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Nati per comprare (recensione)

La pubblicità nei tempi moderni è diventata sempre più pervasiva e onnipresente. Soprattutto la pubblicità rivolta ai bambini. Juliet B. Schor nel suo libro "Nati per comprare" (titolo originale: Born to Buy), analizza il mondo della pubblicità rivolta ai bambini nella società degli Stati Uniti. La maggior parte degli elementi del suo studio sono facilmente adattabili anche alle situazioni del nostro Paese.

L'infanzia negli ultimi decenni è stata commercializzata e attorno ai bambini è stata costruita una mostruosa macchina del marketing. Questa macchina è caratterizzata da una efficienza, ricchezza e impudenza sempre crescenti. Il cambiamento sociale che ha permesso tutto ciò dipende dal fatto che i bambini hanno sempre più voce in capitolo sugli acquisti della famiglia. Più i bambini crescono e maggiore è la loro influenza.

Inoltre si è potuto stabilire che i bambini sono molto legati a particolari marche commerciali. I designer affermano che sono i bambini a "guidare le tendenze", ma prima li bombardano pesantemente di pubblicità.
Ci sono molti modi per bombardare i bambini di pubblicità. Infatti la grande attenzione e il coinvolgimento dei bambini per il mondo dei media elettronici ha indotto a postulare un nuovo tipo di bambino postmoderno, dominato da televisione, internet, videogiochi, film. I danni di tutto ciò si cominciano a vedere a partire dall'alimentazione scorretta. Infatti la maggior parte dei bambini mangia cibi non adatti, e ne mangia troppi. Una ricerca svolta nel 1997 ha rivelato che il 50% delle calorie assunte dai bambini proviene dai grassi aggiunti e dallo zucchero, e che le diete del 45% dei bambini non soddisfacevano gli standard della piramide nutrizionale della USDA. Di conseguenza sono aumentati anche i casi di ipertensione, di diabete e di obesità infantili. Per contro si registra una attenzione compulsiva nei confronti del peso e dell'immagine legata al proprio corpo. Un numero senza precedenti di ragazze segue una dieta, e comincia a farlo a un'età sempre inferiore.

Gli psicologi hanno osservato che l'adozione di valori troppo orientati al materialismo insidia il benessere, perché porta le persone ad essere più depresse, ansiose e meno vitali.

Ma quali sono le tecniche pubblicitarie che hanno maggiore successo? Su quali aspetti psicologici dei bambini fanno leva?
Innanzitutto si nota che le pubblicità propongono una netta separazione tra i sessi. I bambini maschi vengono proposti come sportivi, avventurosi e ribelli. Le bambine sono elegantissime, truccate e smaccatamente oche. Le pubblicità quindi tendono ad inculcare anche degli stereotipi sessisti.

Ma c'è di più. Come vengono descritti gli adulti nelle pubblicità rivolte ai bambini? Spesso vengono fatti apparire come negligenti,  incompetenti, insignificanti. Gli adulti impongono un mondo repressivo contrapposto al mondo dei bambini pieno di gioia e divertimento.

Ma quando ai bambini e agli adulti piacciono cose diverse? Viene usata le tecnica del “Dual Messaging”, cioè uno spot pubblicitario che raggiunge sia le mamme sia i bambini. Un esempio è determinato da quelle pubblicità di prodotti alimentari che sono allettanti per i bambini, ma che contengono anche ingredienti e vitamine che fanno bene al bambino e che dovrebbero invogliare gli adulti a comprare il prodotto accontentando il figlio.

Un’altra strategia per raggiungere i bambini è quella di prendere oggetti di uso quotidiano e trasformarli in giocattoli o in quella che l’industria chiama “trans-toying”. Alcuni esempi di trans-toying sono da diverso tempo sono sotto i nostri occhi; fra questi, gli spazzolini da denti o i tappi degli shampoo che rappresentano dei personaggi. Le aziende di prodotti preconfezionati si ingegnano nello sforzo di trasformare tutto ciò che si può mangiare in oggetti con i quali i bambini possano giocare. Susan Linn, psicologa dell’Università di Harvard ha dichiarato: “Il marketing vorrebbe farci credere che lo scopo del cibo è il gioco. Non è un valore ripugnante , quando ci sono persone nel mondo che muoiono di fame?

La cosa più inquietante è che la maggior parte dei bambini sotto i 5 anni non sono capaci di distinguere la pubblicità dal contesto dei programmi televisivi, quindi sono molto più facili da suggestionare rispetto ai bambini più grandi e agli adulti. Questo è un risultato che ci deve fare riflettere ogni volta che facciamo vedere la televisione ai bambini più piccoli. Dopo i 10 anni di età il 100% dei bambini è perfettamente in grado di distinguere la pubblicità dagli altri programmi.

A questo punto ci si chiede: qual è la pubblicità più efficace? Gli esperti del marketing non hanno dubbi: è quella che fa sentire alle persone che senza quel prodotto sono dei perdenti. I bambini sono molto sensibili a questo. Se dici loro che saranno degli sfigati se non lo comprano, allora hai fatto breccia nella loro mente.

Tutto ciò ci fa capire che costruire un’infanzia meno commercializzata non sarà facile. Le grandi aziende non cederanno il loro dominio mediatico e le leggi a favore dei consumatori non saranno sufficienti a fermare questa marea dilagante. Per migliorare la situazione occorrerà l’impegno di tutti.


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