tuoi tessuti…»
«Cosa?!» gridò Tomath.
«Sì, certo! L’analisi metterebbe in evidenza un DNA diverso da quello umano e sarebbe la prova della tua appartenenza!».
Con mossa rapida Fam afferrò il tagliacarte sulla scrivania di Tomath e si diresse di scatto verso di lui.
«Cosa vuoi fare?» disse Tomath con una smorfia di terrore disegnata sul viso.
«Calmati! Ci vorrà solo un attimo… mi basta un lembo del tuo orecchio per avere la prova che mi serve. Non ti farà male e se sei davvero umano non hai niente da temere!» disse Fam, rosso in viso.
A quel punto Tomath si decise, con un movimento rapido della mano, premette il bottone che si trovava sotto la sua scrivania e chiamò la sicu-rezza. Entro un minuto sarebbero arrivati due uomini.
«Tu non ragioni più... ti invito ad uscire da questo ufficio!» disse To-math, pallido in viso per la paura.
A quel punto Fam si fermò e abbassò il tagliacarte.
«Io l’avevo sempre sospettato, sai? È da anni che ti tengo d’occhio! Ma non ero sicuro, non sono mai stato sicuro. Non lo sono nemmeno adesso... ma se sei umano allora devi aiutarmi! Bisogna divulgare questa scoperta; ci divideremo il merito e saremo ricordati come i più grandi scienziati della storia umana. Saremo per sempre quelli che hanno scoperto l’esistenza degli extraterrestri, supereremo in fama Galileo, Newton, Ein-stein, Watson e Crick e tanti altri! Ti rendi conto di cosa abbiamo appena fatto?» disse Fam, febbricitante per l’entusiasmo.
«Tra pochi secondi due uomini ti accompagneranno fuori da questo e-dificio. Ma ci sentiamo tra qualche giorno. Dopo avere osservato cosa c’è dentro il tuo laboratorio...» disse Tomath freddamente.
I due uomini della sicurezza entrarono nello studio, strapparono dalla mano di Fam il tagliacarte e lo presero con forza dalle braccia. Mentre lo portavano fuori egli gridò:
«Diventeremo una leggenda perché nemmeno loro sono riusciti a fer-marci!», poi la porta dello studio si chiuse automaticamente.
Tomath crollò sulla poltrona in preda al pianto. Non solo il suo migliore scienziato e amico aveva perso la salute mentale, ma aveva anche commesso un reato di cui, lui, sarebbe potuto essere considerato respon-sabile, con gravi conseguenza per la carriera. Si sentiva rovinato e beffato dal destino.
Il giorno dopo invece si sentì parzialmente rincuorato. Dalle indagini svolte al computer non risultava nessun illecito da parte di Fam. Nessuno aveva mai prelevato denaro per svolgere ricerche di nascosto. Nel labora-torio non c’erano né letti né magliette e nemmeno altre cose strane. Anzi, la scrivania era desolatamente vuota, come se Fam non lavorasse da mol-to tempo.
Nonostante tutto restava il fatto che il suo amico era impazzito e questo per lui era un grande dispiacere. La migliore mente di tutto il Diparti-mento si era deteriorata e non sapeva se ne fosse esistita qualcuna in gra-do di succederle degnamente.
Le emozioni delle ultime 24 ore erano state talmente forti che Tomath si sentiva male fisicamente: avvertiva forti dolori addominali e anche un po’ di mal di gola. Ad un certo punto i dolori divennero spasmi e uscì dal suo studio per precipitarsi in bagno. Vi stette circa cinque minuti poi uscì, ma ancora non si sentiva davvero a posto.
Quando Harajo, tecnico del Dipartimento dal carattere eccentrico e in-troverso, vide uscire il direttore dal bagno, così pallido e sudaticcio, ven-ne colto da uno spiacevole sospetto. Si precipitò in bagno e guardò den-tro.
Le sue preoccupazioni erano fin troppo fondate. Non bastava che aveva dovuto in fretta e furia sgomberare il laboratorio di Fam Arouet, perché quello sciagurato ci teneva due navi spaziali e un centinaio di sonde ce-rebrali! Non bastava nemmeno che era stato costretto a cancellare tutte le tracce informatiche dei movimenti di denaro che lo stesso Fam aveva fat-to per procurarsi i soldi per le sue ricerche!
E doveva sopportare anche questo, parecchie volte al giorno.
«Il mio compito qui al Dipartimento sarebbe molto più piacevole se gli esseri umani la smettessero di defecare sul mio computer!» pensò.
«Ma l’hanno scambiato per un gabinetto?»

Giuseppe Nicosia

Muovere gli oggetti con la mente? Si può fare!

Niente di paranormale, è ovvio. Si tratta invece di una tecnologia molto avanzata sviluppata recentemente. Una "porta sul cervello" permette a un individuo paralizzato di muovere con il pensiero il cursore su uno schermo, di telecomandare il televisore e anche di usare una mano-robot: si tratta di un'interfaccia uomo-macchina basata su una protesi neuromotoria impiantata nel cervello del paziente. Il successo è riportato in due articoli sulla rivista Nature da John Donoghue della Brown University, Providence e Krishna Shenoy della Stanford University. L'interfaccia è inserita nella corteccia motoria del paziente e i suoi elettrodi captano gli impulsi nervosi e li traducono in comandi.

Il risultato si deve alla protesi neuromotoria chiamata "BrainGate", porta cerebrale, creata e testata da Cyberkinetics Neurotechnology Systems Inc, un azienda fondata dagli stessi neuroscienziati della Brown University che da dieci anni lavorano a Braingate. Ma il loro progetto a lungo termine e ben più ambizioso: accoppiare BrainGate a uno stimolatore muscolare, sì che il paziente, controllando col pensiero il sistema di stimolazione, possa arrivare a muovere di nuovo i propri arti.
Una lesione spinale interrompe irreversibilmente il collegamento nervoso tra la corteccia motoria, che pianifica e comanda il movimento, e i muscoli che lo eseguono. Prima gli scienziati credevano che in seguito alla lesione spinale la corteccia motoria, rimanendo inutilizzata, smettesse di funzionare. Invece i neuroscienziati USA hanno capito che non è così e che i neuroni della corteccia motoria sono in grado di trasmettere segnali anche a distanza di anni dalla lesione spinale. Ed è grazie a questo che la protesi neuromotoria diventa efficace. Essa non è altro che un dispositivo in grado di registrare i segnali inviati dalla corteccia motoria e di decodificarli in un linguaggio che possa comandare congegni di vario tipo, dal pc al televisore.
Dopo averla testata con successo sulle scimmie, i ricercatori hanno impiantato BrainGate nella corteccia motoria di un venticinquenne paralizzato e hanno riportato su Nature i risultati a nove mesi dall'impianto: il ragazzo può, anche mentre parla, muovere il cursore su uno schermo, cambiare canale sulla TV, aprire delle email, usare una mano protesica per dare delle caramelle a un tecnico.
Un risultato davvero molto importante che ora gli scienziati cercheranno di ripetere su un altro essere umano, un cinquantacinquenne paralizzato cui hanno appena impiantato BrainGate. Questa interfaccia non fa altro che tradurre in comandi i pensieri del soggetto e, cosa ancora più entusiasmante, lo fa in tempo reale, hanno concluso gli esperti; una volta che si potesse mettere in comunicazione BrainGate non più solo con l'esterno ma con i muscoli del paziente, tramite uno stimolatore questi muscoli potrebbero di nuovo essere comandati dalla corteccia motoria, superando il blocco della lesione spinale. In questo modo la tecnologia permette di superare gravi danni fisici, la cui cura in passato era considerata assolutamente impossibile o frutto di un miracolo.

(Fonte)

giovedì 8 novembre 2007

Don Sante Sguotti, il prete innamorato, ha capito che la fama mediatica gli può portare soldi ed ha pubblicato un libro!

Non metterò nessun link al suo libro, né citerò il titolo, per non fargli ulteriore pubblicità. Il prete innamorato (com'è stato appellato dopo essere stato sospeso dal suo incarico a divinis) ha capito che la fama mediatica può diventare una miniera d'oro. Da qui l'idea di pubblicare un libro di "confessioni" sul suo rapporto con la sua donna. Nel libro sono contenuti anche dettagli un po' "piccanti" che riguardano la sua attività sessuale.

Non ci sarebbe niente di male, se non fosse che ci viene il sospetto che si tratti di una massiccia manovra pubblicitaria. Don Sante ha persino il "manager" che lo aiuta nella promozione del suo libro.

La mia riflessione riguarda a questo punto i valori che dovrebbero portare avanti i sacerdoti. Sia i credenti, sia gli atei, io credo, avrebbero desiderato un minimo di coerenza da parte dei sacerdoti. Invece negli ultimi tempi ci troviamo di fronte a un fenomeno davvero inquietante. Don Sante ha preso una decisione coraggiosa, ma ha fatto un passo falso: ha deciso di monetizzarla, svilendo il significato del suo gesto, mettendo in evidenza che per lui non è importante l'amore, ma la fama e il successo economico. Abile mossa la sua ed ha funzionato alla perfezione. Per uno come lui, che ha fatto scalpore, la pubblicazione di un libro diventa una cosa molto facile...

A questo punto sulla copertina dovrebbero scriverci: "scemo chi legge"

Ecco la foto della conchiglia più preziosa: quotata oltre 8000 dollari! Si chiama Bayerotrochus Tangaroana e si trova nei mari della Nuova Zelanda.

Non è la conchiglia più bella, ma è molto rara e sicuramente alla portata di collezionisti molto ricchi! Infatti per avere questa conchiglia del diametro di poco più di 5 centimetri, bisogna sborsare almeno 8000 dollari! La preziosa conchiglia è stata classificata da Bouchet, Ph. & B. Métivier, nel 1982 e fa parte della famiglia delle Pleurotomariidae. Si può trovare nei mari della Nuova Zelanda.

mercoledì 7 novembre 2007

Google. 225 miliardi di dollari di capitale e detiene meno dello 0,02% delle informazioni mondiali.

Se la ricerca con Google è in grado di accedere allo 0,02% delle informazioni mondiali, possiamo immaginare che il rimanente 99,98% resti del tutto irraggiungibile.

Nel 2006 sono stati prodotti 10.000.000 di terabytes di dati e solo circa 1085 terabytes sono stati indicizzati da Google, corrispondenti proprio allo 0,02% che ho citato prima.

Nel mondo, la mole di informazioni prodotte, cresce del 19% ogni anno. Quindi anche un colosso come Google, all'interno del quale è possibile trovare quasi di tutto, in realtà è solo "la punta dell'iceberg" dell'informazione, la maggior parte della quale resta ancora "sommersa".

Questi dati sono stati recentemente pubblicati dalla Berkeley’s School of Information Management Systems.

World Solar Challenge. Gara per auto che devono attraversare tutta l'Australia facendo uso della sola energia del sole.

Il Panasonic World Solar Challenge è un evento biennale basato sulla competizione di automobili ad energia solare che devono attraversare il continente australiano. Le varie squadre partecipanti si occupano della ricerca, progettazione e costruzione dei veicoli in grado di completare i 3000 chilometri di viaggio dalla tropicale Darwin nel Territorio del Nord, fino alla metropoli di Adelaide nel sud dell'Australia.
Il Panasonic World Solar Challenge è senza dubbio una delle più grandi avventure scientifiche del nostro tempo. Dal 1987, lo scopo di questo evento è stato quello di promuovere e celebrare l'eccellenza tecnica, e di attirare l'attenzione sugli imperativi del trasporto sostenibile.
E' una sfida di efficienza energetica, basata sulla creazione di un equilibrio sostenibile tra la velocità e la resistenza, l'energia di gestione e la pianificazione strategica.
Il Panasonic World Solar Challenge fornisce un punto di riferimento per le giovani brillanti menti che possono eccellere nei settori di ingegneria, fisica, matematica e di elettrochimica. Nel 2007 ricorre il 20 ° anniversario della Panasonic World Solar Challenge e la forza di attrazione della manifestazione continua ad essere la sfida dell'uomo contro gli elementi.

(Nella foto una delle automobili partecipanti)

Per maggiori informazioni visitare il sito:

http://www.wsc.org.au/What.is.the.Challenge./

martedì 6 novembre 2007

Una serie di immagini di meravigliose farfalle dai colori stupendi

Le farfalle sono una eccezione per quanto riguarda gli insetti. Di solito gli insetti sono considerati pericolosi, schifosi, fastidiosi. Le farfalle invece non fanno mai venire in mente pensieri negativi. Il motivo di tutto ciò è dovuto alle loro ali coloratissime e dai disegni spesso molto complessi. Qui vi viene presentata una carrellata di immagini di farfalle (tutte le immagini sono state reperite in rete, in alcune di queste è possibile leggere il nome dell'autore della foto).


Gli integratori alimentari. Utilità e rischi.

Gli integratori stanno avendo grande successo probabilmente perché trasmettono un messaggio positivo ad un'ampia fascia della popolazione: migliorato benessere e protezione dal processo di invecchiamento.

L'utilizzo di una gamma assai ampia di tali prodotti pone però il problema della loro validità scientifica e della loro utilità. In Italia non sembrerebbe giustificata un'assunzione così massiccia, in mancanza di effettiva carenza di fattori nutrizionali. Sulla utilità degli integratori, in particolare di quelli vitaminici e vitaminico-minerali, vi sono comunque opinioni contrastanti e qualcuno li considera addirittura potenzialmente dannosi. Secondo la National Academy of Sciences americana non vi è prova che alte dosi di antiossidanti (vitamine A e C e β-carotene) possano ridurre il rischio di malattie legate ai fenomeni di ossidazione e invecchiamento. Le vitamine dovrebbero essere opportunamente as­sunte con gli alimenti e non con gli integratori. Rischi da abuso di vitamina A e β-carotene erano già stati evidenziati anche in altri studi.

L'uso incontrollato di prodotti con attività biologica marcata potrebbe quindi essere rischioso? "Integratori naturali" a base di cromo e alghe, ginseng, gingko biloba o iperico sono veramente innocui o sicuri?

Nel 1996 la FOFI aveva segnalato la spregiudicatezza di certe campagne di marketing basate su informazioni e messaggi ingannevoli e ricordato che il farmacista dovrebbe astenersi dall'allestire vetrine che diano un'immagine non consona al ruolo primario di presidio sanitario che un esercizio farmaceutico deve svolgere.

Si riportano i risultati, a dir poco allarmanti, emersi da studi eseguiti per verificare gli effetti di alcuni integratori (o sostanze presenti in essi) sull'uomo. E' ovvio che si tratta di dati che devono essere confermati, ma la fonte è sicuramente attendibile ed è perciò auspicabile, quanto meno aumentare il livello di attenzione.

Da: "Adverse Cardiovascular and Central Nervous System Events Associated with Dietary Suppelements Containing Ephedra Alkaloids" (C.A. Haller, N.I. Benowitz) e da "Phenylpropanolamine and the Risk of Hemorrhagic Stroke" (W.N. Kernan et al.). 2000 Massachusetts Medical Society.

Le sostanze elencate di seguito possono favorire le emorragie cerebrali, ma sono di facile reperibilità sul mercato (sono contenute in alcuni integratori alimentari sia di tipo sportivo che "per perdere peso"):

efedrina

pseudoefedrina

norefedrina

norpseudoefedrina

possono essere anche chiamati:

alcaloidi dell'efedrina

ma huang

Prodotti commerciali in cui sono presenti:

Ultimate Orange (bevanda tonificante)

Ripped Force (bevanda tonificante)

Shape-Fast Plus (capsule per perdere peso)

Ripped Fuel (capsule per perdere peso)

La fenilpropanolamina, altro prodotto pericoloso come quelli sopra menzionati, che si usa per sopprimere l'appetito, entra anche nella composizione di prodotti per il raffreddore di uso comune, come:

BABYRINOLO

DENORAL

ZERINETTA

ZERINOL

DURAZINA

TEMPORINOLO

TRIAMINIC

Nota bene: tutte queste sostanze fanno parte della lista delle sostanze Doping per le attività sportive agonistiche.

(Fonte: http://www.sportmedicina.com/index.htm)

Si impone una riflessione, quindi. L'abuso degli integratori alimentari, soprattutto per i giovani che fanno sport, può essere dannoso. Soprattutto per coloro che fanno body building... Nelle stesse palestre gli iscritti vengono spinti a fare un uso massiccio di integratori (e qui siamo al limite del doping vero e proprio) che non fanno bene alla salute. Amate lo sport e amate, soprattutto la vostra salute, che viene sempre prima di qualsiasi ambizione agonistica.

Space X Starship: il nuovo tentativo di lancio del 18 novembre 2023.

Vediamo un frammento della diretta del lancio dello Starship del 18 noembre 2023. Il Booster 9, il primo stadio del razzo, esplode poco dopo...