giovedì 12 giugno 2008

Furto impossibile?

Il padrone di questa bici ha decisamente paura dei furti. In Italia ogni anno vengono rubate migliaia di biciclette, anche se non si conosce il numero preciso, dato che non sono mai state fatte statistiche. Questo reato si è talmente diffuso che si è creato persino un vasto mercato nero di biciclette rubate. In Cina addirittura vengono targate e registrate come se fossero autovetture. Ma in questo modo avranno risolto il problema dei ladri di biciclette? ;-)

 

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mercoledì 11 giugno 2008

Il video dell'intervista del Ministro dell'Istruzione Gelmini a LA7

Ecco a voi il video dell'intervista del Ministro Gelmini che parla della scuola.

Guardate attentamente il filmato e... tremate!

Il concetto più errato, secondo me, espresso in questo intervento, consiste nel pretendere di avere pochi professori, ma pagati meglio. Si dimentica però che pochi professori significa avere due giganteschi problemi:

1) I 300000 professori precari che cosa vanno a fare se si diminuiscono i posti di lavoro nella scuola? Molti di loro dovrebbero cambiare mestiere a 40-50 anni...

2) Molti alunni per classe. La qualità dell'insegnamento diminuisce esponenzialmente all'aumentare del numero di alunni per classe.

Risultato: nei prossimi 5 anni assisteremo ad un ulteriore scadimento dell'istruzione in Italia? Credo proprio di sì.

 

 

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Coloro che dormono più di 8 ore oppure meno di 6,5 ore per notte, vivono di meno!

E' il risultato di uno studio condotto da Daniel Kripke, vicedirettore del centro di ricerca "Scripps Clinic Sleep Center" a La Jolla, California. Nel 2002, una comparazione della durata della vita in funzione della durata media del sonno, effettuata su un campione di oltre un milione di soggetti negli USA, ha fornito dei dati sorprendenti.

Coloro che in media dormono tra le sei ore e mezza e le sette ore e mezza per notte, vivono di più. Soggetti che hanno la tendenza a dormire 8 ore o anche di più, non vivono altrettanto a lungo. La cosa più sorprendente è che anche quelli che dormono 5 ore, vivono di più di coloro che dormono oltre 8 ore. L'eccesso di sonno, dunque, fa più male della carenza?

L'interpretazione di questi risultati non è sempre facile. In realtà l'eccesso di sonno può essere associato a patologie come la depressione o l'obesità, o anche ad altri disturbi.

Questo studio, in ogni caso, ha mostrato che non è solo l'insonnia a creare problemi alla salute o ad essere la spia di altre, più gravi, patologie. L'eccesso di sonno può essere anche più pericoloso e può mettere in guardia il soggetto da patologie gravi che possono essere curate tempestivamente.

 

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>> Se non riuscite più a fantasticare come quando eravate bambini, significa che state perdendo la memoria!

Il cielo, visto dall'alto... (immagini)

Questa spettacolare serie di immagini proviene dal NASA Johnson Space Center. Si tratta di foto riprese dallo Space Shuttle Discovery.

Un cumulonembo sull'Africa.

 

Nubi al tramonto.

 

Nubi temporalesche sul Midwest degli Stati Uniti.

 

Nubi tempestose sull'Africa Centrale.

 

Una tempesta di sabbia sul Mali, deserto del Sahara.

 

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martedì 10 giugno 2008

Grazie ai 150000 visitatori di questo blog!

Grazie a tutti! :-) Sono contento di vedere come questo blog continua a crescere nel gradimento di voi navigatori del web. Sono passati meno di due mesi dall'annuncio dei 100000 visitatori. Vedremo a quando i 200000 :-)

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>> Il feed è lo strumento di contatto tra i vari blog, vediamone le basi.

>> Su linux possono girare simultaneamente ben 165 programmi. Guardare per credere!

>> Arriva la versione beta di Fedora 9

>> Mozilla Firefox versione 3 promette bene!

>> Internet Explorer Beta 1 disponibile per il download

>> Tutti i software freeware e opensource

>> Lista di tutti i software compatibili con Windows Vista

>> Risorse per migliorare l'aspetto del nostro Messenger.

La fantascienza, oggi.

Ricordo, quando ero piccolo, quelle puntate del telefilm UFO che mi affascinavano e, un po', mi facevano paura. Poi, qualche anno dopo, uscì un altro telefilm ancora più bello: Spazio 1999! Per me fu il colpo di fulmine definitivo. Il mio genere tv e cinematografico era diventato la fantascienza. Potete allora immaginare la mia felicità quando i miei genitori, nel lontano 1977 mi portarono a vedere un film davvero rivoluzionario: Guerre Stellari. Non si era mai visto nulla di simile: era una fiaba, un film di fantascienza, un capolavoro musicale (grazie alla colonna sonora del grande John Williams), un incredibile caleidoscopio di effetti speciali incredibili. Insomma, per me quel film resta e resterà per sempre una pietra miliare della cinematrofia fantascientifica. Fui ancora più felice di venire a conoscenza che si trattava di una trilogia, quindi andai a vedere anche L'impero Colpisce Ancora (1981) e Il Ritorno dello Jedi (1983). Nel frattempo avevo amato e ammirato anche ET (1982).

Fu molto più tardi, quando frequentavo l'Università, che scoprii anche il lato letterario della fantascienza. Mi giunse tra le mani un romanzo di fantascienza di Isaac Asimov (Il Sole Nudo). Lo stile pulito, affascinante e scientificamente plausibile del grande Asimov mi conquistò all'istante. Mi informai e seppi che Asimov aveva scritto fior di romanzi che non aspettavano altro che essere divorati da me!

In poche settimane lessi il Ciclo dei Robot, quello della Fondazione e quello dell'Impero. Si trattava di capolavori ineguagliabili di genialità e profondità.

Che fine hanno fatto, ai nostri tempi, questi capolavori? C'è ancora qualcuno in grado di ideare simili romanzi/film?

Me lo sono chiesto spesso, negli ultimi due anni, in cui, apparentemente, la fantascienza ha vissuto una crisi. In realtà la risposta è semplice: non è la fantascienza ad essere in crisi, sono in crisi le vecchie idee della fantascienza.

Adesso la fantascienza non tratta più di astronavi, alieni, viaggi nello spazio, guerre, invasioni di esseri poco amichevoli. Adesso gli argomenti sono più sottili, misteriosi, più umani.

Analizziamo, ad esempio, il caso di due serie tv che stanno facendo un successo incredibile: Lost ed Heroes.

Il primo, Lost, è basato su un'idea non originale, ma sviluppata secondo canoni magistralmente originali. Un aereo di linea precipita in un'isola nell'oceano pacifico. I sopravvissuti dovranno fare i conti con le strane caratteristiche dell'isola. Ad esempio: i malati di malattie gravi guariscono, le donne incinte muoiono, alcuni diventano in grado di viaggiare nel tempo! L'isola stessa sembra qualcosa di vivente che condiziona le vite dei personaggi. Alla fine cosa è l'isola. Lo sapremo (forse) con il preseguire della quinta serie e successive.

Heroes è invece basato su una visione nuova del concetto antico, ma sempre attuale, del supereroe. È la storia di come alcuni individui sparsi per il mondo si scoprano piano piano dotati di eccezionali abilità nettamente al di sopra delle normali capacità umane; capiscono, in altre parole, di possedere dei veri e propri super-poteri. Ognuno di loro convive con queste facoltà in modo diverso, c'è chi tenta di ignorarle per continuare a seguire la propria vita e chi invece ne vorrebbe fare pura e completa virtù per cambiare la propria esistenza. Tutti, però, a loro insaputa, sono da tempo nelle mire di un'entità misteriosa che trama nell'ombra alle loro spalle. Tutti sono collegati tra di loro da una catena narrativa ed esistenziale, e presto si scopriranno inevitabilmente destinati ad incontrarsi per salvare il mondo.

L'esplorazione dei risvolti dell'esistenza umana, analizzata in un ambiente sociale ed etico alternativo è la nuova frontiera della fantascienza moderna. Una fantascienza dove i mostri non vengono più dallo spazio, ma da dentro noi stessi. In fondo è un genere più vicino a noi, dove la cosa più inquietante, in fondo, è che non è poi così inverosimile...

 

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>> Giulio Verne, un autore davvero straordinario che ha anticipato scoperte scientifiche che sono diventate realtà.

>> Dylan Dog, l'investigatore dell'occulto, un successo straordinario che dura da più di 20 anni.

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>> Dark Resurrection: per i fans di Guerre Stellari.

lunedì 9 giugno 2008

10 verità davvero scioccanti riguardo alla schiavitù nel mondo nel 2008

In questo sito ho trovato questi 10 punti che riguardano la schiavitù nel mondo, che potrebbero essere la base per una riflessione. Ve li ripropongo in italiano, tradotti da me (quindi perdonate qualche imprecisione... o qualche libera interpretazione):

1) Ci sono più persone in schiavitù ai nostri giorni che in tutte le altre epoche della storia umana.

2) Il "valore" degli schiavi è diminuito.

3) La schiavitù esiste persino nei civilissimi USA.

4) La schiavitù è nascosta dietro molti altri nomi, in modo da mascherarla di fronte alla società.

5) Il metodo per la schiavitù meno conosciuto è anche il più usato: i lavori forzati.

6) Il traffico di vite umane recentemente è stato definito come "l'affare criminale a più rapida crescita nel mondo".

7) Per poter comprare tutti i lavoratori legati alla schavitù allo scopo di liberarli, occorrerebbe spendere circa 30 euro a famiglia.

8) In questo modo si protrebbe mettere fine a tutte le schiavitù nel giro di 25 anni.

9) Molti beni realizzati da schiavi potrebbero reggiungere le nostre case senza che noi ci rendiamo conto della loro origine

10) Solo noi possiamo fare la differenza per risolvere il problema della schiavitù nel mondo.

Ciò che più mi spaventa è il fatto che l'uomo, nonostante tutte le scoperte scientifiche, il progresso tecnologico, l'evoluzione del diritto, le religioni, il pacifismo, l'ambientalismo, non è stato capace di allontanarsi da una condizione di bestialità davvero inammissibile. La bestialità umana non ci avvicina affatto agli animali (magari!), ma ci allontana da tutto ciò che abbia una parvenza di dignità.

Com'è potuto succedere tutto questo? Io non riesco a trovare una risposta razionale.

 

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>> Infibulazione. Sono più di 40 i paesi in cui è diffusa la pratica delle mutilazioni sessuali sulle bambine.

>> I politici hanno una loro etica. Tutta loro. Ed è una tacca più sotto di quella di un maniaco sessuale.

>> Una ragazza con due teste!

>> Il denaro? Solo un mezzo per prevaricare sul prossimo!

>> Le vittime più probabili delle sette religiose sono proprio quelli che pensano che non ci cascheranno mai!

>> Una delle immagini più tristi che abbia mai visto.

Illustrazioni digitali di genere horror di ragazze adolescenti

Come al solito i giapponesi, con la loro fantasia a dir poco malata, hanno creato per noi queste nuove immagini. Tutte ragazze adolescenti, ovviamente...

L'autore si chiama Yoshitaka Kawakami. Se volete ammirare una galleria di immagini completa di questo autore andate qui.

 

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Quando si avvicina l'estate aumenta la voglia di gelato. Ma vi siete mai chiesti chi ha inventato questa meraviglia del palato?

Studiare l'origine del gelato, dal punto di vista storico, è un compito tutt'altro che semplice. Per cominciare, trattandosi di un alimento molto antico, non è facile trovare fonti certe. Inoltre leggende e storie vere si mescolano in continuazione, creando una certa confusione. In ogni caso, cercando di mettere un po' di ordine in questa enorme massa di riferimenti, sono riuscito a mettere insieme un breve sunto, per nulla completo, della storia del gelato.

Pare che uno dei primi riferimenti a qualcosa che somiglia ad un gelato si possa trovare addirittura nella Bibbia, dove si parla di latte di capra mescolato con la neve. Andando ancora più indietro nel tempo, in Egitto, in una tomba risalente alla II dinastia, 2500 a.C., sono stati ritrovati dei calici di argento divisi in due parti, probabilmente una serviva per contenere neve o ghiaccio l’altra per succhi di frutta.

Sembra che i greci e i turchi realizzassero, col succo di limone, preparati simili al nostro sorbetto, e che a farlo conoscere agli italiani siano stati gli arabi, "importando" in Sicilia la ricetta di una bevanda fredda chiamata sharbat (da cui deriverebbe la parola sorbetto)

Ma a parte questi gelati "ante litteram", le prime tracce sicure dell'esistenza del gelato si possono trovare a partire dal periodo del Rinascimento. In realtà già nel medioevo erano conosciute delle tecniche per tenere freddi i succhi di frutta tenendoli in contenitori circondati dal ghiaccio e queste tecniche furono utilizzate in Toscana e in Sicilia in occasione dei banchetti dei sovrani.

Secondo alcuni storici il gelato, in senso moderno, fu una invenzione russa. Secondo altri invece fu Caterina de' Medici, nel 1500 ed un pollivendolo e cuoco dilettante, un certo Ruggeri, a rendere famoso il gelato che fu preparato in occasione del matrimonio della nobildonna.

Il gelato come vero e proprio giro d'affari, deve invece le sue origini a  Francesco Procopio dei Coltelli. Di origini dubbie (forse palermitano, ma più probabilmente di Acitrezza, nei pressi di Catania), Procopio perfezionò un'invenzione del nonno che faceva il pescatore. Il geniale nonno non aveva fatto altro che inventare la "macchina per il gelato".  Procopio, dopo la morte del nonno, stanco della vita da pescatore, riconsiderò la sua macchina per il gelato e comincò a cercare di perfezionarla, effettuò diverse prove e alla fine decise di  partire in cerca di avventura. Arrivò, dopo numerosi insuccessi, e successivi perfezionamenti, fino a Parigi.  Sperimentando l'uso dello zucchero al posto del miele e il sale mischiato con il ghiaccio, per farlo durare di più, fece un salto di qualità tale da essere accolto dai parigini come geniale inventore.

Siamo nel 1686 e il successo ottenuto a Parigi fu davvero colossale:  il suo "Café Procope" offriva: "acque gelate", (la granita),  gelati di frutta, "fiori d'anice", "fiori di cannella", "frangipane", "gelato al succo di limone", "gelato al succo d'arancio",  "sorbetto di fragola", in una  una concessione con cui  re Luigi XIV aveva dato a Procopio l'esclusiva di quei dolci.  Diventò il più famoso punto d'incontro francese. Voltaire,  Napoleone, George Sand, Balzac, Victor Hugo frequentavano quel "Café", ancora oggi uno dei vanti di Parigi.

Per quanto riguarda il primo cono gelato, non mancano ulteriori fonti contrastanti. Una "leggenda" narra che, durante la Fiera Mondiale di St. Louis nel 1904, un gelataio che aveva finito i contenitori per i suoi gelati, per sostituirli, pensò di usare i wafer che venivano venduti dal banchetto vicino al suo. L'accostamento tra gelato e wafer fu una vera mossa vincente! Secondo quanto riportato dal Washington Post, invece, fu un immigrato italiano negli Stati Uniti, Italo Marchiony, il quale, il 22 settembre del 1903, si presentò all'Ufficio brevetti di New York per depositare formalmente la sua idea e ottenerne piena paternità intellettuale riconosciutagli, solo pochi mesi più tardi, nel dicembre dello stesso anno. La storia del cono - registrato nel 1903 - risale, però, alla fine dell'Ottocento: già a partire dal 1896, Marchiony aveva intuito le potenzialità del gelato da passeggio, vendendo per le strade di New York i suoi sorbetti in un foglio di carta piegato a forma di cono e riscuotendo discreto successo, tanto da procedere, poi, alla creazione di una cialda fatta non solo per sostenere il gelato, ma anche per essere mangiata.

La storia del gelato, ovviamente, non si ferma qui. Con lo sviluppo del gelato artigianale e di quello industriale, c'è stata un'espansione a livello mondiale dell'alimento più buono del mondo. Negli ultimi tempi c'è stato anche un vero e proprio boom di nuovi gusti (anche strani) e di nuove forme per presentare il gelato agli acquirenti. Negli ultimi tempi si sta affermando, ad esempio, il concetto di "gelato salato" come accompagnamento di piatti di pesce e di carne. Il superamento della frontiera del gelato solo come dessert non si è ancora diffuso abbastanza per entrare nelle case di tutti, ma sappiamo come i gusti si evolvano continuamente, quindi aspettiamoci di trovare presto gusti come "gelato al salmone" o "gelato al gorgonzola".

 

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domenica 8 giugno 2008

Perché nelle date si scrive: "li 8 giugno 2008"?

L'origine di questa convenzione risale a tempi piuttosto antichi. Nella corrispondenza epistolare un tempo si concludeva la lettera in questo modo: «Di casa, li 6 luglio 1665». L'esempio è tratto da una lettera scritta da Lorenzo Magalotti (1637 – 1712). Li, naturalmente, si riferiva ai giorni numerati dal 2 in poi.
L'uso è sopravvissuto soltanto nella corrispondenza burocratica e commerciale (ma non è, chiaramente, obbligatorio); nella normale corrispondenza epistolare suonerebbe come un affettato arcaismo. In una moderna mail sarebbe addirittura da ridere!

 

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Galileo Galilei

Questo profilo biografico di Galileo Galilei è tratto dall'opera Storia del pensiero filosofico e scientifico, curata da Ludovico Geymonat.

Galileo Galilei nacque a Pisa il 5 febbraio 1564 da antica famiglia fiorentina, appartenente alla buona borghesia.

Immatricolato, nel 1581, all'università di Pisa come studente di medicina, si dimostrò assai poco interessato a questa scienza e cominciò ben presto a coltivare, in luogo di essa, la matematica studiandola con molto impegno - sotto la direzione di un amico del padre, Ostilio Ricci, già discepolo di Nicolò Tartaglia - sulle grandi opere dei greci, in particolare di Euclide e di Archimede. Né soltanto alla matematica teorica rivolse le sue cure; dimostrò al contrario, fin da quegli anni, una grande propensione per la matematica applicata, la tecnica, e in genere l'osservazione dei fatti empirici. Basti ricordare, a conferma di ciò, la celebre scoperta dell'isocronismo delle oscillazioni del pendolo, da lui compiuta nel 1583. Dell'isocronismo continuerà a occuparsi per tutta la vita, cercando di dimostrarlo per via matematica.

Mentre per la matematica, pressoché trascurata all'università di Pisa, aveva dovuto cercarsi un maestro nell'ambiente di Firenze, non altrettanto accadde per la fisica. Questa veniva infatti insegnata in tale università da un dono professore di formazione aristotelica, Francesco Bonamico; Galileo ne seguì i corsi e ne subì per qualche tempo una certa influenza [...]. Dal Bonamico apprese la cosmologia generale di Aristotele e la centralità del problema del moto per tutta la scienza fisica.

Ritornato a Firenze nel 1585, trascorse quattro anni in famiglia, cercando di arricchire le proprie conoscenze nei campi più diversi - matematico, filosofico, letterario - in fecondo contatto con il vivace ambiente culturale frequentato dal padre. [...]

Finalmente nel 1589 riuscì a ottenere, per l'appoggio di alcuni illustri scienziati dell'epoca che avevano appreso ad apprezzare il suo vivace ingegno (in particolare del matematico Guidobaldo del Monte), un posto di lettore di matematica presso l'università di Pisa. Così poté ritornare, come professore, in questa gloriosa università, che quattro anni prima aveva dovuto abbandonare senza avervi concluso alcun ciclo di studi. [...]

Nel 1592 riuscì a migliorare notevolmente la propria situazione, ottenendo la nomina a professore di matematica presso l'università di Padova. [...]. I diciotto anni trascorsi da Galileo a Padova (1592-1610) furono senza dubbio i migliori della sua vita, sia a causa della grande libertà di pensiero di cui poté godere - come del resto tutti i docenti di quell'università - per la garanzia fornita dalla protezione della repubblica di Venezia [...], sia a causa del pieno vigore delle sue energie fisiche e mentali che gli permisero di dedicarsi con tenacia ed entusiasmo alle più difficili ricerche scientifiche, senza rinunciare perciò alle gioie della vita. In questo periodo Galileo convisse, pur senza giungere a regolari nozze, con Marina Gamba da cui ebbe due figlie e un figlio, verso i quali nutrì sempre il più grande affetto. Tra i molti amici veneziani di Galileo ricordiamo, in particolare, il gentiluomo Gianfrancesco Sagredo (immortalato nei dialoghi galileiani) e Paolo Sarpi. [...]

A questi anni risalgono pure le prime dichiarazioni di Galileo a favore del sistema copernicano; esse sono contenute in due lettere private del 1597, una diretta a Iacopo Mazzoni, professore di filosofia all'università di Pisa, l'altra a Keplero. Anche le famose ricerche sulla caduta dei gravi, e la formulazione delle leggi ad essa relative, vennero in gran parte compiute in questo periodo, come è testimoniato da parecchie lettere private di Galileo datate appunto dai primi anni del Seicento; tali leggi verranno in seguito da lui rielaborate e precisate, formando uno dei principali argomenti esposti nei Discorsi intorno a due nuove scienze del 1638.

Al 1609 risale infine la scoperta del cannocchiale, indubbiamente suggerita a Galileo dalla notizia che strumenti del genere stavano diffondendosi nei Paesi Bassi e in Francia. Questa circostanza non diminuisce affatto i meriti del nostro autore, che vanno riferiti non tanto alla priorità dell'invenzione (è certo, del resto, che il telescopio di Galileo riuscì assai più potente degli altri), quanto al fatto che egli fu indubbiamente il primo ad attribuire al cannocchiale un effettivo valore scientifico. Ricordiamo che vetri a forma di lenti erano noti da molto tempo agli artigiani occhialai e da essi usati per la correzione dei difetti della vista, ma fino a Galileo tutti i rappresentanti della scienza ufficiale li avevano sempre guardati con sdegnoso disprezzo. Galileo invece ebbe il coraggio e l'intelligenza di servirsene per le proprie ricerche astronomiche, combinandoli con perizia sì da ottenere una potenza di ingrandimento per quei tempi veramente notevole.

Puntato il suo telescopio al cielo, Galileo ebbe la fortuna e la gioia di scoprirvi nuovi meravigliosi fenomeni, dei quali capì subito l'eccezionale importanza: i quattro satelliti di Giove (da lui chiamati “medicei” in onore del granduca di Toscana), le macchie della luna, le fasi di Venere. Fra tutto un mondo nuovo che per la prima volta giungeva a conoscenza degli uomini; Galileo diede la grande notizia nel Sidereus nuncius (Avviso astronomico), pubblicato a Venezia il 12 marzo 1610.

Il carattere delle scoperte galileiane doveva, evidentemente, suscitare ostilità e diffidenza fra i pensatori più ligi alla tradizione. In breve volgere di tempo ne sorse infatti un'aspra polemica, nella quale gli avversari di Galileo fecero ricorso contro di lui ad ogni sorta di armi: dall'accusa di aver semplicemente riprodotto un apparecchio già costruito da altri, a quella di avere cercato in cielo le cause di luci e macchie che erano semplicemente dovute alla struttura difettosa delle lenti (è un fatto, che queste erano allora assai difettose, e producevano immagini ben lontane dalla chiarezza di quelle prodotte dai telescopi moderni). In breve, però, Galileo riuscì a sbaragliare gli avversari e ad ottenere il riconoscimento delle proprie scoperte da parte dei più autorevoli scienziati dell'epoca, prima di tutti da Keplero, e in seguito anche dai potentissimi astronomi e filosofi della compagnia di Gesù.

Le grandi scoperte comunicate nel Sidereus nuncius accrebbero enormemente la sua fama e gli procurarono l'offerta di un magnifico posto da parte di Cosimo II de' Medici: il posto, cioè, di “matematico straordinario dello studio di Pisa” senza obbligo di lezioni, e di “filosofo del serenissimo granduca”.

Galileo accettò, pur senza nascondersi la gravità del passo, che lo obbligava a trasferirsi dalla libera repubblica di Venezia in una città ove la potenza dell'inquisizione era enormemente maggiore.

I primi anni del periodo fiorentino fiorirono molto intensi per l'attività scientifica di Galileo [...]. Il nostro autore, rafforzato dalle proprie scoperte in campo astronomico e in meccanica, non ha più dubbi sulla verità del sistema copenicano, e sulla rivoluzione che esso comporta in tutta la vecchia concezione del mondo. Proprio in quegli anni, però, incominciano a diffondersi le prime accuse di eresia contro il copernicanesimo galileiano: l'accusa è pubblicamente lanciata nel 1612 da un padre domenicano, Nicolò Lorini, e verrà ripetuta due anni più tardi da un altro domenicano, Tommaso Caccini. Galileo decide subito li intervenire contro queste voci minacciose, e scrive n proposito le famose lettere copernicane, che pur essendo inviate a privati vengono fatte appositamente circolare fra numerosi amici e conoscenti.

Esse affrontano il problema dei rapporti fra scienza e fede sotto aspetti differenti: la prima sulla base della diversità fra il linguaggio scientifico e quello biblico, la seconda e la terza con esplicito riferimento all'opera di Copernico, la quarta con argomentazioni fondate sull'interpretazione del testo biblico.

Alcuni potenti amici di Galileo, assai vicini al sommo pontefice, lo avevano avvertito che le massime gerarchie ecclesiastiche si stavano orientando contro il copernicanesimo. Malgrado i loro consigli a trattare l'argomento con la dovuta cautela, egli volle affrontarlo con la massima decisione. Donde derivava questa sua imprudenza?

Per comprenderne l'effettivo significato, dobbiamo tenere conto di tre circostanze: 1) Galileo era assolutamente certo della verità fisica del sistema eliocentrico e non era quindi disposto a considerarlo quale pura ipotesi matematica (come veniva suggerito dal potente cardinale Bellarmino); 2) non era filosoficamente disposto ad ammettere, come gli aristotelici padovani, la coesistenza di verità tra loro antitetiche; 3) ancor meno era disposto a considerare (come i libertini) la religione quale puro e semplice complesso di regole pratiche, inventate per dominare i popoli e ingannare gli ingenui. Al contrario, egli era convinto della possibilità di dimostrare che i testi sacri non contengono -sebbene interpretati - alcuna affermazione in reale antitesi con la verità copernicana.

Questo stato di cose non basta, però, a spiegare perché mai egli non si sia accontentato - come gli consigliavano gli amici - di tenere per sé la propria convinzione, analogamente a ciò che facevano altri scienziati dell'epoca, discorrendone tutt'al più in una ristretta cerchia di conoscenti, senza discuterne in pubblico e senza sfidare quasi apertamente le ire degli inquisitori romani. E evidente che a decidere l'atteggiamento di Galileo intervennero altri fattori.

Da un lato i successi organizzativi della controriforma dovevano averlo convinto dell'enorme peso dell'organizzazione cattolica nel campo culturale e della necessità di impedire che questa organizzazione si ponesse erroneamente contro la scienza. Dall'altro, il riconoscimento ottenuto da parte delle autorità ecclesiastiche più elevate - delle proprie scoperte astronomiche (esistenza dei satelliti di Giove, ecc.) doveva avergli fatto sperare che un riconoscimento analogo sarebbe stato ottenibile anche per altri risultati scientifici. Infine, la coscienza della propria grande autorità in campo scientifico, ormai universalmente riconosciuta, doveva fargli sentire l'imprescindibile dovere di esporre le ragioni della scienza nella grande controversia.

Ecco dunque delinearsi, nell'animo di Galileo, l'ambizioso programma di evitare l'irrigidimento della chiesa in una posizione scientificamente sbagliata. Bisognava, evidentemente, non fermarsi alle prime difficoltà sollevate in buona o mala fede dagli inquisitori, persistere con cautela nell'opera di chiarificazione, appoggiarsi agli uomini di niente più aperta esistenti anche nelle maggiori gerarchie della chiesa. Alla fine - pensava Galileo - la forza delle argomentazioni avrebbe ottenuto il sopravvento, e la scienza avrebbe trovato nella potenza della chiesa, non un ostacolo, ma un appoggio al proprio sviluppo. [...]

Nel 1619 comparvero in cielo tre comete, e questo fatto straordinario accese le discussioni sulla loro natura. Nel 1619 il padre gesuita Orazio Grassi pubblicò sull'argomento un'opera in cui riprendeva e sosteneva l'interpretazione di Tycho Brahe. Galileo volle approfittarne per entrare in polemica con lui; egli era convinto che la colpa dell'atteggiamento anticopernicano assunto dalla chiesa risalisse sostanzialmente al potente ordine ed ora intendeva gettare il discredito scientifico su tutti i gesuiti. Così nacque Il saggiatore, pubblicato nel 1623. L'interpretazione del fenomeno delle comete ivi proposta da Galileo era sbagliata (essa riprendeva una vecchia tesi della fisica aristotelica), ma lo spirito innovatore che pervade tutto lo scritto, la chiarezza della visione metodologica, l'acume delle argomentazioni ne fanno ciò malgrado un vero capolavoro.

Nel medesimo anno l'elezione alla cattedra di Pietro del cardinale Barberini (Urbano VIII) fece sorgere nello scienziato pisano nuove speranze, sembrandogli naturale che un uomo di mente così aperta come il Barberini, a cui egli era legato da una certa dimestichezza, avrebbe appoggiato il suo sforzo per far uscire la chiesa dalla posizione reazionaria che i gesuiti le avevano fatto assumere.

Ripreso l'antico programma, Galileo si decise pertanto a condurre a termine una grande opera, diretta a porre a confronto gli argomenti scientifici a sostegno delle due tesi contrastanti, geocentrica ed eliocentrica. Per dare alla trattazione un'apparenza di neutralità, scelse la forma dialogica, immaginando che un aristotelico (Simplicio) e un copernicano (Salviati) fossero stati invitati ad esporre ciascuno la propria concezione, da un terzo interlocutore (Sagredo) non desideroso di altro che di conoscere a fondo i termini esatti della grande controversia. Ottenuta, con questo stratagemma, l'autorizzazione ecclesiastica, il Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo poté uscire nel 1632.

Ma i gesuiti attendevano al varco il loro avversario e subito scatenarono contro di lui la più dura battaglia. Allo scienziato vecchio e malaticcio venne ingiunto di recarsi a Roma per comparire dinanzi al tribunale del sant'uffizio. Invano egli cercò di difendere, con ogni mezzo, la propria posizione; invano cercò di evitare che la chiesa pronunciasse una sentenza, che avrebbe pesato per secoli e secoli contro di lei. I suoi avversari sostenevano con accanimento che il libro era “esecrando e più pernitioso per la chiesa delle Scritture di Lutero e di Galvino”. Galileo fu processato, riconosciuto colpevole e costretto ad abiurare. Fu inoltre condannato alla prigione a vita, immediatamente tramutata in isolamento dal mondo, prima a Siena (nell'abitazione dell'arcivescovo della città, suo amico), e poi nella propria villa di Arcetri.

La vittoria dei gesuiti non poteva essere più netta; essa segnò la fine del programma, tenacemente coltivato da Galileo per anni e anni, di indurre la chiesa a riconoscere la libertà della scienza. Ai futuri scienziati cattolici non restava ormai altra via, che quella di evitare con la più scrupolosa cautela qualunque dibattito con l'autorità ecclesiastica. Il fallimento del proprio programma gettò nell'animo di Galileo una profonda amarezza, che non lo abbandonò più fino alla morte. [...]

Col trascorrere del tempo, i divieti dell'inquisizione vennero a poco a poco attenuati. Galileo ottenne il permesso di scendere qualche volta da Arcetri a Firenze, e poté anche ricevere la visita di qualche straniero (per es. di Hobbes nel 1636). Ma la salute peggiorava irrimediabilmente; soprattutto grave fu la perdita pressoché completa della vista. Malgrado tante disgrazie, egli trovò tuttavia la forza d'animo di proseguire con immutato acume scientifico le proprie ricerche, pubblicando nel 1638 (in Olanda, presso il celebre editore Lodewijk Elzevier) quella che è forse - dal punto di vista scientifico - la maggiore delle sue opere: Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze.

Anche quest'opera, come quella del 1632, presenta forma dialogica fra i medesimi interlocutori (Simplicio, Salviati, Sagredo) [...]. Essa si svolge in quattro giornate; una quinta e una sesta verranno pubblicate postume (nella sesta non comparirà più Simplicio, comparirà invece un nuovo interlocutore, Paolo Aproino, che fu discepolo e amico di Galileo). Le due nuove scienze di cui parla il titolo sono: la resistenza dei materiali e la dinamica. Particolare importanza hanno le giornate terza e quarta, dedicate a quest'ultima; esse riprendono argomenti già studiati da Galileo a Padova, approfondendoli notevolmente e dando loro una elevata forma matematica.

Da un punto di vista formale, i Discorsi non discutono più il sistema copernicano; in realtà, però, ne costituiscono un'ulteriore validissima difesa, in quanto eliminano definitivamente le obiezioni di carattere meccanico che gli avversari elevavano contro di esso. Gome ha scritto il Timpanaro, i Discorsi “non sono meno copernicani del Dialogo dei massimi sistemi. I teologi non li condannarono perché non li avevano capiti”.

Anche dopo il 1638 Galileo continuò a occuparsi attivamente di problemi scientifici, nei limiti concessigli dalla sua salute; coadiuvato, a partire dal 1639, da Vincenzo Viviani e negli ultimi mesi anche da Evangelista Torricelli. Si spense l'8 gennaio 1642.

[L. Geymonat, Storia del pensiero filosofico e scientifico, voi. II: Il ‘500 e il '600, Garzanti, Milano 1970, pp. 189-203]

 

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