La riforma Protestante ha un inizio ben preciso ed è quando Martin Lutero pubblica le sue “95 tesi”. Siamo nell’anno 1517 e questo scritto spacca in due l’intera Europa.
Ecco le 95 tesi di Martin Lutero.
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Il Signore e maestro nostro Gesù Cristo dicendo: "Fate penitenza ecc." volle che tutta la vita dei fedeli fosse una penitenza.
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Questa parola non può intendersi nel senso di penitenza sacramentale (cioè confessione e soddisfazione, che si celebra per il ministero dei sacerdoti).
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Non intende però solo la penitenza interiore, anzi quella interiore è nulla se non produce esteriormente varie mortificazioni della carne.
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Rimane cioè l'espiazione sin che rimane l'odio di sé (che è la vera penitenza interiore), cioè sino all'ingresso nel regno dei cieli.
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Il papa non vuole né può rimettere alcuna pena fuorché quelle che ha imposte per volontà propria o dei canoni.
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Il papa non può rimettere alcuna colpa se non dichiarando e approvando che è stata rimessa da Dio o rimettendo nei casi a lui riservati, fuori dei quali la colpa rimarrebbe certamente.
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Sicuramente Dio non rimette la colpa a nessuno, senza sottometterlo contemporaneamente al sacerdote suo vicario, completamente umiliato.
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I canoni penitenziali sono imposti solo ai vivi, e nulla si deve imporre in base ad essi ai moribondi.
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Lo Spirito Santo dunque, nel papa, ci benefica eccettuando sempre nei suoi decreti i casi di morte e di necessità.
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Agiscono male e con ignoranza quei sacerdoti, i quali riservano penitenze canoniche per il purgatorio ai moribondi.
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Tali zizzanie del mutare una pena canonica in una pena del Purgatorio certo appaiono seminate mentre i vescovi dormivano.
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Una volta le pene canoniche erano imposte non dopo, ma prima dell'assoluzione, come prova della vera contrizione.
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I morituri soddisfano ogni cosa con la morte, e sono già morti alla legge dei canoni, essendone sollevati per diritto.
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La integrità o carità perfetta del morente, porta necessariamente con sé un gran timore, tanto maggiore quanto essa è minore.
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Questo timore e orrore basta da solo, per tacere d'altro, a costituire la pena del purgatorio, poiché è prossimo all'orrore della disperazione.
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L'inferno, il purgatorio ed il cielo sembrano distinguersi tra loro come la disperazione, la quasi disperazione e la sicurezza.
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Sembra necessario che nelle anime del purgatorio di tanto diminuisca l'orrore di quanto aumenti la carità.
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Né appare approvato sulla base della ragione e delle scritture, che queste anime siano fuori della capacità di meritare o dell'accrescimento della carità.
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Né appare provato che esse siano certe e sicure della loro beatitudine, almeno tutte, sebbene noi ne siamo certissimi.
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Dunque il papa con la remissione plenaria di tutte le pene non intende semplicemente di tutte, ma solo di quelle imposte da lui.
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Sbagliano pertanto quei predicatori d'indulgenze, i quali dicono che per le indulgenze papali l'uomo è sciolto e salvato da ogni pena.
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Il papa, anzi, non rimette alle anime in purgatorio nessuna pena che avrebbero dovuto subire in questa vita secondo i canoni.
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Se mai può essere concessa ad alcuno la completa remissione di tutte le pene, è certo che essa può esser data solo ai perfettissimi, cioè a pochissimi.
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È perciò inevitabile che la maggior parte del popolo sia ingannata da tale indiscriminata e pomposa promessa di liberazione dalla pena.
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La stessa potestà che il papa ha in genere sul purgatorio, l'ha ogni vescovo e curato in particolare nella propria diocesi o parrocchia.
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Il papa fa benissimo quando concede alle anime la remissione non per il potere delle chiavi (che non ha) ma a modo di suffragio
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Predicano da uomini, coloro che dicono che subito, come il soldino ha tintinnato nella cassa, l'anima se ne vola via.
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Certo è che al tintinnio della moneta nella cesta possono aumentare la petulanza e l'avarizia: invece il suffragio della chiesa è in potere di Dio solo.
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Chi sa se tutte le anime del purgatorio desiderano essere liberate, come si narra di S. Severino e di S. Pasquale?.
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Nessuno è certo della sincerità della propria contrizione, tanto meno del conseguimento della remissione plenaria.
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Tanto è raro il vero penitente, altrettanto è raro chi acquista veramente le indulgenze, cioè rarissimo.
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Saranno dannati in eterno con i loro maestri coloro che credono di essere sicuri della loro salute sulla base delle lettere di indulgenza.
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Specialmente sono da evitare coloro che dicono che tali perdoni del papa sono quel dono inestimabile di Dio mediante il quale l'uomo è riconciliato con Dio.
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Infatti tali grazie ottenute mediante le indulgenze riguardano solo le pene della soddisfazione sacramentale stabilite dall'uomo.
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Non predicano cristianamente quelli che insegnano che non è necessaria la contrizione per chi riscatta le anime o acquista lettere confessionali.
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Qualsiasi cristiano veramente pentito ottiene la remissione plenaria della pena e della colpa che gli è dovuta anche senza lettere di indulgenza.
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Qualunque vero cristiano, sia vivo che morto, ha la parte datagli da Dio a tutti i beni di Cristo e della Chiesa, anche senza lettere di indulgenza.
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Tuttavia la remissione e la partecipazione del papa non deve essere disprezzata in nessun modo perché, come ho detto [v. tesi n°6], è la dichiarazione della remissione divina.
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È straordinariamente difficile anche per i teologi più saggi esaltare davanti al popolo ad un tempo a prodigalità delle indulgenze e la verità della contrizione.
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La vera contrizione cerca ed ama le pene, la larghezza delle indulgenze produce rilassamento e fa odiare le pene o almeno ne dà occasione.
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I perdoni apostolici devono essere predicati con prudenza, perché il popolo non intenda erroneamente che essi sono preferibili a tutte le altre buone opere di carità.
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Bisogna insegnare ai cristiani che non è intenzione del papa equiparare in alcun modo l'acquisto delle indulgenze con le opere di misericordia.
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Si deve insegnare ai cristiani che è meglio dare a un povero o fare un prestito a un bisognoso che non acquistare indulgenze.
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Poiché la carità cresce con le opere di carità e fa l'uomo migliore, mentre con le indulgenze non diventa migliore ma solo più libero dalla pena.
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Occorre insegnare ai cristiani che chi vede un bisognoso e trascurandolo dà per le indulgenze si merita non l'indulgenza del papa ma l'indignazione di Dio.
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Si deve insegnare ai cristiani che se non abbondano i beni superflui, debbono tenere il necessario per la loro casa e non spenderlo per le indulgenze.
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Si deve insegnare ai cristiani che l'acquisto delle indulgenze è libero e non di precetto.
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Si deve insegnare ai cristiani che il papa come ha maggior bisogno così desidera maggiormente per sé, nel concedere le indulgenze, devote orazioni piuttosto che monete sonanti.
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Si deve insegnare ai cristiani che i perdoni del papa sono utili se essi non vi confidano, ma diventano molto nocivi, se per causa loro si perde il timor di Dio.
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Si deve insegnare ai cristiani che se il papa conoscesse le esazioni dei predicatori di indulgenze, preferirebbe che la basilica di S. Pietro andasse in cenere piuttosto che essere edificata sulla pelle, la carne e le ossa delle sue pecorelle.
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Si deve insegnare ai cristiani che il papa, come deve, vorrebbe, anche a costo di vendere - se fosse necessario - la basilica di S. Pietro, dare dei propri soldi a molti di quelli ai quali alcuni predicatori di indulgenze estorcono denaro.
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È vana la fiducia nella salvezza mediante le lettere di indulgenza. anche se un commissario e perfino lo stesso papa impegnasse per esse la propria anima.
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Nemici di Cristo e del papa sono coloro i quali perché si predichino le indulgenze fanno tacere completamente la parola di Dio in tutte le altre chiese.
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Si fa ingiuria alla parola di Dio quando in una stessa predica si dedica un tempo eguale o maggiore all'indulgenza che ad essa.
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È sicuramente desiderio del papa che se si celebra l'indulgenza, che è cosa minima, con una sola campana, una sola processione, una sola cerimonia, il vangelo, che è la cosa più grande, sia predicato con cento campane, cento processioni, cento cerimonie.
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I tesori della Chiesa, dai quali il papa attinge le indulgenze, non sono sufficientemente ricordati né conosciuti presso il popolo cristiano.
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Certo è evidente che non sono beni temporali, che molti predicatori non li profonderebbero tanto facilmente ma piuttosto li raccoglierebbero.
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Né sono i meriti di Cristo e dei santi, perché questi operano sempre, indipendentemente dal papa, la grazia dell'uomo interiore, la croce, la morte e l'inferno dell'uomo esteriore.
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S. Lorenzo chiamò tesoro della Chiesa i poveri, ma egli usava il linguaggio del suo tempo.
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Senza temerarietà diciamo che questo tesoro è costituito dalle chiavi della Chiesa donate per merito di Cristo.
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È chiaro infatti che per la remissione delle pene e dei casi basta la sola potestà del papa.
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Vero tesoro della Chiesa di Cristo è il sacrosanto Vangelo, gloria e grazia di Dio.
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Ma questo tesoro è a ragione odiosissimo perché dei primi fa gli ultimi.
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Ma il tesoro delle indulgenze è a ragione gratissimo perché degli ultimi fa i primi.
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Dunque i tesori evangelici sono reti con le quali un tempo si pescavano uomini ricchi.
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Ora i tesori delle indulgenze sono reti con le quali si pescano le ricchezze degli uomini.
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Le indulgenze che i predicatori proclamano grazie grandissime, si capisce che sono veramente tali quanto al guadagno che promuovono.
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Sono in realtà le minime paragonate alla grazia di Dio e alla pietà della croce.
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I vescovi e i parroci sono tenuti a ricevere con ogni riverenza i commissari dei perdoni apostolici.
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Ma più sono tenuti a vigilare con gli occhi e le orecchie che essi non predichino, invece del mandato avuto dal papa, le loro fantasie.
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Chi parla contro la verità dei perdoni apostolici sia anatema e maledetto.
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Chi invece si oppone alla cupidigia e alla licenza del parlare del predicatore di indulgenze, sia benedetto.
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Come il papa giustamente fulmina coloro che operano qualsiasi macchinazione a danno della vendita delle indulgenze.
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Cosi molto più gravemente intende fulminare quelli che col pretesto delle indulgenze operano a danno della santa carità e verità.
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Ritenere che le indulgenze papali siano tanto potenti da poter assolvere un uomo, anche se questi, per un caso impossibile, avesse violato la madre di Dio, è essere pazzi.
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Al contrario diciamo che i perdoni papali non possono cancellare neppure il minimo peccato veniale, quanto alla colpa.
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Dire che neanche S. Pietro se pure fosse papa, potrebbe dare grazie maggiori, è bestemmia contro S. Pietro e il papa.
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Diciamo invece che questo e qualsiasi papa ne ha di maggiori, cioè l'evangelo, le virtù, i doni di guarigione, ecc. secondo I Corinti 12 [1COR, 12].
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Dire che la croce eretta solennemente con le armi papali equivale la croce di Cristo, è blasfemo.
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I vescovi i parroci e i teologi che consentono che tali discorsi siano tenuti al popolo ne renderanno conto.
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Questa scandalosa predicazione delle indulgenze fa si che non sia facile neppure ad uomini dotti difendere la riverenza dovuta al papa dalle calunnie e dalle sottili obiezioni dei laici.
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Per esempio: perché il papa non vuota il purgatorio a motivo della santissima carità e della somma necessità delle anime, che è la ragione più giusta di tutte, quando libera un numero infinite di anime in forza del funestissimo denaro dato per la costruzione della basilica, che è una ragione debolissima?
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Parimenti: perché continuano le esequie e gli anniversari dei defunti e invece il papa non restituisce ma anzi permette di ricevere lasciti istituiti per loro, mentre è già un'ingiustizia pregare per dei redenti?
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Parimenti: che è questa nuova di Dio e del papa, per cui si concede ad un uomo empio e peccatore di redimere in forza del danaro un'anima pia e amica di Dio e tuttavia non la si redime per gratuita carità in base alla necessità di tale anima pia e diletta?
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Ancora: perché canoni penitenziali per se stessi e per il disuso già da tempo morti e abrogati, tuttavia a motivo della concessione delle indulgenze sono riscattati ancora col denaro come se avessero ancora vigore?
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Ancora: perché il papa le cui ricchezze oggi sono più opulente di quelle degli opulentissimi Crassi, non costruisce una sola basilica di S. Pietro con i propri soldi invece che con quelli dei poveri fedeli?
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Ancora: cosa rimette o partecipa il papa a coloro che con la contrizione perfetta hanno diritto alla piena remissione e partecipazione?
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Ancora: quale maggior bene si recherebbe alla Chiesa, se il papa, come fa ogni tanto, così cento volte ogni giorno attribuisse queste remissioni e partecipazioni a ciascun fedele?
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Dato che il papa con le indulgenze cerca la salvezza delle anime piuttosto che il danaro perché sospende le lettere e le indulgenze già concesse, quando sono ancora efficaci?
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Soffocare queste sottili argomentazioni dei laici con la sola autorità e non scioglierle con opportune ragioni significa esporre la chiesa e il papa alle beffe dei nemici e rendere infelici i cristiani.
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Se dunque le indulgenze fossero predicate secondo lo spirito e l'intenzione del papa, tutte quelle difficoltà sarebbero facilmente dissipate, anzi non esisterebbero.
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Addio dunque a tutti quei profeti, i quali dicono al popolo cristiano "Pace. pace", mentre non v'è pace.
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Valenti tutti quei profeti, i quali dicono al popolo cristiano «Croce, croce», mentre non v'è croce.
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Bisogna esortare i cristiani perché si sforzino di seguire il loro capo Cristo attraverso le pene, le mortificazioni e gli inferni.
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E così confidino di entrare in cielo piuttosto attraverso molte tribolazioni che per la sicurezza della pace.
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