Motivazione: una possibile definizione
Provate a pensare alle innumerevoli attività che svolgete durante la giornata: mangiate o fate uno spuntino spinti dalla fame o dalla gola; uscite con gli amici o andate in palestra per rilassarvi e divertirvi; ripassate l'algebra o la grammatica per prepararvi all'interrogazione e così via. Ognuna di queste attività scaturisce da una spinta, da un impulso che ci induce a iniziarla, proseguirla e portarla a compimento, vincendo eventuali fattori in grado di contrastarla (ad esempio la fatica, o le distrazioni che potrebbero distoglierci dallo studio). Chiamiamo motivazione questa spinta, e comportamento motivato la sequenza di azioni a cui essa dà luogo.
Innanzitutto, è importante osservare che la motivazione non è un'entità statica e immutabile, ma qualcosa di dinamico, che può variare nel tempo conoscendo notevoli oscillazioni: un individuo, ad esempio, può intraprendere un determinato sport con un livello di motivazione molto alto, ma stancarsi dopo un certo periodo di tempo e avvertire l'impulso a ricominciare solo molti anni più tardi.
In secondo luogo, occorre sottolineare che in un soggetto convivono più motivazioni a livello potenziale, e tra queste non tutte concorrono a determinare il suo comportamento: ad esempio, un giovanotto che alla sera ami uscire con gli amici o con la ragazza può anche decidere di rinunciarvi, se proprio quella sera trasmettono in TV un'importante partita della sua squadra del cuore.
Talvolta, inoltre, oscilliamo tra differenti motivazioni, ed è un determinato stimolo ambientale a orientarci in una direzione piuttosto che in un'altra. Ad esempio, se non sappiamo se rincasare o andare al cinema, l'incontro con un amico desideroso di passare fuori la serata può spingerci verso questa seconda soluzione: possiamo allora dire che aver incontrato l'amico ha funzionato da incentivo, cioè da stimolo ambientale in grado di orientare le nostre spinte motivazionali. È bene tuttavia osservare a questo proposito che gli stimoli ambientali funzionano solo se possono fare leva su una spinta ad agire nella direzione tracciata da uno stimolo già esistente. Ad esempio, su una persona che non ha alcuna intenzione di smettere di fumare difficilmente faranno presa l'esempio degli amici che hanno abbandonato il fumo o le campagne pubblicitarie contro il tabacco; o, ancora, per un atleta poco combattivo gli incitamenti del pubblico non saranno determinanti per raggiungere un buon risultato nella competizione.
È utile, a questo punto, sottolineare la differenza esistente tra il concetto di motivazione e quello di bisogno. Con questo termine — che non appartiene solo all'ambito della psicologia, ma anche a quello di altre discipline, come l'economia — possiamo designare un'esigenza biologica dell'organismo, capace di innescare comportamenti adeguati per colmare una situazione di mancanza.
Comunemente si distingue tra:
• bisogni omeostatici, che rispondono alla necessità degli organismi viventi di mantenere in equilibrio le proprie condizioni interne (sono di questo tipo bisogni come la fame e la sete);
• e bisogni innati specifici, che sono esigenze modellate dall'evoluzione della specie per facilitare l'adattamento dell'individuo all'ambiente (rientrano in questa categoria, ad esempio, la curiosità, oppure quello che gli psicologi chiamano need for competence, ovvero l'esigenza di mettere alla prova le proprie abilità, spesso per il puro gusto dell'esercizio).
Distinguiamo quindi tra bisogni e motivazioni perché i primi attengono alla sfera biologica dell'individuo, mentre le seconde riguardano la sfera psicologica.
La differenza tra bisogni e motivazioni ci appare più evidente se pensiamo che spesso, tra una necessità biologica dell'organismo e la relativa spinta ad agire (motivazione) che dovrebbe essere innescata da quel bisogno, non c'è corrispondenza immediata. I soggetti con gravi disturbi del comportamento alimentare, ad esempio, hanno nei confronti del cibo spinte attrattive o repulsive che non sono giustificate da reali necessità organiche. E noi tutti, in generale, anche quando crediamo di mangiare semplicemente spinti dalla fame, in realtà sentiamo un'esigenza che passa attraverso la nostra rappresentazione psicologica del cibo, dell'alimentazione e di ciò che il nostro contesto sociale e culturale definisce "mangiabile". Per fare un esempio: nella nostra società, una persona affamata (salvo che in situazioni estreme) difficilmente sentirà la spinta a mangiare carne di topo, di gatto o di altri animali che abitualmente non consumiamo.
Motivazioni intrinseche ed estrinseche
La presenza di una certa motivazione viene solitamente inferita dal comportamento a cui essa dà luogo (ad esempio, se una persona studia cinese, ne deduciamo che sia motivata a farlo). In realtà, uno stesso comportamento (l'atto del mangiare, ad esempio) può avere alla base spinte motivazionali molto diverse (fame, gola, tensione ecc.): un ragazzo può suonare uno strumento musicale o praticare uno sport per assecondare i genitori, mentre un altro può fare le stesse cose spinto da motivazioni differenti o addirittura opposte (ad esempio, per ripicca verso la famiglia, che scoraggia la pratica di attività del genere).
Una distinzione molto importante introdotta a questo proposito dagli psicologi è quella tra motivazione intrinseca e motivazione estrinseca:
• è intrinseca la motivazione dell'individuo che agisce per la semplice gratificazione che scaturisce dal comportamento messo in atto;
• è estrinseca quella del soggetto che tende a una meta "esterna" al comportamento, ma conseguibile tramite esso.
Per esemplificare, è motivata intrinsecamente una ragazza che frequenta una palestra per la soddisfazione di sentirsi in forma e in salute, mentre è estrinseca la motivazione della sua compagna, che pratica questa attività semplicemente per conoscere gli aitanti giovanotti che frequentano il corso di spinning.