L’intuizione
Fam Arouet si stava recando nello studio del Direttore del Dipartimento di Ricerca sulle Civiltà Extraterrestri con il cuore in gola. Non sapeva se il Direttore Tomath avrebbe gradito ciò che avrebbe detto, ma non aveva scelta. La verità è il primo dovere di un ricercatore. Tuttavia si sentiva soggiogato da una inquietudine di cui non riusciva a liberarsi.
La porta si aprì in fondo al luminoso corridoio e Fam pose lo sguardo dentro lo studio del Direttore arredato in maniera davvero molto moderna, ma senza eccesso; era un ambiente piacevole, come (quasi sempre) il suo umore.
Lo fece accomodare con un gesto e un sorriso. Tomath non cambiava mai, Fam lo conosceva da anni, ma nemmeno l’età aveva cambiato la sua natura: poche parole e sorriso affabile.
«Sono contento di rivederti ogni tanto... è da un po’ che non passi da qui: mi sono mancate le nostre interminabili chiacchierate sulla filosofia greca...».
«Lo so, lo so... Il lavoro e la carriera ci assorbono sempre di più, or-mai...» disse Fam, con un tono pieno di nostalgia.
«Hai fatto progressi Fam; tu più di me. Nel nostro campo nessuno ha una conoscenza superiore alla tua.»
«È proprio per questo che sono venuto a parlarti.»
«Hai avuto qualche altra intuizione?»
«In un certo senso, si.»
«Allora dimmi, non tenermi sulle spine!»
«Abbiamo sbagliato tutto...»
Ci fu un attimo di silenzio imbarazzato. Tomath sorrideva aspettando un’altra parola di Fam, ma quello, scuro in faccia, non accennava a dire altro.
«È successo qualcosa Fam?»
«È successo che ho usato il denaro del Dipartimento per portare avanti una ricerca non autorizzata! Ecco tutto.»
Tomath restò di sasso; non sapendo che dire, si portò una mano nei ca-pelli facendo finta di sistemarli. Dopo un attimo di incredulità, nella sua mente si accavallarono mille pensieri, ma il più martellante era: come aveva fatto il suo amico a mettere in atto una cosa del genere, senza che lui se ne accorgesse! Si sentì dolorosamente responsabile.
«Come è potuto accadere? Io avrei autorizzato qualsiasi tua proposta, lo sai, anche le più folli! Non ti ho mai posto limiti da questo punto di vista! E inoltre come hai fatto a prendere il denaro?».
«Lo so, ma la mia ricerca richiedeva la più assoluta riservatezza! Nemmeno tu dovevi sapere.»
«Quindi per amore della segretezza hai fatto qualcosa che, se vera, po-trebbe mettere fine sia alla tua che alla mia carriera?» disse Tomath, co-minciando a scaldarsi.
«Sì, l’ho fatto, ma i risultati sono stati davvero incredibili! Ne è valsa la pena!» disse Fam con un sorriso smagliante.
«Spiegati meglio!»
«Come ti dicevo prima, noi abbiamo sbagliato tutto! Abbiamo com-messo un errore di fondo che ci ha portato a cercare gli extraterrestri nei modi e nei posti sbagliati. Ti rendi conto di quanti fondi sono stati buttati al vento? E poi? Nessun risultato convincente. Improvvisamente, alcuni mesi fa, ho avuto l’intuizione giusta.»
«E quale sarebbe questa intuizione?»
«Sono partito da una affermazione del fisico teorico Paul Davies. Egli disse che se avessimo incontrato una civiltà extraterrestre, la comunica-zione sarebbe potuta risultare inattuabile perché non era affatto sicuro che ci fosse qualcosa da comunicare... ricordi?»
«Sì, ricordo bene, ma vai avanti...» disse Tomath, ancora in pensiero per la rivelazione di poco prima: il fatto di avere mandato in fumo una carriera lo metteva spaventosamente in ansia e nessuno gli poteva dare torto per tanta preoccupazione.
«Allora ho messo questa affermazione in relazione alla comunicazione tra esseri viventi con grande differenza di livello intellettivo. Ad esempio la comunicazione tra esseri umani e gatti si restringe solo allo scambio di coccole e all’offerta di cibo, non puoi raccontare al gatto le tue elucubra-zioni filosofiche o scientifiche, perché sarebbe del tutto inutile... né il gatto può comunicare altro che voglia di coccole o desiderio di cibo. Eb-bene, questo avverrebbe tra due esseri che comunque sono dello stesso pianeta, ma tra esseri di pianeti diversi anche queste semplici forme di comunicazione potrebbero essere del tutto assenti e l’unica informazione a disposizione potrebbe ridursi alla pura constatazione dell’esistenza! Cioè: io ti vedo e tu mi vedi. Mi segui?»
«Fin qui ti seguo, ma non riesco a capire dove vuoi arrivare...» disse Tomath imbarazzato.
«In realtà a questo ci eravamo già arrivati. La constatazione dell’esistenza è già un risultato incredibilmente interessante. Per questo motivo, per anni, sono stati portati avanti progetti come O.Z.M.A. o il più noto S.E.T.I. Inoltre questo Dipartimento ha finanziato ricerche su U.F.O., abduction, crop circles, civiltà scomparse e tante altre cose che non hanno portato altro che spreco di tempo e di fondi... cioè risultati ZERO».
«Questo lo so, ma tu che rimedi hai trovato?» disse Tomath, temendo che il discorso di Fam si sarebbe rapidamente smarrito in oziose conside-razioni.
«Abbiamo percorso tutte le strade, tranne l’unica che porta direttamente alla cosiddetta: “constatazione dell’esistenza”! Ce l’avevamo sotto il naso, ma non l’abbiamo vista!»
«Sei sicuro? Noi ne abbiamo provate di tutti i colori!»
«Sì, sono sicuro...» disse Fam, con sguardo trionfante.
«Vorrei che tu mi spiegassi…»
«Certamente. Per farti capire meglio ti faccio un esempio. Hai mai visto un gatto che capisce che nella tua casa c’è un apparecchio televisivo?»
«Credo proprio di no; di solito la mia gatta ci si addormenta di sopra, anche quando mio figlio lo tiene acceso ad alto volume!» disse Tomath.
«Ecco! Quindi cani e gatti, ad esempio, sono assolutamente incapaci di distinguere una tecnologia. Si addormentano sul televisore, passeggiano sul cofano delle automobili, marchiano il territorio sui pali della luce... Da questa evidenza potremmo estrapolare che se noi fossimo a contatto con una civiltà extraterrestre molto più avanzata di noi, potremmo non essere in grado di percepire le loro tecnologie, e chiaro?»
«Con questo che vuoi dire? Che potremmo addormentarci su un disco volante scambiandolo per un letto?» disse Tomath ridendo.
«Ebbene, non ci crederai, ma è proprio ciò che è accaduto a un centina-io di persone in questa città!»
«Che si sono addormentate su un disco volante?!» disse Tomath con una faccia tra il divertito e lo stupito.
«Esattamente! Ho scoperto che molti oggetti che noi scambiamo per letti sono in realtà delle navi spaziali aliene! Lo so, sembra talmente in-verosimile che stento a crederci io stesso...»
«Ma hai almeno un prova?» disse Tomath, sconvolto.
«Nel mio laboratorio ho un paio di letti che farebbero la gioia di qualsi-asi scienziato anziché quella di una coppia di amanti... Sapessi, una volta analizzati, cosa ci ho trovato dentro...»
«Ma com’è possibile una cosa del genere?»
«È del tutto possibile, anzi, direi che è banalmente ovvio, talmente ov-vio che non ci avevamo mai pensato. Le nostre menti non sono in grado di razionalizzare una tecnologia enormemente superiore alla nostra, quindi sono costrette a crearsi una falsa immagine. Come un gatto scambia il cofano di un automobile per un luogo adatto per dormire, allo stesso modo noi possiamo scambiare una nave spaziale aliena per un letto. Anzi, la nostra mente fa molto di più di un semplice scambio: essa VEDE un letto! Capisci?»
«Credo, credo di sì...» balbettò Tomath, cominciando a credere che Fam si fosse lasciato prendere un po’ troppo dall’entusiasmo.
«Sai come ho fatto a scoprirlo? Andando ad analizzare tutte quelle per-sone che sognavano molto spesso di fare viaggi nello spazio o di vedere alieni o esseri strani. In realtà non stavano affatto sognando, viaggiavano davvero nello spazio! Le navi spaziali aliene si attivano con la mente, quindi quelle persone le “mettevano in moto” inconsapevolmente usando le facoltà mentali, che nel sonno sono notoriamente potenziate. Siccome poi si basano su una propulsione a stadi intermedi di spazi interdimen-sionali, sembrava che il letto e la persona non si muovessero da lì e in re-altà sfrecciavano ad anni luce di distanza! Inoltre ho scoperto anche che questi letti erano stati regalati o prestati ai soggetti, quindi significa che gli alieni lo hanno fatto apposta per sottoporli a esperimenti. Non è una scoperta incredibile?»
«Credo di sì...» Tomath cominciava a sentirsi un cretino. Da un bel po’ era lì che ascoltava gli sproloqui di un uomo che aveva perso ogni traccia di raziocinio e non sapeva nemmeno cosa rispondergli.
«L’altra grande scoperta che ho fatto è stata che molti indumenti che indossiamo quotidianamente sono in realtà dei manufatti alieni: per essere precisi sono dei sofisticati strumenti per monitorare tutti i nostri parametri vitali. Noi li indossiamo e loro trasmettono agli alieni la pulsazione cardiaca, la pressione del sangue, la temperatura e chissà quanti altri pa-rametri che noi non immaginiamo neanche! Chi non ha comprato qualche economico indumento made in China? Ebbene, di questi indumenti ci viene detto che sono stati realizzati con manodopera a basso costo e proprio per questo sono venduti a prezzi stracciati, ma questo è un trucco! Il prezzo basso serve a favorirne la diffusione a livello mondiale, e il fatto che sono marchiati made in China serve a limitare la possibilità di verificarne la provenienza! Anche in questo caso in laboratorio ho un centinaio di magliette che una volta analizzate a fondo hanno rivelato dettagli davvero incredibili!» disse Fam trascinato da un crescente entu-siasmo.
«Più tardi voglio vedere sia i letti che le magliette! Ma c’è una cosa che vorrei capire... i cani e i gatti sono incapaci di percepire le nostre tecno-logie, ma sono capacissimi di vedere NOI! Se noi non siamo capaci di vedere le tecnologie aliene, quindi dovremmo essere almeno capaci di vedere LORO! Perché invece non li vediamo?»
«Ci ho pensato anche io a questo problema e mi sono scervellato per mesi, ma poi ho trovato la soluzione: anche questa era sotto il naso e non l’abbiamo mai vista. Sono partito sempre dal rapporto umani-animali. I cani e i gatti, per rifarci agli stessi esempi di prima, ci vedono benissimo, ma ci percepiscono come se fossimo anche noi cani o gatti! Solo che ci pongono in una posizione dominante rispetto a loro! Da ciò si estrapola facilmente che...»
«...noi vediamo gli alieni come se fossero normalissimi esseri umani, ma in posizioni sociali molto elevate, come star del cinema, presidenti, imperatori, ecc... Questa però l’ho già sentita,» lo interruppe Tomath, mostrando tutta la sua perplessità.
«Sì, qualcuno l’aveva già pensato, e noi l’abbiamo snobbato come un pazzo visionario...» disse Fam con tristezza.
«Loro sono tra noi,» aggiunse Fam a bassa voce avvicinandosi a To-math.
«Anche tu sembri un pazzo visionario in questo momento!» lo rimpro-verò Tomath.
«Io ho le prove!»
«Le voglio vedere!»
«Calmati! Le vedrai al momento opportuno.»
«Spero che per te il momento opportuno sia molto presto. Io ho da la-vorare...» disse Tomath alzandosi dalla sua poltrona. Cominciò a pensare che se Fam non se ne fosse andato entro pochi minuti avrebbe perso la pazienza. L’atteggiamento di Fam era un po’ troppo irritante.
«Questo è più importante del tuo lavoro. È qualcosa di troppo grandio-so, i tuoi appuntamenti possono certamente aspettare».
«Aspettare cosa? Perché non vuoi farmi vedere subito le prove?» chiese Tomath.
«Ti rendi conto che Gesù era con molta probabilità un alieno che aveva mostrato a tutti le sue capacità! Lo hanno ucciso i suoi stessi simili per metterlo a tacere. In questo modo trovano spiegazione anche i numerosi miracoli che Egli faceva…» disse Fam pensieroso.
«Non cambiare discorso! Voglio visionare le prove che hai citato. Vo-glio vedere le analisi dei letti e delle magliette! Tu hai queste analisi, por-tamele, per favore».
«Non subito; mi devi perdonare ma non mi fido: anche tu potresti esse-re un alieno!»
«Basta Fam. La mia pazienza ha un limite. Ho solo altri cinque minuti da dedicarti, poi ho un seminario. Giusto il tempo per andare a prendere le tue analisi e portarmele!» disse Tomath severo.
«Dopotutto anche tu hai sempre occupato posizioni sociali elevate... potrei togliermi ogni dubbio facendo l’analisi di un campione dei tuoi tessuti…»
«Cosa?!» gridò Tomath.
«Sì, certo! L’analisi metterebbe in evidenza un DNA diverso da quello umano e sarebbe la prova della tua appartenenza!».
Con mossa rapida Fam afferrò il tagliacarte sulla scrivania di Tomath e si diresse di scatto verso di lui.
«Cosa vuoi fare?» disse Tomath con una smorfia di terrore disegnata sul viso.
«Calmati! Ci vorrà solo un attimo… mi basta un lembo del tuo orecchio per avere la prova che mi serve. Non ti farà male e se sei davvero umano non hai niente da temere!» disse Fam, rosso in viso.
A quel punto Tomath si decise, con un movimento rapido della mano, premette il bottone che si trovava sotto la sua scrivania e chiamò la sicu-rezza. Entro un minuto sarebbero arrivati due uomini.
«Tu non ragioni più... ti invito ad uscire da questo ufficio!» disse To-math, pallido in viso per la paura.
A quel punto Fam si fermò e abbassò il tagliacarte.
«Io l’avevo sempre sospettato, sai? È da anni che ti tengo d’occhio! Ma non ero sicuro, non sono mai stato sicuro. Non lo sono nemmeno adesso... ma se sei umano allora devi aiutarmi! Bisogna divulgare questa scoperta; ci divideremo il merito e saremo ricordati come i più grandi scienziati della storia umana. Saremo per sempre quelli che hanno scoperto l’esistenza degli extraterrestri, supereremo in fama Galileo, Newton, Ein-stein, Watson e Crick e tanti altri! Ti rendi conto di cosa abbiamo appena fatto?» disse Fam, febbricitante per l’entusiasmo.
«Tra pochi secondi due uomini ti accompagneranno fuori da questo e-dificio. Ma ci sentiamo tra qualche giorno. Dopo avere osservato cosa c’è dentro il tuo laboratorio...» disse Tomath freddamente.
I due uomini della sicurezza entrarono nello studio, strapparono dalla mano di Fam il tagliacarte e lo presero con forza dalle braccia. Mentre lo portavano fuori egli gridò:
«Diventeremo una leggenda perché nemmeno loro sono riusciti a fer-marci!», poi la porta dello studio si chiuse automaticamente.
Tomath crollò sulla poltrona in preda al pianto. Non solo il suo migliore scienziato e amico aveva perso la salute mentale, ma aveva anche commesso un reato di cui, lui, sarebbe potuto essere considerato respon-sabile, con gravi conseguenza per la carriera. Si sentiva rovinato e beffato dal destino.
Il giorno dopo invece si sentì parzialmente rincuorato. Dalle indagini svolte al computer non risultava nessun illecito da parte di Fam. Nessuno aveva mai prelevato denaro per svolgere ricerche di nascosto. Nel labora-torio non c’erano né letti né magliette e nemmeno altre cose strane. Anzi, la scrivania era desolatamente vuota, come se Fam non lavorasse da mol-to tempo.
Nonostante tutto restava il fatto che il suo amico era impazzito e questo per lui era un grande dispiacere. La migliore mente di tutto il Diparti-mento si era deteriorata e non sapeva se ne fosse esistita qualcuna in gra-do di succederle degnamente.
Le emozioni delle ultime 24 ore erano state talmente forti che Tomath si sentiva male fisicamente: avvertiva forti dolori addominali e anche un po’ di mal di gola. Ad un certo punto i dolori divennero spasmi e uscì dal suo studio per precipitarsi in bagno. Vi stette circa cinque minuti poi uscì, ma ancora non si sentiva davvero a posto.
Quando Harajo, tecnico del Dipartimento dal carattere eccentrico e in-troverso, vide uscire il direttore dal bagno, così pallido e sudaticcio, ven-ne colto da uno spiacevole sospetto. Si precipitò in bagno e guardò den-tro.
Le sue preoccupazioni erano fin troppo fondate. Non bastava che aveva dovuto in fretta e furia sgomberare il laboratorio di Fam Arouet, perché quello sciagurato ci teneva due navi spaziali e un centinaio di sonde ce-rebrali! Non bastava nemmeno che era stato costretto a cancellare tutte le tracce informatiche dei movimenti di denaro che lo stesso Fam aveva fat-to per procurarsi i soldi per le sue ricerche!
E doveva sopportare anche questo, parecchie volte al giorno.
«Il mio compito qui al Dipartimento sarebbe molto più piacevole se gli esseri umani la smettessero di defecare sul mio computer!» pensò.
«Ma l’hanno scambiato per un gabinetto?»
Giuseppe Nicosia