giovedì 23 febbraio 2012

La teoria delle stringhe (seconda parte)

Come vi avevo promesso, eccoci alla seconda parte della mia breve trattazione della teoria delle stringhe (con qualche formula matematica). Nella prima parte avevo spiegato cosa sono queste “stringhe” in termini di oscillazioni di una “corda” tesa con una certa tensione. Avevo finito il post dicendo che le equazioni che descrivono le stringhe, quando sono sottoposte ai vincoli delle relazioni di commutazione quantistiche, presentano dei problemi. Nelle soluzioni compaiono stati a “norma negativa”, quindi a probabilità negativa. La probabilità negativa non ha alcun significato fisico, ciò significa che le equazioni delle stringhe non descriverebbero una buona teoria valida e coerente. Questi stati a norma negativa (chiamati ghosts) non hanno scoraggiato i fisici. Essi infatti si sono accorti che le soluzioni ghost scompaiono se le dimensioni dello spazio-tempo sono maggiori o uguali a 26!

Questa teoria delle stringhe a 26 dimensioni prende il nome di teoria di stringa bosonica. L’azione di superficie di universo della stringa bosonica è data da:

per una stringa che si propaga in uno spazio-tempo piatto 26 dimensionale con coordinate Xμ(σ,τ) si possono avere 4 differenti teorie quantistiche delle stringhe. Ciò dipende dalla scelta che facciamo delle condizioni al contorno utilizzate per risolvere le equazioni del moto.

Le scelte si possono dividere in due categorie:

1) Le stringhe possono essere aperte (con estremi liberi) o chiuse (con gli estremi legati insieme a formare un anello).

2) Le stringhe possono essere orientabili (è possibile scegliere in quale direzione ci si può muovere lungo la stringa) o non orientabili (non è possibile scegliere in quale direzione ci si può muovere lungo la stringa).

Ci sono 4 differenti combinazioni di opzioni, che danno vita alle quattro teorie di stringa bosonica che possiamo vedere illustrate nella tabella sotto. Si noti che dalla tabella si capisce che le teorie di stringa aperta possono anche contenere stringhe chiuse. Perché avviene questo? Avviene perché una stringa aperta a volte può unire i suoi estremi liberi e diventare una stringa chiusa e poi rompersi di nuovo in una stringa aperta. In una teoria di pura stringa chiusa l’analogo di questo processo non può avvenire.

Nonostante le stringhe bosoniche evitino gli stati a norma negativa con 26 dimensioni dello spazio-tempo, non riescono ad evitare un’altra instabilità. Il loro stato fondamentale di eccitazione è un tachione con massa quadratica pari a M2 = –1/α’. Il tachione sarebbe una particella (in questo caso una stringa) in grado di muoversi più velocemente della luce. Questo è un grave difetto!

La teoria include, nello spettro di tutte le possibili particelle a massa nulla, anche il gravitone, la particella intermediaria delle forze gravitazionali che non trova posto nelle altre teorie oggi accettate (come il modello standard). Questo invece è un grande risultato!

Un grave difetto e un grande risultato… questa teoria delle stringhe ci spiazza veramente!

Stringhe bosoniche d = 26  
Tipo Orientata? Dettagli
Aperte (+ chiusa) Tachione scalare, tensore antisimmetrico senza massa, gravitone e dilatone.
Aperta (+ chiusa) No Tachione scalare, gravitone e dilatone senza massa.
Chiusa Tachione scalare, bosone vettoriale senza massa, tensore antisimmetrico, gravitone e dilatone.
Chiusa No Tachione scalare, gravitone e dilatone senza massa.

Si vede subito che la teoria di stringa bosonica è instabile, perché non è una teoria realistica con cui si può cominciare. Il mondo reale possiede materia stabile formata da fermioni che soddisfano al principio di esclusione di Pauli che afferma che due particelle identiche non possono stare nello stesso stato quantico nello stesso instante.

Aggiungendo i fermioni nella teoria delle stringhe si introduce un nuovo set di stati a norma negativa (i ghosts sono tornati!).

Anche in questo caso i teorici delle stringhe non si sono affatto scoraggiati e hanno scoperto che i ghosts scompaiono dallo spettro delle soluzioni delle equazioni se il numero delle dimensioni dello spazio-tempo è pari a 10 e la teoria è supersimmetrica, in modo che ci sia un numero uguale di bosoni e di fermioni nello spettro.

I fermioni hanno delle condizioni al contorno più complesse rispetto ai bosoni, quindi i teorici delle stringhe hanno avuto molte difficoltà a creare una teoria che fosse in qualche modo coerente. Il problema è che non viene fuori una sola teoria delle superstringhe, ma ben 5! Il problema è: qual è quella “giusta”? Questo quesito verrà risolto storicamente dimostrando che queste 5 teorie delle superstringhe sono equivalenti ad una sola teoria (ancora sconosciuta) che è stata battezzata Teoria M.

Nel prossimo post vedremo in dettaglio le 5 teorie delle superstringhe e ne mostreremo pregi e difetti. Poi vedremo cosa fa pensare che queste differenti teorie siano la “punta di iceberg” di una teoria ancora sconosciuta, chiamata Teoria M.

Al prossimo post!


I neutrini non sono più veloci della luce

I neutrini non sono più veloci della luce. Sembra che sia stato trovato un possibile errore nella “famosamisura della velocità dei neutrini che era stata annunciata il 23 settembre del 2011. La misura che aveva “scosso” il mondo della Fisica era stata ottenuta dall’esperimento Opera, presso i Laboratori Nazionali del Gran Sasso (LNGS). I ricercatori erano stati molto prudenti nell’annunciare la misura, affermando che si sarebbe lavorato alacremente per trovare un eventuale errore di misura. Dopo mesi, sembra che un errore sia stato trovato.

Laboratori Nazionali del Gran Sasso

La misura otteneva un risultato eclatante, e cioè che i neutrini avrebbero una velocità superiore a quella della luce. Nel percorso per attraversare la distanza che separa il Cern di Ginevra dai laboratori del Gran Sasso i neutrini anticipavano la luce di 60 nanosecondi (60 miliardesimi di secondo). Questa discrepanza si potrebbe spiegare con il cattivo funzionamento di un cavo a fibra ottica che collega il ricevitore GPS usato per correggere il cronometraggio del viaggio dei neutrini, e la scheda elettrica dei computer.

Se la notizia sarà confermata la teoria della Relatività è salva e i fisici non dovranno fare i “salti mortali” per spiegare perché i neutrini possono violare una delle teorie più accreditate e sperimentalmente verificate che la scienza abbia mai formulato. Ciò significa che anche se i neutrini fossero nella normalità questo non deve essere considerato come un risultato negativo, ma anzi sarebbe una conferma della correttezza di importanti teorie della Fisica. Nel Modello Standard delle particelle il neutrino dovrebbe essere privo di massa (quindi dovrebbe muoversi esattamente alla velocità della luce), ma alcuni anni fa si è scoperto che i neutrini oscillano fra tre stati di interazione diversi. Questa oscillazione può essere spiegata solo con una piccola massa del neutrino. Queste elusive particelle pertanto dovrebbero muoversi, avendo massa, con una velocità leggermente più bassa di quella della luce.

Attendiamo ulteriori notizie.


mercoledì 22 febbraio 2012

Cielo stellato con aurore e meteore. Un timelapse spettacolare!

Guardando un filmato come quello che vi presento, mi viene da pensare… oltre all’evidenza della bellezza straordinaria del cielo notturno, che in queste ore e ore di registrazione in timelapse si vede di tutto, ma non si vede neanche un UFO! Come si può spiegare una cosa del genere? Come mai la registrazione di ore di movimento atmosferico e del cielo stellato non rilevano altro che aerei, meteore (che sono davvero interessanti, specie nel filmato postato qui), aurore polari (davvero stupende) e altri fenomeni atmosferici (spesso anche difficili da spiegare) e non mostrano neanche uno di quei “movimenti strani” che gli ufologi attribuiscono a veicoli di origine extraterrestre?

Ci sarebbe un’altra domanda da farsi: come mai decine di migliaia di astrofili che passano notti insonni a osservare il cielo e a fotografarlo, non hanno mai visto un UFO, nonostante decine di anni di assidue osservazioni? Gli astrofili non possono far parte di oscure associazioni che complottano per “nascondere la verità”, perché sono troppi e troppo scollegati tra loro. Sono dei singoli “liberi cittadini”, appassionati di astronomia che fanno parte di strati sociali e culturali quanto più eterogenei tra loro. Possono riunirsi in piccole associazioni dette “gruppi astrofili”, ma raramente questi gruppi contano più di poche decine di membri. Non possono assolutamente essere “tutti d’accordo” per “nascondere la verità”. Se vedessero UFO con la frequenza con cui affermano di vederli altri testimoni, la cosa sarebbe venuta fuori da decenni. Nessuna “oscura organizzazione” potrebbe controllare così tante persone sparse in tutti i paesi del mondo e così difficili da raggiungere.

Ma è proprio vero che gli astrofili non vedono mai UFO? Fate una breve ricerca su Google voi stessi e vedrete quanti sono gli astrofili che dichiarano di vedere e fotografare UFO. Non cercate, però, di ingannare voi stessi (e gli altri), con affermazioni di astronauti, militari e presidenti di nazioni. Sono gli astrofili che guardano il cielo da decenni con continuità, non certo i presidenti! Se invece il vostro atteggiamento è più possibilista nei riguardi degli UFO, c’è anche questa lettura sull’argomento UFO e astrofili, ma a me sembra molto vaga.

Ma adesso vi lascio al meraviglioso filmato in timelapse del cielo. Gran parte del video è stato girato vicino il White River che scorre nel South Dakota  tra il settembre e l'ottobre del 2011, ci sono scene dal Parco Nazionale Arches nello Utah, e Canyon del Colorado durante il Giugno del 2011. Le riprese dell'aurora sono state effettuate nel South Dakota nel settembre del 2011 e poi vicino a Madison nel Wisconsin il 25 ottobre 2011. Guardandolo non penserete mai alla scarsa fantasia di quelli che credono agli UFO (o che cercano in tutti i modi di convincere gli altri a crederci), ma alla magnificenza del cielo che supera di gran lunga la fantasia (malata e non) di qualunque essere umano.

Buona visione a tutti.

 


Una pianta di 30000 anni fa!

Mi giunge ora la notizia, davvero interessante, di una pianta che è stata, per così dire, fatta uscire da una condizione di “ibernazione” in cui si trovava da 30000 anni. Si tratta della Silene stenophylla, una pianta erbacea molto diffusa nel Pleistocene. I semi di questa pianta sono stati trovati a 38 metri di profondità nel permafrost siberiano, conservati in una tana fossilizzata di scoiattoli. Il procedimento seguito per “fare rivivere” questa pianta è passato attraverso la rigenerazione dei tessuti ancora intatti nei semi ritrovati. I semi sono stati trapiantati e sono germogliati. Dopo un anno le piante sono addirittura fiorite e hanno prodotto frutti. La Silene stenophylla è quella che vedete nella foto:

pianta di 30000 anni fa

L’impresa di far rivivere questa antica pianta è riuscita ai ricercatori dell’Accademia delle Scienze in Russia. Il risultato è davvero interessante, perché le specie viventi che sono attualmente intrappolate nei ghiacci delle zone fredde della Terra sono una vera e propria “instantanea” della vita sul nostro pianeta in epoche più o meno remote.

Il sogno di fare rivivere esseri viventi estinti non è più solo fantascienza…


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lunedì 20 febbraio 2012

Elettricità statica: alcuni esperimenti (video)

Lo sapevate che l’elettricità può “piegare” una fiamma? In questo video possiamo vedere alcuni interessanti (e anche divertenti) esperimenti sull’elettricità statica. Con una macchina in grado di creare cariche elettriche (macchina di Wimshurst), in studio viene spiegata l’origine della carica elettrica. Lo sapevate che affinché si manifestino tutti i fenomeni legati all’elettricità statica è necessario che ci sia aria secca? Infatti quando c’è aria secca possiamo prendere la scossa semplicemente dando la mano a qualcuno che, possibilmente, indossa scarpe con suola di gomma (che fa da isolante), oppure un pullover di lana che sfrega su tessuti sintetici. La cosa più frequente che ci capita è di prendere la scossa quando tocchiamo lo sportello di un’auto.

Nel servizio si parla anche delle pile elettriche e della bottiglia di Leida che fu il primo dispositivo che serviva ad accumulare la carica elettrica. Si vedrà anche come è fatta una bottiglia di Leida. Avete mai visto una bottiglia di Leida caricata con una differenza di potenziale di oltre 100000 volt?

Nel seguente filmato potrete vedere tutti questi semplici ed affascinanti esperimenti. Sono 16 minuti di spiegazioni e di esperimenti sull’elettricità statica che non potete perdere!

Buona visione a tutti.


sabato 18 febbraio 2012

Le auto elettriche sono inquinanti!

Le auto elettriche sono davvero così ecologiche come si crede? Gli ambientalisti, in particolare quelli di Greenpeace, affermano che le auto elettriche non sono affatto ecologiche e potrebbero persino aumentare le emissioni di CO2 esattamente come fanno le auto “normali” che utilizzano carburanti derivati dal petrolio.

Da dove viene questa affermazione? Ha una sua validità?

Partiamo dall’evidenza che un’auto elettrica non produce gas di scarico, quindi sicuramente è in grado di abbattere le emissioni di CO2 in un ambiente cittadino. I guai vengono quando andiamo ad analizzare l’origine che ha la corrente elettrica che usiamo per ricaricare le sue batterie. Questa corrente elettrica infatti proviene dalle normali centrali che la producono mediante combustibili fossili.

Secondo alcuni calcoli si può stimare che un aumento del 10% delle auto elettriche in Europa, porterebbe ad un aumento del 20% delle emissioni di CO2 del settore.

Una “veraauto elettrica, realmente ad emissioni zero, si dovrebbe invece alimentare con fonti rinnovabili. Se si utilizza un’auto elettrica, quindi, la corrente che ricarica le batterie dovrebbe venire, ad esempio, da un impianto con pannelli solari. Se si incrementasse in maniera massiccia la produzione energetica attraverso fonti rinnovabili, si potrebbe usare questa energia anche per l’alimentazione delle auto elettriche, in questo modo l’intera catena di produzione energetica sarebbe ecocompatibile.

Per saperne di più, potete guardare questo filmato dedicato proprio alle auto elettriche che risultano in realtà ben poco ecocompatibili. Buona visione del video.


venerdì 17 febbraio 2012

Batterie al litio innovative

Le batterie al litio possono essere utilizzate nel dispositivi portatili  perché permettono una lunga durata. Il ricercatore dell’ENEA Giovanni Battista Appetecchi ci fa vedere come assemblare una batteria innovativa basata sul litio.

Nel seguente filmato possiamo vedere alcune cose molto interessanti sulle batterie al litio, sul loro livello di sicurezza e di quali sono gli sviluppi per il futuro per questo tipo di energia portatile.

Buona visione a tutti.


giovedì 16 febbraio 2012

La teoria delle stringhe (con qualche formula)

Sappiamo che la teoria delle stringhe è una delle teorie della Fisica più interessanti (e controverse) degli ultimi decenni. In realtà avrebbe la “presunzione” di essere una “teoria del tutto”, cioè una teoria in grado di unificare tutte le principali teorie della Fisica attualmente accettate e quindi dovrebbe essere in grado di descrivere tutti i fenomeni fisici della Natura.

L’ipotesi da cui si parte è che le particelle come gli elettroni, i protoni o i neutroni (e tutte le altre particelle conosciute) non sono dei “punti”, ma delle “cordicelle” vibranti, ma sono così piccole e sottili che le vediamo come se fossero perfettamente puntiformi.

Ma in che cosa consistono esattamente queste stringhe?

Andiamo un bel po’ indietro nel tempo. Si suole dire che Pitagora sia stato il primo teorico delle stringhe della storia. Pitagora, che era un eccellente suonatore di lira, fu il primo a scoprire le relazioni armoniche delle corde che vibrano. Ovviamente si trattava di corde di strumenti musicali, ma la sua intuizione ha influenzato il pensiero occidentale in maniera profonda, perché mise in evidenza come la natura e la matematica sono intimamente connesse. In realtà Pitagora non usò la lira, ma uno strumento molto più semplice, chiamato “monocorde”, costituito da una sola corda tirata su una struttura in legno. In questo modo scoprì che se una corda viene divisa in due parti, la nota che essa produce è di un’ottava più alta della nota prodotta dalla corda intera. Se viene divisa in 3 parti uguali, la corda vibra in un rapporto di 3 a 1, e così via. Sembra che abbia detto: “studiate il monocorde e scoprirete i segreti dell’Universo”.

Forse la sua affermazione è esagerata, ma molti fisici teorici moderni lo hanno preso seriamente in parola!

Nei tempi moderni la matematica ci permette di descrivere l’oscillazione di una corda tesa in maniera molto più efficace e dettagliata.


Se la corda è descritta come nel grafico sopra, con l’ampiezza di oscillazione che si sviluppa nell’asse y (x è la lunghezza della corda), la sua equazione si può scrivere nel modo seguente:

dove t è il tempo e v è la velocità con cui si propaga l’onda nella corda.

Quando si risolve questa equazione bisogna considerare le “condizioni al contorno”. Ad esempio bisogna specificare che la corda è fissata in entrambi i suoi estremi e che ha una lunghezza L che non si può “stirare”.

La soluzione generale della precedente equazione può essere scritta come una somma di “modi normali”, indicati dal numero intero n, in questo modo:

La condizione per avere un modo normale è che la lunghezza dell’onda sia una frazione intera del doppio della lunghezza della corda, quindi che sia:

La frequenza dei modi normali è data da:

I modi normali sono quelli che noi percepiremmo come “note”. Si deve notare come la velocità dell’onda sulla corda aumenta all’aumentare della tensione della corda, quindi aumenterà pure la frequenza normale. E’ per questo motivo che la corda di una chitarra produce una nota più alta quando la corda stessa è più serrata.

Quella che è stata descritta finora è una corda non relativistica, in cui le onde si propagano a velocità molto più basse di quella della luce.

Ma come si fa a descrivere matematicamente quella che adesso possiamo chiamare “stringa relativistica”? Secondo la teoria della relatività di Einstein dovremmo scrivere un’equazione relativistica che deve essere invariante per le trasformazioni di Lorentz. Per fare ciò dobbiamo immaginare che la stringa si muova su una superficie di spazio-tempo, detta “superficie di universo”. Nella stringa non relativistica (che abbiamo chiamato semplicemente corda) c’era una netta differenza tra le coordinate spaziali e quella temporale. In una teoria di stringa relativistica dobbiamo considerare la superficie di universo della stringa come uno spazio bidimensionale dove la divisione tra spazio e tempo dipende dall’osservatore.

L’equazione della stringa relativistica si può scrivere così:

dove σ e τ sono le coordinate della superficie di universo e rappresentano lo spazio e il tempo. Il parametro c2 invece rappresenta il rapporto tra la tensione di stringa e la sua massa per unità di lunghezza.

Queste equazioni del moto possono essere derivate dalle equazioni di Eulero-Lagrange in base all’azione sulla superficie di universo della stringa:

Le coordinate spaziotemporali Xµ della stringa in questa rappresentazione sono anche i campi Xµ in una teoria dei campi bidimensionale definita sulla superficie che la stringa “spazza” mentre viaggia nello spazio-tempo. Le derivate parziali sono rispetto alle coordinate σ e τ della superficie di universo e hmn è la metrica bidimensionale definita sulla superficie di universo della stringa.

La soluzione generale dell’equazione di stringa relativistica appare molto simile al caso dell’equazione non relativistica vista in precedenza. Otteniamo questa espansione in serie di modi normali:

La soluzione qui sopra è ben diversa da quella di una corda di chitarra, nel senso che la stringa non è legata ad entrambi gli estremi ed è libera di oscillare nella superficie di universo. La stringa descritta dal quella equazione è una stringa aperta i cui estremi sono liberi.

Per una stringa chiusa le condizioni al contorno sono periodiche e le soluzioni assomigliano a due soluzioni di stringa aperta che si muovono in direzione opposta. Queste due modalità di stringa chiusa vengono chiamate left-movers e right-movers e le differenze tra queste modalità sono molto importanti per definire la teoria delle superstringhe eterotiche.

Stringa aperta e stringa chiusa

Finora abbiamo considerato l’equazione di una stringa e l’abbiamo scritta in modo tale che fosse compatibile con la teoria della Relatività. Ma non abbiamo affatto finito. Siccome stiamo ipotizzando che le stringhe sono oggetti di dimensioni inferiori a quelle degli atomi e anche delle particelle elementari, è ragionevole supporre che la teoria delle stringhe debba essere compatibile anche con la meccanica quantistica.

Ciò significa che per le nostre equazioni di stringa devono esserci anche altri vincoli e cioè devono rispettare le relazioni di commutazione quantistiche.

I modi di oscillazione quantizzati della stringa forniscono una rappresentazione del cosiddetto gruppo di Poincaré, attraverso il quale gli stati quantici di massa e di spin sono classificati in una teoria quantistica e relativistica dei campi.

Ecco cosa sono le particelle elementari nella teoria delle stringhe: sono come le note armoniche suonate da una corda a tensione fissa.

dove il parametro α’ è detto parametro di stringa e la sua radice quadrata rappresenta la scala di dimensione approssimata in cui gli effetti della stringa diventano osservabili.

Il problema della quantizzazione delle stringhe non è esente da guai. Nelle equazioni infatti compaiono soluzioni a “norma” negativa, che quindi non hanno alcun significato fisico (è come se avessero probabilità negativa) e vengono chiamati ghosts (fantasmi). La cosa più stupefacente è che questi ghosts scompaiono completamente dalle equazioni quando le dimensioni dello spazio tempo sono maggiori o uguali a 26!

Per il momento ci fermiamo qui, nel prossimo post scriverò delle dimensioni extra della teoria delle stringhe e di come queste dimensioni si riducano a 10 se imponiamo alle equazioni anche il vincolo di essere compatibili con la supersimmetria (teorie delle superstringhe). Inoltre vedremo anche che le teorie delle superstringhe sono 5 ma forse sono manifestazioni diverse di un’unica, sconosciuta, teoria, detta Teoria M. Vedremo che natura hanno le dimensioni extra della teoria delle stringhe e perché non le possiamo percepire con i nostri sensi (e nemmeno con i più potenti strumenti a nostra disposizione). Faremo un breve viaggio tra strutture affascinanti come le brane e illustrerò il controverso “principio olografico”.

Se questa lettura finora vi ha affascinati, potete andare subito a leggere la seconda parte. Occhiolino


Il laser

Un atomo può emettere un fotone con un meccanismo piuttosto facile da capire. Un elettrone, che si trova in uno stato di energia E1 riceve energia dall’esterno (per esempio mediante un urto o assorbendo un fotone), in questo modo può portarsi in un altro stato, a cui compete l’energia E2 > E1. A questo punto l’elettrone può ritornare spontaneamente allo stato di partenza (o a un altro stato di energia inferiore), emettendo un fotone di energia hf, dove f è la frequenza (h è la costante di Planck), tale da conservare l’energia totale:

hf = E2 – E1

Di solito l’elettrone rimane nello stato di energia superiore per un intervallo di tempo dell’ordine di 10-8 secondi. Esistono però casi in cui la durata di tale permanenza può allungarsi fino a 10-3 secondi. Quando ciò accade si dice che lo stato di energia E2 è metastabile, cioè quasi stabile.

(Lo schema di funzionamento di un laser a rubino)

 

L’emissione stimolata

I fotoni hanno spin 1 e quindi seguono la statistica di Bose-Einstein. Ciò li distingue dai fermioni, per i quali vale il principio di esclusione di Pauli, secondo cui non è possibile trovare due particelle fermioniche identiche (cioè due particelle dello stesso tipo con gli stessi numeri quantici). Per i bosoni vale la proprietà opposta: essi tendono ad avere tutti le stesse caratteristiche. Così, se un elettrone si trova nello stato atomico di energia E2, la presenza nelle sue vicinanze di un fotone che ha proprio la frequenza f data dalla formula precedente, provoca la ricaduta dell’elettrone stesso nello stato E1, con l’emissione di un nuovo fotone che è del tutto identico a quello che era già presente. Questo fenomeno è detto emissione stimolata.

 

Il Laser

Nel laser (acronimo di Light Amplification by Stimulated Emission of Radiation, cioè “amplificazione della luce mediante l’emissione stimolata di radiazione”) il meccanismo dell’emissione stimolata è utilizzato per ottenere un fascio di luce composto da fotoni tutti identici tra loro. Ciò è possibile grazie a una specie di “reazione a catena” per la quale un fotone casualmente presente ne fa emettere un altro identico a sé, i due fotoni risultanti stimolano l’emissione di altri due fotoni identici e così via. Si ottiene in questo modo un fascio luminoso con caratteristiche uniche. Infatti il fascio risulta

- estremamente monocromatico: la lunghezza d’onda della luce emessa può essere precisa a meno di una parte su un miliardo;

- estremamente coerente: la fase iniziale dell’onda emessa può essere costante su una distanza (detta “lunghezza di coerenza” dell’ordine di diverse centinaia di chilometri; questa distanza è molto maggiore della lunghezza di coerenza della luce della luce di una lampada a gas che è, in genere, molto più breve del metro;

- estremamente direzionale: proprio perché i fotoni che compongono il fascio laser sono tutti identici tra loro, il fascio ha un parallelismo che non si può ottenere mediante usuali sistemi di focalizzazione che utilizzano lenti; l’allargamento del fascio è determinato soltanto dalla diffrazione dovuta al foro di uscita della luce laser.

 

L’inversione di popolazione

Un fascio laser contiene un grande numero di fotoni ottenuti per emissione stimolata. Perché ciò avvenga è necessario che lo stato quantico di energia E2 sia molto popolato di elettroni provenienti dallo stato di energia E1 che, così, risulta semivuoto. Visto che, in condizioni normali, accade il contrario (con lo stato di energia inferiore molto popolato e quello di energia superiore semivuoto), tale condizione è detta inversione di popolazione.

Vale la pena di sottolineare che il realizzarsi di una inversione di popolazione è condizione necessaria per ottenere un fascio laser. Senza di essa, infatti, il fenomeno dell’emissione stimolata non produrrebbe altro che pochi fotoni sporadici, di grande interesse teorico, ma di nessuna utilità pratica.

Ma come si può ottenere una inversione di popolazione? Come esempio, la figura sotto illustra il meccanismo che si realizza, tra l’altro, nei laser a rubino. In condizioni normali lo stato quantico di energia E1 è popolato, mentre sono vuoti gli stati con energia E2 ed E3. Per ottenere l’inversione di popolazione, lo stato con energia E2 deve essere metastabile.

inversione di popolazione

Se si invia luce di spettro continuo mediante una sorgente luminosa convenzionale, i fotoni che hanno la frequenza adatta provocano il passaggio di elettroni dallo stato di energia E1 a quello di energia E3. Da quest’ultimo gli elettroni passano velocemente a quello di energia E2 dove, invece, rimangono per tempi relativamente lunghi. Scegliendo in modo opportuno il materiale e le condizioni fisiche di funzionamento, si fa in modo che quest’ultimo livello risulti più popolato di quello iniziale, che ha energia E1.

A questo punto, il primo fotone di energia adatta che si trova nella zona di spazio interessata innesca la catena delle emissioni stimolate descritte prima, così si produce il raggio laser.

In conclusione, il funzionamento del laser è la migliore prova del fatto che i pacchetti di energia elettromagnetica, che noi chiamiamo “fotoni”, sono dei bosoni e non dei fermioni.


domenica 12 febbraio 2012

Lo spettro elettromagnetico

Lo spettro elettromagnetico è l’insieme di tutte le radiazioni che ci circondano. La “radiazione visibile”, quella che possiamo percepire con i nostri occhi, è solo una piccola frazione dello spettro elettromagnetico. Le onde elettromagnetiche sono delle oscillazioni del campo elettrico e magnetico che possono propagarsi anche nel vuoto e il parametro più importante che le caratterizza è la lunghezza d’onda. A seconda della lunghezza d’onda è possibile classificare le onde elettromagnetiche in questo modo:

a) raggi gamma (lunghezza d’onda inferiore a 10-12 metri, cioè 1 picometro);

b) raggi X (da 100 nanometri a 1 picometro);

c) ultravioletto (da 400 nanometri a 100 nanometri);

d) luce visibile (da 700 nanometri a 400 nanometri);

e) infrarosso (da 1 millimetro a 700 nanometri);

f) microonde (da 10 centimetri a 1 millimetro);

h) onde radio (lunghezza d’onda superiore a 10 centimetri).

spettro elettromagnetico

Ovviamente questi “confini” tra i tipi di radiazioni elettromagnetiche sono arbitrari, la lunghezza d’onda varia tra i raggi gamma alle onde radio senza soluzione di continuità.

Una parte dello spettro elettromagnetico molto interessante è quella dell’infrarosso. Anche nell’infrarosso si possono fare delle distinzioni in base alla lunghezza d’onda. Nell’infrarosso lontano (grande lunghezza d’onda) possiamo vedere lo stato termico dei corpi, cioè se sono più o meno caldi, nell’infrarosso vicino (piccola lunghezza d’onda, di poco superiore alle lunghezze d’onda del visibile) è possibile vedere cose molto interessanti del mondo che ci circonda.

Nell’infrarosso vicino il mondo ci appare molto simile a quello che vediamo con i nostri occhi, tranne che in alcuni dettagli che, però, sono molto interessanti. Molti pigmenti colorati che noi percepiamo dai colori molto vivaci, nell’infrarosso invece non sono assolutamente visibili. Ciò significa che le superfici trattate con questi pigmenti non riflettono l’infrarosso e quindi se le osserviamo attraverso una telecamera sensibile a questo tipo di radiazione le vedremmo bianche. Un esempio tipico sono i pigmenti che vengono usati per colorare i capi di abbigliamento. Una camicia a righe nel visibile, apparirebbe completamente bianca nell’infrarosso. Una donna che usa il colore per capelli per diventare castana scura, apparirebbe con i capelli molto chiari nell’infrarosso.

La diversa risposta dell’infrarosso a molti pigmenti utilizzati per colorare fa sì che l’infrarosso viene spesso utilizzato per distinguere quadri falsi da quelli autentici. O anche per distinguere banconote false da quelle vere. Un’altra applicazione della visione infrarossa è quella di poter distinguere se i sistemi vegetali sono in buona salute o no. La clorofilla nel visibile ci appare verde, nell’infrarosso è bianca. Se della verdura ha delle parti che stanno marcendo, nel visibile ci appaiono ancora approssimativamente verdi, nell’infrarosso invece si vedono delle nettissime zone nere.

Nel seguente filmato possiamo vedere l’esperto Nicola Ludwig che spiega cosa sono le onde elettromagnetiche, sottolineando alcune interessanti applicazione della visione all’infrarosso vicino che ho citato prima (distinguere quadri falsi, banconote false, vegetali in “cattiva salute”). Alla fine del video viene mostrato anche un “colpo di scena” in studio con una applicazione della visione infrarossa davvero sorprendente. Vi consiglio di trovare un po’ di tempo per vedere questo filmato (dura poco più di 11 minuti), perché io stesso ho imparato tante cose che non sapevo.

Buona visione a tutti.


venerdì 10 febbraio 2012

Chip fotovoltaici ad alta efficienza italiani

Negli ultimi giorni il maltempo in Italia ha causato l’isolamento di diversi centri abitati. Molti paesi sono rimasti senza corrente elettrica. Questo non sarebbe successo se l’energia solare fosse più diffusa soprattutto nei centri abitati più piccoli ed isolati. Il tema dell’energia solare ci riporta però ad un altro argomento che riguarda l’efficienza dei pannelli solari. Infatti i chip fotovoltaicinormali” non hanno una grande efficienza. Una cella solare di solito non riesce a convertire più del 18% dell’energia solare incidente.

Molti ricercatori in tutto il mondo stanno cercando di studiare nuovi modi per aumentare l’efficienza delle celle solari in modo tale da renderle “competitive” con altre forme di energia più convenzionali.

La notizia più allettante è che in una cascina alle porte di Piacenza si sta cercando di portare l’efficienza delle celle solari fino al 45%: si tratterebbe di un vero e proprio record. Si tratta del Consorzio RSE che sta sviluppando una cella solare fotovoltaica a concentrazione. Il risultato della resa al 45% dovrebbe essere raggiunto entro il 2013.

La capacità di queste nuove celle solari di concentrare l’energia solare è dovuta alle proprietà dei materiali che le compongono: indio, gallio, arsenico e silicio. Una volta che le celle solari verranno realizzate, il problema più importante sarà quello di industrializzare la produzione, abbattendo i costi e creando un prodotto competitivo sul mercato, quindi poco costoso.

Sono contento che questo tipo di studi si stiano eseguendo anche in Italia, spero sono che questa iniziativa non si trasformi (come troppo spesso succede nel nostro paese) nella solita “occasione sprecata”. Speriamo quindi che si traduca in un progresso tecnologico tangibile e fruibile per migliorare lo sfruttamento dell’energia solare in Italia e in tutto il mondo.

Nel frattempo, se volete qualche dettaglio in più su queste nuove celle fotovoltaiche ad alta efficienza italiane, vi rimando alla visione del seguente servizio televisivo che ne parla. Buona visione a tutti.


Space X Starship: il nuovo tentativo di lancio del 18 novembre 2023.

Vediamo un frammento della diretta del lancio dello Starship del 18 noembre 2023. Il Booster 9, il primo stadio del razzo, esplode poco dopo...