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mercoledì 26 agosto 2009

Passaparola o Viral Marketing per fare conoscere i propri libri

 

Oggi ho pensato: “scrivo qualcosa di virale per far conoscere uno dei miei romanzi di fantascienza. In fondo non dovrebbe essere così difficile avere una buona idea per fare una cosa del genere. Basta una buona idea, una buona idea…

Ma l’idea non mi viene, anche perché il viral marketing non ha regole fisse, non ci sono leggi o formule matematiche o teoremi che permettono di creare la perfetta “reazione a catena” che innesca il “passaparola”.

Se l’idea non viene, allora mi sono detto: “Ok, non riesco a pensare a nulla di originale, ma se si tratta di passaparola, di solito come si fa? Come fate voi a fare un normale passaparola?

Di solito si va da una persona e gli si dice: “senti, io ho scritto un romanzo, perché non te lo leggi e poi fai passaparola e lo dici a tutti i tuoi amici e conoscenti ricordandogli di fare passaparola? Le copie del libro le offro io a tutti quelli che se lo vogliono leggere, che ne pensi?

E il tizio ti risponde: “Oh beh, che mi costa? E poi era un po’ di tempo che volevo leggere qualcosa di nuovo. Appena finisco di leggerlo lo dico a tutti quelli che conosco. Se mi piace glielo dico davvero a tutti tutti, ma proprio tutti!

E tu gli dici: “Grazie davvero! Sei davvero un amico. Ora ti do una copia del romanzo, così tu te lo porti a casa e te lo cominci a leggere”.

Gliela porgi.

E quello: “Grazie! Ma che bella copertina ha questo libro, l’hai fatta tu?

E tu: “Si l’ho fatta io. Ma non perdere tempo, devi leggerlo parola per parola, gustare ogni frase, assaporare ogni passaggio, percepire i personaggi. Ti consiglio di leggerlo da solo in una stanza silenziosa e senza nessuno che ti rompe le palle mandandoti sms ogni cinque minuti”.

E lui: “Ottimo consiglio. Vado subito

Tu: “Ciao allora. E ricordati il passaparola

Lui: “Ciao. Non ti preoccupare, puoi contare su di me. Ora scappo perché mi pare di sentire una sirena…”.

Dopo che è andato via così in fretta, resto forse un po’ svuotato nell’animo (cosa avrà voluto dire quando ha detto: “mi pare di sentire una sirena”? Forse non è un tipo troppo affidabile?). Chissà se sarà proprio lui quello che innescherà il passaparola con reazione a catena. Purtroppo, si sa, con queste cose non c’è mai certezza.

A proposito! Lo vuoi vedere il romanzo che gli ho dato da leggere?

Si? Che gioia!

Eccolo:

Lo puoi scaricare gratuitamente da qui, in formato pdf:

http://www.lulu.com/items/volume_62/1154000/1154730/1/print/Inclass.pdf

E adesso non scappare! Leggilo, e se ti è piaciuto fallo sapere a tutti quelli che potrebbero essere interessati.

Grazie :-)

Il passaparola è il sale della vita ;-)

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>> Le saghe fantasy

martedì 17 marzo 2009

Scarica gratis i miei romanzi di fantascienza

 

Come alcuni sanno, mi diletto a scrivere racconti e romanzi e nel passato ho scritto due romanzi di fantascienza. A partire da oggi è possibile scaricarli entrambi gratuitamente in formato pdf.

Inclassificato

Descrizione:

Una bambina viene rapita da un misterioso alieno e viene perduta nello spazio. Dopo mille anni di viaggio nella Galassia in stato di ibernazione, viene trovata da uno scienziato del pianeta Tatmanut. Da quel momento comincia l'avventura della dolce Dorine, che viene allevata come un guerriero, ma in lei resta fortissimo il desiderio di trovare il suo pianeta d'origine...

Scaricabile gratuitamente a questo indirizzo.

Le Due Lune

Descrizione:

Uno scienziato (un archeologo spaziale), in un remoto pianeta della Galassia, trova un antichissimo manoscritto che racconta una storia ambientata in quello stesso pianeta. La storia narra di due lune nel cielo e di un mondo dominato da terribili e giganteschi esseri che terrorizzano gli umanoidi che vivono pacificamente in una piccola città. Una bambina idealista e coraggiosa, una misteriosa razza aliena dotata di impressionanti poteri mentali, una oscura profezia di estinzione di massa, un uomo anziano che guida due fanciulle in una pericolosa avventura, sono gli ingredienti di questa storia. Alla fine nessuno dei protagonisti immagina cosa sta per accadere in realtà...

Scaricabile gratuitamente a questo indirizzo.

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giovedì 18 dicembre 2008

Dimora celeste (racconto)

Dimora celeste

Vi presento un altro mio breve racconto, scritto un numero imprecisato di anni fa, in un momento di profonda analisi interiore ;-)

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Ne ho assaporato l'intima grandezza. Contemplo il cielo e ne serbo qualcosa dentro di me. Mi sono chiesto se è proprio vero che l'anima giace dentro il corpo e l'universo ne resta fuori. La mia sensazione è invece esattamente opposta. Mi sento rivoltato come un guanto, con l'immensità del cielo dentro il mio corpo e la mia anima che vaga all'esterno. Quale vertigine! Penso che si tratti di una situazione oltremodo inquietante, ma mi fa sentire vivo...

Il mio sguardo si muove tra le stelle di Orione, lontane come poche menti sanno immaginarsi, adorate da popoli antichi e portatrici di esoterici simboli, poderosi vettori di misteri insondabili. Ne posso raccogliere la luce con le mie pupille. Non è strano? La luce del mondo entra dagli occhi... e resta sempre dentro di noi! Non ci avevo mai pensato, in effetti.

Ciò potrebbe dimostrare che il corpo non è il vero punto di contatto tra l'anima e l'universo, filtro di ogni esperienza, ma solo un comodo punto di riferimento, che evaporerebbe ad uno sguardo più ravvicinato. Ma non voglio dilungarmi in simili pensieri: sono troppo occupato a disegnare nuove costellazioni con la mia immaginazione.

Proprio quella volta prese corpo nella mia mente un progetto. Il progetto di costruire una dimora nel cielo, una dimora eterna, dalle infinite stanze, dalla labirintica consistenza, nata dall'analisi della mia complessa interiorità. Sarebbe stata una fortezza inviolabile, rifugio perfetto in ogni tempesta, dalle mura eburnee, vigilate da terribili guardiani simili ad angeli alati. Ma una simile dimora mi apparve subito triste: che gloria ne avrei ricevuto a vivere in una prigione? Allora ne aprii i confini a creature dolci e affiatate, simili ad animali da compagnia, frutto di fantasie dimenticate della mia infanzia. Tuttavia anche stavolta restai deluso: le creature non riuscivano a vivere più di una notte; al mio risveglio erano già sparite, deglutite dalla luce del sole. Riapparivano la notte seguente, ma non erano del tutto uguali a quelle della sera precedente. Le disfeci completamente dopo averci giocato alcuni giorni.

Le sostituii con donne bellissime, dai flessuosi corpi seducenti, che intrattenevano i miei istinti più oscuri. Ne esaminavo attentamente centinaia, prima di sceglierne una che avrebbe avuto il permesso di entrare nel mio letto. Nessuna era davvero perfetta, nessuna era come me l'aspettavo. Bandii le donne bellissime dal mio palazzo, dopo poche settimane di insonni fantasie torbide e colpevoli. In quel momento mi accorsi che il mio palazzo cominciava a cadere a pezzi, sotto i colpi di una forza misteriosa quanto invisibile. L'ala nord era del tutto scomparsa e adesso anche i volti degli inservienti erano senza occhi, né naso né bocca. Simili a manichini dai movimenti scomposti, mi inseguivano tra interminabili e lucidi corridoi per dirmi qualcosa che non riuscivano a esprimere. Io fuggivo, consapevole della minaccia...

Un giorno scomparvero anche alcune stanze e infine persino la torre da cui osservavo le stelle era sparita. Qualcuno testimoniò che si era inabissata tra le nuvole. Che cosa triste! Una mattina mi svegliai e il mio palazzo era ridotto ad una selva di impalcature arrugginite, scheletro di un mostro ormai senza vita.

Fui costretto ad ammettere il mio fallimento.

Adesso, dopo tanti anni, quando nelle mappe stellari osservo i confini e i disegni delle costellazioni, in quelle figure così ricche di spezzati segmenti, riconosco ancora le linee tracciate dalle impalcature della mia dimora nel cielo.

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mercoledì 17 dicembre 2008

L'intuizione (racconto)

 

Questo racconto che ho scritto nel 2005, mi è sempre piaciuto. Per quanto pochi siano d'accordo sul fatto che sia veramente bello, io lo adoro per il finale scherzoso :-)

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Fam Arouet si stava recando nello studio del Direttore del Dipartimento di Ricerca sulle Civiltà Extraterrestri con il cuore in gola. Non sapeva se il Direttore Tomath avrebbe gradito ciò che avrebbe detto, ma non aveva scelta. La verità è il primo dovere di un ricercatore. Tuttavia si sentiva soggiogato da una inquietudine di cui non riusciva a liberarsi.

La porta si aprì in fondo al luminoso corridoio e Fam pose lo sguardo dentro lo studio del Direttore arredato in maniera davvero molto moderna, ma senza eccesso; era un ambiente piacevole, come (quasi sempre) il suo umore.

Lo fece accomodare con un gesto e un sorriso. Tomath non cambiava mai, Fam lo conosceva da anni, ma nemmeno l'età aveva cambiato la sua natura: poche parole e sorriso affabile.

«Sono contento di rivederti ogni tanto... è da un po’ che non passi da qui: mi sono mancate le nostre interminabili chiacchierate sulla filosofia greca...».

«Lo so, lo so... Il lavoro e la carriera ci assorbono sempre di più, ormai...» disse Fam, con un tono pieno di nostalgia.

«Hai fatto progressi Fam; tu più di me. Nel nostro campo nessuno ha una conoscenza superiore alla tua.»

«E' proprio per questo che sono venuto a parlarti.»

«Hai avuto qualche altra intuizione?»

«In un certo senso, si.»

«Allora dimmi, non tenermi sulle spine!»

«Abbiamo sbagliato tutto...»

Ci fu un attimo di silenzio imbarazzato. Tomath sorrideva aspettando un'altra parola di Fam, ma quello, scuro in faccia, non accennava a dire altro.

«E' successo qualcosa Fam?»

«E' successo che ho usato il denaro del Dipartimento per portare avanti una ricerca non autorizzata! Ecco tutto...».

Tomath restò di sasso; non sapendo che dire, si portò una mano nei capelli facendo finta di sistemarli. Dopo un attimo di incredulità, nella sua mente si accavallarono mille pensieri, ma il più martellante era: come aveva fatto il suo amico a mettere in atto una cosa del genere, senza che lui se ne accorgesse! Si sentì dolorosamente responsabile.

«Come è potuto accadere? Io avrei autorizzato qualsiasi tua proposta, lo sai, anche le più folli! Non ti ho mai posto limiti da questo punto di vista! E inoltre come hai fatto a prendere il denaro?».

«Lo so, ma la mia ricerca richiedeva la più assoluta riservatezza! Nemmeno tu dovevi sapere...»

«Quindi per amore della segretezza hai fatto qualcosa che, se vera, potrebbe mettere fine sia alla tua che alla mia carriera?» disse Tomath, cominciando a scaldarsi.

«Si, l'ho fatto, ma i risultati sono stati davvero incredibili! Ne è valsa la pena!» disse Fam con un sorriso smagliante.

«Spiegati meglio!»

«Come ti dicevo prima, noi abbiamo sbagliato tutto! Abbiamo commesso un errore di fondo che ci ha portato a cercare gli extraterrestri nei modi e nei posti sbagliati. Ti rendi conto di quanti fondi sono stati buttati al vento? E poi? Nessun risultato convincente. Improvvisamente, alcuni mesi fa, ho avuto l’intuizione giusta…»

«E quale sarebbe questa intuizione?»

«Sono partito da una affermazione del fisico teorico Paul Davies. Egli disse che se avessimo incontrato una civiltà extraterrestre, la comunicazione sarebbe potuta risultare inattuabile perché non era affatto sicuro che ci fosse qualcosa da comunicare... ricordi?»

«Si ricordo bene, ma vai avanti...» disse Tomath, ancora in pensiero per la rivelazione di poco prima: il fatto di avere mandato in fumo una carriera lo metteva spaventosamente in ansia e nessuno gli poteva dare torto per tanta preoccupazione.

«Allora ho messo questa affermazione in relazione alla comunicazione tra esseri viventi con grande differenza di livello intellettivo. Ad esempio la comunicazione tra esseri umani e gatti si restringe solo allo scambio di coccole e all'offerta di cibo, non puoi raccontare al gatto le tue elucubrazioni filosofiche o scientifiche, perché sarebbe del tutto inutile... né il gatto può comunicare altro che voglia di coccole o desiderio di cibo. Ebbene, questo avverrebbe tra due esseri che comunque sono dello stesso pianeta, ma tra esseri di pianeti diversi anche queste semplici forme di comunicazione potrebbero essere del tutto assenti e l'unica informazione a disposizione potrebbe ridursi alla pura constatazione dell'esistenza! Cioè: io ti vedo e tu mi vedi. Mi segui?»

«Fin qui ti seguo, ma non riesco a capire dove vuoi arrivare...» disse Tomath imbarazzato.

«In realtà a questo ci eravamo già arrivati. La constatazione dell'esistenza è già un risultato incredibilmente interessante. Per questo motivo, per anni, sono stati portati avanti progetti come O.Z.M.A. o il più noto S.E.T.I. Inoltre questo Dipartimento ha finanziato ricerche su U.F.O., abduction, crop circles, civiltà scomparse e tante altre cose che non hanno portato altro che spreco di tempo e di fondi... cioè risultati ZERO».

«Questo lo so, ma tu che rimedi hai trovato?» disse Tomath, temendo che il discorso di Fam si sarebbe rapidamente smarrito in oziose considerazioni.

«Abbiamo percorso tutte le strade, tranne l'unica che porta direttamente alla cosiddetta: "constatazione dell'esistenza"! Ce l'avevamo sotto il naso, ma non l'abbiamo vista!»

«Sei sicuro? Noi ne abbiamo provate di tutti i colori!»

«Si, sono sicuro...» disse Fam, con sguardo trionfante.

«Vorrei che tu mi spiegassi…»

«Certamente. Per farti capire meglio ti faccio un esempio. Hai mai visto un gatto che capisce che nella tua casa c'è un apparecchio televisivo?»

«Credo proprio di no; di solito la mia gatta ci si addormenta di sopra, anche quando mio figlio lo tiene acceso ad alto volume!» disse Tomath.

«Ecco! Quindi cani e gatti, ad esempio, sono assolutamente incapaci di distinguere una tecnologia. Si addormentano sul televisore, passeggiano sul cofano delle automobili, marchiano il territorio sui pali della luce... Da questa evidenza potremmo estrapolare che se noi fossimo a contatto con una civiltà extraterrestre molto più avanzata di noi, potremmo non essere in grado di percepire le loro tecnologie, e chiaro?»

«Con questo che vuoi dire? Che potremmo addormentarci su un disco volante scambiandolo per un letto?» disse Tomath ridendo.

«Ebbene, non ci crederai, ma è proprio ciò che è accaduto a un centinaio di persone in questa città!»

«Che si sono addormentate su un disco volante?!» disse Tomath con una faccia tra il divertito e lo stupito.

«Esattamente! Ho scoperto che molti oggetti che noi scambiamo per letti sono in realtà delle navi spaziali aliene! Lo so, sembra talmente inverosimile che stento a crederci io stesso...»

«Ma hai almeno un prova?» disse Tomath, sconvolto.

«Nel mio laboratorio ho un paio di letti che farebbero la gioia di qualsiasi scienziato anziché quella di una coppia di amanti... Sapessi, una volta analizzati, cosa ci ho trovato dentro...»

«Ma com'è possibile una cosa del genere?»

«E' del tutto possibile, anzi, direi che è banalmente ovvio, talmente ovvio che non ci avevamo mai pensato. Le nostre menti non sono in grado di razionalizzare una tecnologia enormemente superiore alla nostra, quindi sono costrette a crearsi una falsa immagine. Come un gatto scambia il cofano di un automobile per un luogo adatto per dormire, allo stesso modo noi possiamo scambiare una nave spaziale aliena per un letto. Anzi, la nostra mente fa molto di più di un semplice scambio: essa VEDE un letto! Capisci?»

«Credo, credo di si...» balbettò Tomath, cominciando a credere che Fam si fosse lasciato prendere un po' troppo dall'entusiasmo.

«Sai come ho fatto a scoprirlo? Andando ad analizzare tutte quelle persone che sognavano molto spesso di fare viaggi nello spazio o di vedere alieni o esseri strani. In realtà non stavano affatto sognando, viaggiavano davvero nello spazio! Le navi spaziali aliene si attivano con la mente, quindi quelle persone le “mettevano in moto” inconsapevolmente usando le facoltà mentali, che nel sonno sono notoriamente potenziate. Siccome poi si basano su una propulsione a stadi intermedi di spazi interdimensionali, sembrava che il letto e la persona non si muovessero da lì e in realtà sfrecciavano ad anni luce di distanza! Inoltre ho scoperto anche che questi letti erano stati regalati o prestati ai soggetti, quindi significa che gli alieni lo hanno fatto apposta per sottoporli a esperimenti. Non è una scoperta incredibile?»

«Credo di si...» Tomath cominciava a sentirsi un cretino. Da un bel po' era lì che ascoltava gli sproloqui di un uomo che aveva perso ogni traccia di raziocinio e non sapeva nemmeno cosa rispondergli.

«L'altra grande scoperta che ho fatto è stata che molti indumenti che indossiamo quotidianamente sono in realtà dei manufatti alieni: per essere precisi sono dei sofisticati strumenti per monitorare tutti i nostri parametri vitali. Noi li indossiamo e loro trasmettono agli alieni la pulsazione cardiaca, la pressione del sangue, la temperatura e chissà quanti altri parametri che noi non immaginiamo neanche! Chi non ha comprato qualche economico indumento made in China? Ebbene, di questi indumenti ci viene detto che sono stati realizzati con manodopera a basso costo e proprio per questo sono venduti a prezzi stracciati, ma questo è un trucco! Il prezzo basso serve a favorirne la diffusione a livello mondiale, e il fatto che sono marchiati made in China serve a limitare la possibilità di verificarne la provenienza! Anche in questo caso in laboratorio ho un centinaio di magliette che una volta analizzate a fondo hanno rivelato dettagli davvero incredibili!» disse Fam trascinato da un crescente entusiasmo.

«Più tardi voglio vedere sia i letti che le magliette! Ma c'è una cosa che vorrei capire... i cani e i gatti sono incapaci di percepire le nostre tecnologie, ma sono capacissimi di vedere NOI! Se noi non siamo capaci di vedere le tecnologie aliene, quindi dovremmo essere almeno capaci di vedere LORO! Perché invece non li vediamo?»

«Ci ho pensato anche io a questo problema e mi sono scervellato per mesi, ma poi ho trovato la soluzione, anche questa era sotto il naso e non l'abbiamo mai vista. Sono partito sempre dal rapporto umani-animali. I cani e i gatti, per rifarci agli stessi esempi di prima, ci vedono benissimo, ma ci percepiscono come se fossimo anche noi cani o gatti! Solo che ci pongono in una posizione dominante rispetto a loro! Da ciò si estrapola facilmente che...»

«...noi vediamo gli alieni come se fossero normalissimi esseri umani, ma in posizioni sociali molto elevate, come star del cinema, presidenti, imperatori, ecc...! Questa però l'ho già sentita...» lo interruppe Tomath, mostrando tutta la sua perplessità.

«Si, qualcuno l'aveva già pensato, e noi l'abbiamo snobbato come un pazzo visionario...» disse Fam con tristezza.

«Loro sono tra noi...» aggiunse Fam a bassa voce avvicinandosi a Tomath.

«Anche tu sembri un pazzo visionario in questo momento!» lo rimproverò Tomath.

«Io ho le prove!»

«Le voglio vedere!»

«Calmati! Le vedrai al momento opportuno...»

«Spero che per te il momento opportuno sia molto presto. Io ho da lavorare...» disse Tomath alzandosi dalla sua poltrona. Cominciò a pensare che se Fam non se ne fosse andato entro pochi minuti avrebbe perso la pazienza. L’atteggiamento di Fam era un po’ troppo irritante.

«Questo è più importante del tuo lavoro. E' qualcosa di troppo grandioso, i tuoi appuntamenti possono certamente aspettare».

«Aspettare cosa? Perché non vuoi farmi vedere subito le prove?» chiese Tomath.

«Ti rendi conto che Gesù era con molta probabilità un alieno che aveva mostrato a tutti le sue capacità! Lo hanno ucciso i suoi stessi simili per metterlo a tacere. In questo modo trovano spiegazione anche i numerosi miracoli che Egli faceva…» disse Fam pensieroso.

«Non cambiare discorso! Voglio visionare le prove che hai citato. Voglio vedere le analisi dei letti e delle magliette! Tu hai queste analisi, portamele, per favore».

«Non subito… mi devi perdonare ma non mi fido: anche tu potresti essere un alieno...».

«Basta Fam. La mia pazienza ha un limite. Ho solo altri cinque minuti da dedicarti, poi ho un seminario. Giusto il tempo per andare a prendere le tue analisi e portarmele!» disse Tomath severo.

«Dopotutto anche tu hai sempre occupato posizioni sociali elevate... potrei togliermi ogni dubbio facendo l’analisi di un campione dei tuoi tessuti…»

«Cosa?!» gridò Tomath.

«Si, certo! L’analisi metterebbe in evidenza un DNA diverso da quello umano e sarebbe la prova della tua appartenenza!».

Con mossa rapida Fam afferrò il tagliacarte sulla scrivania di Tomath e si diresse di scatto verso di lui.

«Cosa vuoi fare?» disse Tomath con una smorfia di terrore disegnata sul viso.

«Calmati! Ci vorrà solo un attimo… mi basta un lembo del tuo orecchio per avere la prova che mi serve. Non ti farà male e se sei davvero umano non hai niente da temere!» disse Fam, rosso in viso.

A quel punto Tomath si decise, con un movimento rapido della mano, premette il bottone che si trovava sotto la sua scrivania e chiamò la sicurezza. Entro un minuto sarebbero arrivati due uomini.

«Tu non ragioni più... ti invito ad uscire da questo ufficio!» disse Tomath, pallido in viso per la paura.

A quel punto Fam si fermò e abbassò il tagliacarte.

«Io l'avevo sempre sospettato, sai? E' da anni che ti tengo d'occhio! Ma non ero sicuro, non sono mai stato sicuro. Non lo sono nemmeno adesso... ma se sei umano allora devi aiutarmi! Bisogna divulgare questa scoperta; ci divideremo il merito e saremo ricordati come i più grandi scienziati della storia umana. Saremo per sempre quelli che hanno scoperto l'esistenza degli extraterrestri, supereremo in fama Galileo, Newton, Einstein, Watson e Crick e tanti altri! Ti rendi conto di cosa abbiamo appena fatto?» disse Fam, febbricitante per l'entusiasmo.

«Tra pochi secondi due uomini ti accompagneranno fuori da questo edificio. Ma ci sentiamo tra qualche giorno. Dopo avere osservato cosa c'è dentro il tuo laboratorio...» disse Tomath freddamente.

I due uomini della sicurezza entrarono nello studio, strapparono dalla mano di Fam il tagliacarte e lo presero con forza dalle braccia. Mentre lo portavano fuori egli gridò:

«Diventeremo una leggenda perché nemmeno loro sono riusciti a fermarci!», poi la porta dello studio si chiuse automaticamente.

Tomath crollò sulla poltrona in preda al pianto. Non solo il suo migliore scienziato e amico aveva perso la salute mentale, ma aveva anche commesso un reato di cui, lui, sarebbe potuto essere considerato responsabile, con gravi conseguenza per la carriera. Si sentiva rovinato e beffato dal destino.

Il giorno dopo invece si sentì parzialmente rincuorato. Dalle indagini svolte al computer non risultava nessun illecito da parte di Fam. Nessuno aveva mai prelevato denaro per svolgere ricerche di nascosto. Nel laboratorio non c'erano né letti né magliette e nemmeno altre cose strane. Anzi, la scrivania era desolatamente vuota, come se Fam non lavorasse da molto tempo.

Nonostante tutto restava il fatto che il suo amico era impazzito e questo per lui era un grande dispiacere. La migliore mente di tutto il Dipartimento si era deteriorata e non sapeva se ne fosse esistita qualcuna in grado di succederle degnamente.

Le emozioni delle ultime 24 ore erano state talmente forti che Tomath si sentiva male fisicamente: avvertiva forti dolori addominali e anche un po' di mal di gola. Ad un certo punto i dolori divennero spasmi e uscì dal suo studio per precipitarsi in bagno. Vi stette circa cinque minuti poi uscì, ma ancora non si sentiva davvero a posto.

Quando Harajo, tecnico del Dipartimento dal carattere eccentrico e introverso, vide uscire il direttore dal bagno, così pallido e sudaticcio, venne colto da uno spiacevole sospetto. Si precipitò in bagno e guardò dentro.

Le sue preoccupazioni erano fin troppo fondate. Non bastava che aveva dovuto in fretta e furia sgomberare il laboratorio di Fam Arouet, perché quello sciagurato ci teneva due navi spaziali e un centinaio di sonde cerebrali! Non bastava nemmeno che era stato costretto a cancellare tutte le tracce informatiche dei movimenti di denaro che lo stesso Fam aveva fatto per procurarsi i soldi per le sue ricerche!

E doveva sopportare anche questo, parecchie volte al giorno.

«Il mio compito qui al Dipartimento sarebbe molto più piacevole se gli esseri umani la smettessero di defecare sul mio computer!» pensò.

«Ma l'hanno scambiato per un gabinetto?»

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sabato 15 novembre 2008

Romanzo a puntate: L'uomo dalle mani invisibili - settima puntata.

Come mai Guglielmo Cantor ha un simile potere? Andate a leggere... :-)

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Controllo Superiore

“Io ancora non riesco a credere che possa esistere una macchina che permetta di viaggiare fino a Dio. Ho sempre l'impressione che si tratti di una immensa mistificazione, o peggio, di una enorme truffa!” disse Guglielmo, ancora più arrabbiato.
“Tu puoi andartene quando vuoi. Nessuno ti costringe a collaborare. Prima o poi troverò qualcuno che sopravvive alla Torre di Babele. Tu sei curioso, però... te lo leggo negli occhi. Vuoi sapere cosa è questa macchina e non ti fidi di ciò che vedi con i tuoi stessi occhi. Sei ancora convinto che in questi laboratori segreti si faccia qualcosa di losco e provi il desiderio irrefrenabile di scoprire di che si tratta. Non è vero?” disse Gan.
“Da quando riuscite a leggere nel pensiero? La lettura del pensiero è un'altra delle cose che sviluppate in questi laboratori?” disse Guglielmo con greve ironia.
“Può darsi. Tu, dopo avere usato la Torre di Babele, potresti riuscire a leggere nel pensiero di qualsiasi essere vivente dell'Universo!” disse Gan e i suoi occhi brillavano di soddisfazione.
“Cosa devo fare per usare la macchina? Devo svolgere un addestramento particolare?” domandò Guglielmo, con sguardo sconfitto.
“Sapevo che non saresti stato capace di resistere. Ma tu sei l'unico che può sopravvivere alla Torre di Babele!” rispose Gan, soddisfatto.
“Allora. Quando dovrei cominciare?” disse Guglielmo, sul suo volto era disegnata una espressione sconvolta.
“E poi... come fai a sapere che sono l'unico che può sopravvivere alla macchina?”
A questa domanda non ebbe risposta.
Guglielmo fu portato in un'altra stanza in cui c'erano delle strumentazioni davvero incomprensibili. Tremò al pensiero di dovere subire qualcosa che potesse fare del male al suo corpo.
Fu messo sopra a un lettino e c'era qualcuno che faceva qualcosa su di lui. Si sentiva intontito, ma non riusciva a reagire.
C'erano luci iridescenti che danzavano caleidoscopiche dinanzi ai suoi occhi. Non capiva cosa fossero, ma sentiva un grande dolore. Non era un dolore fisico, ma un dolore interiore, simile a quello di chi avesse avuto un lutto, ma lui non aveva avuto alcun lutto. Si sentiva come se fosse lui quello morto, ma non era morto. Adesso si sentiva come se fosse rinato, ma lui non era rinato.
Quando si alzò dal lettino notò che c'erano alcuni infermieri o dottori che lavoravano alle strumentazioni della stanza.
Sentì che qualcuno diceva: “... è davvero sensazionale, non pensavo che potesse essere così” e una donna rispondeva: “non sappiamo cosa potrebbe succedere a questo punto”.
Guardò la donna e vide che era la stessa che gli aveva sorriso quando era entrato nella sala di controllo.
Adesso sembrava che lo ignorasse. Pensò che il suo atteggiamento fosse molto professionale. Forse prima si era lasciata solo un po' andare e adesso fosse tornata razionale come sempre.
Poi fu lei stessa a farle segno di seguirla in un'altra stanza. Era una stanza piccola, in penombra, con un cestino della spazzatura e scope e palette.
Lei lo spinse sul muro, lo schiacciò e lo baciò con passione. Sentì il calore del suo corpo e il battito forsennato del suo cuore. Poi lei allontanò le sue labbra dalle sue e uscì dalla stanza senza dire nulla, lasciando la porta aperta.
Aveva subito una operazione senza sapere di cosa si trattasse e aveva subito una molestia sessuale. Poteva bastare per quel giorno.

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La prima puntata la potete trovare qui.

La seconda puntata la potete trovare qui.

La terza puntata la potete trovare qui.

La quarta puntata la potete trovare qui.

La quinta puntata la potete trovare qui.

La sesta puntata la potete trovare qui.

La prossima puntata (l'ottava) verrà pubblicata sabato 22 novembre.

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>> Le saghe fantasy

sabato 8 novembre 2008

Romanzo a puntate: L'uomo dalle mani invisibili - sesta puntata.

Il nostro protagonista ricorda come se fosse ieri quando vide per la prima volta quel gigantesco e inquietante macchinario...

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Un passato scomodo.

Infine si decise ad incontrarlo. Odiava ammettere che la curiosità lo divorava, ma voleva saper cosa fosse esattamente quella misteriosa macchina. Voleva sapere come funzionasse e, soprattutto SE funzionasse.
Una macchina che permetteva di risalire a Dio non era qualcosa di consueto, quindi Guglielmo si sentiva il dovere di controllare se ci fosse qualcosa di reale o se il progetto Torre di Babele fosse solo una grande mistificazione.
A istinto propendeva più per la seconda ipotesi, ma senza avere toccato con mano non se la sentiva di giungere a conclusioni azzardate.
Quando incontrò di nuovo Gan, lui lo portò in un luogo lontano, segreto, nel bel mezzo di un deserto. Il viaggio avvenne in aereo e poi in elicottero.
Guglielmo non seppe mai di quale deserto si trattasse, ma non fece domande, perché non era interessato alla posizione della macchina, ma solo al suo funzionamento.
Appena giunti, vide che c'era un edificio basso, per nulla simile ad una torre. L'edificio era circondato da una recinzione sorvegliata da uomini in divisa, ma senza stemmi di appartenenza ad una particolare nazionalità. Portavano solo uno stemma sulla divisa formato da un esagono con all'interno una torre senza porte né finestre recante una schematizzazione dell'Albero Sephirotico.
“Avete persino l'esercito personale! Quanto avete speso per tutto questo?” chiese Guglielmo.
“Che importanza ha quanto abbiamo speso? Sono tutte risorse spese bene, vedrai...” rispose Gan.
“L'edificio che qui vedi è poca cosa rispetto allo sviluppo che c'è sotto terra. Per una questione di segretezza abbiamo preferito nasconderci in profondità...” continuò Gan.
La porta dell'edificio si aprì. Anche questa recava il simbolo della torre. Appena la porta si aprì lasciò vedere un ambiente interno incredibilmente pulito, lucido e moderno.
“Sono davvero ammirato! Credevo di trovare qualcosa di diverso, ma adesso sono più preoccupato. Siete sicuro che in questo edificio non state sviluppando, per caso, qualche arma terribile?” chiese Guglielmo.
“E perché ti avremmo invitato qui? Per rapirti e costringerti a sviluppare quest'arma?” chiese Gan con ironia.
“Non lo so... forse!” rispose.
“Perché no. In fondo qualcosa di vero l'hai pensato. Anche se non sviluppiamo armi, però la tua presenza qui non è solo utile, ma indispensabile” ragionò Gan.
A quel punto l'ascensore super avanzato in cui erano entrati, indescrivibile nella sua magica complessità, si fermò e aprì la sua porta di luce semitrasparente.
Si ritrovarono insieme in un ambiente molto grande e arredato in maniera confortevole, ma non senza la presenza di una tecnologia abbastanza incomprensibile.
“Questo è il tuo studio, immagino...” commentò Guglielmo.
“Immagini bene. Questo è il luogo dove penso, immagino, medito...” disse Gan, assorto.
“Devo dire che in ogni caso, in questo luogo sembra che sia presente la tecnologia più avanzata e inutile del pianeta. La mia sensazione è corretta, Gan?”
“Sul fatto che il progetto Torre di Babele esprima il massimo della tecnologia di quest'epoca, hai perfettamente ragione, ma ciò che vedi non sono solamente inutili effetti di luce o caleidoscopici effetti speciali. Sono simboli” spiegò Gan.
“Simboli di che cosa?” chiese Guglielmo.
“Simboli della realtà! In tutti gli ambienti, uffici, laboratori, toilette, cucine, dormitori dell'edificio è rappresentata simbolicamente la realtà” disse Gan.
“E cioè?”
“Vedi qualcosa di definito in questo ambiente, ad esempio? Ogni gioco di luce, ogni parete indefinita e incompiuta ogni suono prodotto ogni immagine fluttuante, sono la rappresentazione dell'indeterminazione, la simbolizzazione della virtualità del cosmo, che non è altro che un sogno di Dio” spiegò Gan.
“C'era bisogno di spendere tanto per rappresentare un simbolo?” chiese Guglielmo.
Gan rispose con un sorriso.
“Vieni, ti porto a vedere la macchina”.
Giunsero in un corridoio più profondo. Qui tutti gli effetti speciali degli ambienti erano ancora più evidenti.
Entrarono all'interno di un ambiente enorme con le pareti bianche. Al centro c'era qualcosa che sembrava una poltrona.
“Quella è la Torre di Babele?!” disse Guglielmo con stupore.
“Quella è l'interfaccia con la Torre di Babele” precisò Gan.
“E tutto il resto della macchina?”
“Si sviluppa per chilometri nel sottosuolo. La poltrona che vedi si collega al sistema nervoso di un uomo e lo fa viaggiare tra le Sephirot dell'Albero. Il viaggio avviene nella mente, ma nella mente di Dio, cioè nel luogo più reale che esista! Molto più reale dell'Universo in cui viviamo...” spiegò Gan.
La poltrona sembrava anch'essa di stile super tecnologico. Non si vedeva alcun altro dettaglio tecnico.
“Perché l'interfaccia è stata posta in un ambiente così grande? In questa camera ci starebbero due campi di calcio!” chiese Guglielmo.
“Lo abbiamo fatto per sicurezza. Ancora non sappiamo cosa può accadere esattamente alla persona che siede su questa poltrona. A proposito, a rischio di sembrare privi di fantasia, questa interfaccia l'abbiamo chiamata Il Trono di Dio!” disse Gan con un sorriso.
“Non mi sorprende un nome di questo tipo! Ma se non sapete cosa può succedere ad una persona seduta lì, significa che ancora non l'avete sperimentata!” notò Guglielmo.
“Niente affatto. L'abbiamo già sperimentata, con diversi volontari e i risultati sono immagazzinati nel nostro database. Non credere che non sappiamo nulla. Ad esempio le pareti di questa camera possono resistere ad una energia di parecchie bombe all'idrogeno...” disse Gan.
“Perché sono così resistenti? L'interfaccia prevede uno sviluppo di energia così colossale?” chiese Guglielmo.
“Sì” rispose secco Gan
“E come hanno fatto i volontari a resistere ad una emissione così intensa?”
Gan si pose davanti a lui e lo guardò dritto negli occhi.
“Nessuno dei volontari è mai sopravvissuto...”
Guglielmo restò interdetto e non seppe come continuare.
“Adesso possiamo uscire da qui. Ti porto nella camera di controllo della Torre di Babele, quella da cui è possibile controllare il suo funzionamento nei minimi dettagli” lo tolse dall'imbarazzo Gan.
“Io potrei vedere i risultati di questi esperimenti? Cosa è successo ai volontari, esattamente?” domandò Guglielmo.
“A suo tempo... a suo tempo verrai messo al corrente di tutto...” rispose Gan, enigmaticamente.
Salirono numerosi livelli del gigantesco edificio sotterraneo, facendo uso di un ascensore panoramico.
Giunsero in una sala comandi davvero gigantesca, in cui c'erano una infinità di terminali luminosi davanti ai quali erano sedute altrettante persone. Molte erano donne. Appena entrò, Guglielmo non poté fare a meno di notare come una di esse, molto bella, lo guardava con insistenza ammiccante. Poi aveva distolto lo sguardo arrossendo.
Lo infastidì il fatto che, in ogni caso, tutti lo avevano guardato con ammirazione. Come se lui... fosse una persona molto importante!
“Tu hai parlato di me a questa gente, Gan?” domando Gugliemo, con tono severo.
“Cosa te lo fa pensare?” rispose Gan, distrattamente.
“Mi guardano come se fosse arrivato il Messia!” esclamò Guglielmo con voce strozzata, per nascondere la propria arrabbiatura.
“Ma è ovvio! Tu sei quello che farà funzionare questo marchingegno! Loro ci lavorano da così tanti anni... ti considerano un asso nella manica!” rispose Gan, con imbarazzato entusiasmo.
“Chissà perché tanta fiducia in me... spero di non deludere nessuno” disse Guglielmo pensosamente.
“Non te la senti?” chiese Gan ironicamente.
“In questo momento vorrei fare una cosa sola: fuggire” disse Guglielmo pensosamente, ma dentro di se provava una inquietante curiosità che non riusciva a controllare. Cosa sarebbe successo se avesse provato a usare la macchina?

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La prima puntata la potete trovare qui.

La seconda puntata la potete trovare qui.

La terza puntata la potete trovare qui.

La quarta puntata la potete trovare qui.

La sesta puntata la potete trovare qui.

La prossima puntata (la settima) verrà pubblicata sabato 15 novembre.

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sabato 1 novembre 2008

Romanzo a puntate: L'uomo dalle mani invisibili - quinta puntata.

La quinta puntata dell'uomo dalle mani invisibili continua tra presente e ricordi del protagonista. Piano piano comincia ad emergere un passato in cui erano state commesse azioni davvero inquietanti.

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Gli agenti lo braccavano e anche in strada, in mezzo alla folla, Guglielmo non si sentiva affatto al sicuro.
Troppi sguardi rivolti verso di lui. Si toccò le mani guantate e si sentì più nudo che mai. Sentì un'ondata di vergogna che si impossessava di lui. Tutti avevano le mani normali e solo lui, in tutto il mondo, le aveva trasparenti. Perché solo lui aveva commesso certe colpe.
Corse in una strada piena di negozi sfavillanti e si introdusse in un bar poco affollato. Lì era più vulnerabile, ma doveva sedersi un attimo: era troppo stanco.
In un angolo del bar, seduto ad un tavolino c'era un barbone. Si sentì uguale a lui in tutto e per tutto. Nel giro di pochi giorni sarebbe stato veramente uguale. Per fuggire agli agenti avrebbe dovuto vivere per strada e vivere di elemosina, si sarebbe abbrutito e non l'avrebbero più riconosciuto, se non con un esame genetico.
Vide che il barbone si alzava pesantemente e si avvicinava verso di lui con la mano tesa. Istintivamente mise le mani in tasca per vedere se aveva monete, ma si rese conto che non aveva nulla.
Quando il barbone arrivò al suo tavolo notò che una strana luce brillava nei suoi occhi.
Ebbe un sussulto.
“Gan! Gan Seriph? Non ti avevo riconosciuto... in questo modo...” disse Guglielmo, osservando l'abbigliamento sporco e trasandato di Gan. La sua mente oscillò in un istante migliaia di volte tra la sorpresa, il timore, la contentezza, il furore.
“Non sei bravo a nasconderti, Cantor!”
In quel momento, vedere Gan gli fece emergere una valanga di ricordi. Gli tornò in mente quando l'aveva incontrato la prima volta e aveva creduto che si trattasse di una allucinazione prodotta dalla sua mente squilibrata. Poi ricordò che questo sospetto fu fugato quando lo incontrò per la seconda volta.

Erano passate alcune settimane dal primo incontro e Guglielmo era andato a partecipare ad un convegno di matematica. Qui aveva riconosciuto Gan seduto tra le ultime file in un salone poco affollato. Si era avvicinato per salutarlo.
“Professor Cantor! Lo sa che alcuni giorni fa stavo per tornare a trovarla? Però, sfortunatamente, alcuni impegni me lo hanno impedito. Sono contento di vederla così in forma. Cosa mi racconta di bello?” disse Gan con un sorriso affabile.
“Mi scusi la maleducazione, ma mi piacerebbe sapere chi è lei esattamente. Forse non ci crederà, ma per un bel po' di giorni ho creduto di soffrire di allucinazioni! Almeno, così mi ha fatto credere il custode del plesso in cui abito” disse Guglielmo, con un tono severo.
“Non è maleducazione, mi creda! Io ho fatto irruzione nel suo appartamento, ma lei non sa proprio niente di me. Mi sento il dovere di riparare ad un atteggiamento che vede solo me come protagonista di vera maleducazione!” disse ancora con tono affabile.
“Come intende riparare a ciò che ha fatto?” chiese Guglielmo.
“Le permetterò di visitare i laboratori segreti in cui sviluppiamo la Torre di Babele, ad esempio...”
“Quelli in cui cercate di sostituire Dio nel governo dell'Universo?” disse Guglielmo con sarcasmo.
“Lei venga a vedere come lavoriamo e se le piace sarò contento di avere una mente brillante come la sua come collaboratore!”
“Non mi interessa!” disse Guglielmo. Girò i tacchi e andò a sedersi nel posto più lontano possibile da quello in cui c'era Gan. Non si girò mai a guardarlo, ma per tutto il convegno non riusciva a pensare ad altro che a quell'uomo. Non riusciva a capire perché provava un'avversione così violenta per quello che forse era solo un mitomane malato di mente.

Se a quel tempo avesse ascoltato il suo istinto di conservazione, non si sarebbe mai ritrovato, adesso, in tanti pasticci e con le mani invisibili.
Adesso lo guardava tra la folla. Il suo camuffamento da barbone era perfetto. Gan era riuscito ad ingannare pure lui che lo conosceva da molto tempo.
“Cosa ci fai qui Gan? Non lo vedi che siamo braccati dagli agenti?” disse Guglielmo, con tono di rimprovero.
“Cercavo te per una rimpatriata. Non ti va di ricordare i vecchi tempi insieme ad un vecchio amico?” rispose Gan con sarcasmo.
“Me li ricordo troppo bene i vecchi tempi...” disse Guglielmo guardando con tristezza le sue mani guantate.
“Io so cosa ti succede... sono l'unico che lo può capire. Vieni con me e risolverò il tuo problema” disse Gan con risolutezza.
“Tu non sai niente, invece!” rispose Guglielmo, mandando a Gan un'occhiata piena di rancore.
“Non dire sciocchezze! E poi io sono l'unico che sa cosa hai fatto. Sono la tua unica speranza. Anche se in realtà dovrei dire che TU sei l'unica speranza che abbiamo...”
“Lo vuoi rifare, lo sento dal tuo tono di voce!” disse Guglielmo con preoccupazione.
“Abbiamo costruito in segreto una nuova macchina. É tutto pronto per funzionare; manchi solo tu, Cantor. Tu solo puoi farla funzionare...” disse Gan.
Guglielmo si alzò e lo seguì tra le strade affollate.

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La prima puntata la potete trovare qui.

La seconda puntata la potete trovare qui.

La terza puntata la potete trovare qui.

La quarta puntata la potete trovare qui.

La prossima puntata (la sesta) verrà pubblicata sabato 8 novembre.

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sabato 25 ottobre 2008

Romanzo a puntate: L'uomo dalle mani invisibili - quarta puntata

Ormai siamo alla quarta puntata del romanzo L'uomo dalle mani invisibili. Continuano i ricordi di Guglielmo Cantor, ricordi di avvenimenti davvero strani...

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“Se avessi ascoltato quella vocina che mi diceva di non farlo... a quest'ora non mi troverei in questo pasticcio” pensò Guglielmo, ripensando a quel primo colloquio con Seriph.
“L'ho disprezzato per mesi, poi sono stato io a cercarlo. Ora mi vergogno di averlo fatto”.
Venne la notte e poi fu di nuovo giorno e Guglielmo si sentiva sempre peggio. Lui si era sempre vantato di non avere mai avuto difetti fisici. Denti perfetti, gambe perfette, fisico asciutto e atletico senza aver mai fatto un solo minuto di palestra. Ora per lui era raccapricciante avere una menomazione come quella che gli era capitata.
“Per questo non esiste una cura... morirò con queste mani e nessuno riuscirà mai a capire perché sono diventate così...”
Andò a lavoro mostrando sempre il solito sorriso di circostanza, ma stavolta la sua angoscia divenne panico, perché notò uno strano movimento di persone sconosciute in biblioteca. Di solito in biblioteca ci sono sempre le stesse persone e se viene qualcuno nuovo si vede subito che è un amante della lettura o uno storico. I libri non si usano più da oltre settanta anni!
I tizi che si vedevano non avevano l'aspetto di intellettuali. Troppo alti e atletici e ben vestiti. Non c'era dubbio: c'erano agenti in giro!
“Io mi ritrovo con le mani invisibili... e ci sono agenti che cercano qualcuno... Se è così sto per fare una brutta fine”.
Quello era il momento di scappare.
Se non fosse riuscito a farlo, sarebbe morto e se ci fosse riuscito, non avrebbe mai vissuto una vita normale. In fondo era da dieci anni che non riusciva più a condurre una vita normale, quindi ormai era abituato a vegetare.
Si nascose in una stanza in cui erano contenuti alcuni computer in disuso. Qui, se non ricordava male, c'era una porta che permetteva di uscire dalla biblioteca. Questa porta dava direttamente sulla strada. A quel punto la sua fuga sarebbe dovuta essere rapidissima, in caso contrario gli agenti lo avrebbero individuato subito.
Trovò la porta e riuscì ad aprirla, nonostante la resistenza che opponeva. Fu inondato da una nuvola di polvere che proveniva dall'alto. Non veniva aperta da troppo tempo.
Fu raggiunto dal rumore arrogante del traffico e dal brusio dei passanti inoperosi e distratti.
“Bene, la folla mi nasconderà facilmente”.
Camminò per lunghe ore per strade sempre uguali, osservando i volti sempre uguali dei passanti e ogni volta che trovava un incrocio, non sapeva se proseguire o tornare indietro. Non sapeva se continuare a fuggire senza meta o consegnarsi agli agenti, mettendo fine in questo modo ad una vita senza soddisfazioni.

E i ricordi lo assalirono di nuovo...
La visita di quell'uomo lo aveva infastidito. Non era stata tanto la sua sicurezza, ma piuttosto il fatto che si era rivolto proprio a lui per mettere in pratica quel fanatico progetto.
Quando si mise a letto non riusciva più a concentrarsi sulle sue formule. Quando andava a letto spesso riusciva a leggere e scrivere le funzioni su cui aveva lavorato durante la giornata sul suo “foglio mentale”. Stavolta il suo foglio mentale era bianco e ogni formula che cercava di imprimervi risultava distorta e sbiadita.
Nella stanchezza riuscì però ad addormentarsi. Sognò cose strane ed incomprensibili. C'era una caverna in cui si era perso e non riusciva a trovare l'uscita. Poi si ritrovò in un palazzo diroccato in cui non c'erano vetri alle finestre e il vento soffiava incessante nei corridoio e nelle stanze.
Quando si svegliò alle 4 del mattino si sentiva stanco e depresso, quasi come se ci fosse qualcosa che non gli dava alcuna soddisfazione.
Pensò che si trattasse del suo lavoro di ricercatore che non lo soddisfaceva pienamente. Sempre lavoro e mai denaro! Non aveva mai pensato al denaro come modo per giungere alla ricchezza e al lusso, ma come un mezzo per affermare la propria dignità. Avere troppo denaro era male, ma averne troppo poco era decisamente peggio. Guardando dei perfetti analfabeti sfoggiare ogni tipo di ricchezza, aveva capito come l'intelligenza umana ha vari aspetti e l'aspetto che la natura aveva regalato a lui era il meno utile alla sua sopravvivenza.
Non aveva mai potuto convivere, ad esempio, nonostante avesse amato diverse donne, e questo per mancanza di danaro. La sua casa era stata la sua camera all'università, con vitto già spesato. Ma non aveva mai avuto la possibilità di comprare una casa dove abitare. Non provava invidia per coloro che avevano avuto grandi fortune economiche, ma provava grande compassione per se stesso.
Questi pensieri neri lo accompagnarono fino alle sei del mattino, quando decise di alzarsi per andare in bagno.
Si guardò allo specchio e vide il volto di un uomo ancora giovane, molto giovane. Per questo si decise di credere che ancora gli potevano succedere tante cose molto belle nella sua vita.
Dopo avere fatto i suoi bisogni ed essersi lavato, andò nello studio, ma non aveva alcuna voglia di lavorare.
Tornò a pensare all'uomo che l'aveva disturbato la sera prima. Un pazzo? Un fanatico? Un genio? Un impostore?
Più tardi, verso le 9, avrebbe chiesto al custode se aveva visto questo strano personaggio e se l'aveva lasciato entrare lui.
Infatti poco dopo ebbe una sorpresa! Nessuno aveva visto entrare quell'anziano signore. Una rapida ricerca nei database globali confermava che Gan Seriph, presidente della commissione per le nuove tecnologie, non esisteva e non era mai esistito. La cosa più curiosa era che non si rilevava nemmeno la presenza di un solo caso di omonimia. Nessuno, nella storia umana, secondo il database, si era mai chiamato Gan Seriph. La cosa era strana; Guglielmo pensò che si doveva trattare di un nome scelto apposta, oppure qualcuno aveva cancellato tutti gli omonimi dal database. Inoltre non esisteva traccia della commissione per le nuove tecnologie. Questo non lo sorprese più di tanto, perché una tale organizzazione, visti gli studi che portava avanti, doveva essere segreta o comunque non riconosciuta ufficialmente.
Ovviamente Guglielmo pensò che si potesse trattare anche di uno scherzo ben congegnato o semplicemente di un povero pazzo che andava in giro ad esprimere le sue allucinazioni.
Raccomandò al custode di fare caso a chi entrava di notte nell'edificio e se per caso notava quello strano signore anziano vestito anni '50, voleva essere avvertito nella sua camera.
Il custode si arrabbiò moltissimo, perché si sentì offeso nella sua professionalità. Aveva scelto i migliori sensori che esistevano in commercio e lui aveva grande esperienza. Arrivò persino a dubitare che Guglielmo avesse visto realmente l'uomo anziano, visto che lui non l'aveva visto e gli strumenti non l'avevano rilevato.
Bella cosa! Aveva avuto a che fare con un fantasma o il suo cervello produceva spettacolari allucinazioni?

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sabato 18 ottobre 2008

Romanzo a puntate: L'uomo dalle mani invisibili - terza puntata

Ed eccoci ad un nuovo appuntamento con le avventure di Guglielmo Cantor. In questa terza puntata il nostro misterioso scienziato conosce un uomo davvero particolare...

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11 ottobre 2088.

In una notte serena si possono vedere al massimo circa 3000 stelle, ma quella notte non se ne vedeva nessuna. Un cielo plumbeo incombeva sui visitatori dell'Università di Regenau, fondata nel 2038, per festeggiare il cinquantesimo anniversario.
Guglielmo Cantor si trovava nella sua stanza, in uno degli innumerevoli appartamenti del grande edificio della facoltà.
Non avrebbe mai pensato che per l'anniversario sarebbero intervenute così tante personalità e così tanti curiosi. Lui non era il tipo da occasioni mondane e quindi stava cercando disperatamente di trovare una scusa per non andare alla commemorazione. Ma non aveva alcuna idea.
Tornò al lavoro che lo stava impegnando già da alcuni mesi e osservò divertito la scrivania della sua I.A. Mai c'era stato tanto disordine!
Una mente matematica dovrebbe essere ordinata, ma lui non lo era affatto.
Si stava occupando di un problema matematico che tormentava gli studiosi da molto tempo: la teoria di Yang-Mills che descrive la rottura della simmetria delle fasi primordiali dell'Universo. Da più di un secolo gli scienziati di tutto il mondo si erano confrontati con la teoria di Yang-Mills, ottenendo grandi successi, ma senza venire a capo di tutti i suoi aspetti. Un'altra cosa di cui si occupava, da molti anni, era un altro grande problema della fisica: la quantizzazione della forza di gravità.
Quella sera si sentiva molto ispirato e si era buttato anima e corpo nel lavoro e non si aspettava di ricevere una visita da parte di un uomo tanto misterioso quanto affascinante.
Sentì bussare alla porta e dopo aver aperto vide un uomo anziano, con un aspetto solenne. Magro e non molto alto, aveva uno sguardo deciso e penetrante, tipico di quegli uomini abituati a comandare. Ebbe l'impressione che fosse un ufficiale dell'esercito in pensione.
“Lei è il professor Cantor?” chiese gentilmente. La sua voce era melodiosa, ma il suo tono tradiva la sua autorità.
“Si, sono io” rispose, ancora immerso nel pensiero delle equazioni che stava studiando.
“Io sono Gan Seriph, presidente della commissione per le nuove tecnologie. Mi scusi se la disturbo a quest'ora, ma mi avrebbe fatto molto piacere conoscerla per parlarle di un progetto che vorrei proporle”
“Si accomodi, e scusi il disordine...” disse, facendo un gesto di invito con la mano.
L'uomo si tolse il soprabito scuro e lo posò sull'appendino. Era vestito in maniera austera, come si usava negli anni 50' del 21° secolo.
“Mi scusi se non le offro niente, ma non mi aspettavo...”
“Non si preoccupi professore, non è il caso che si disturbi. Sono venuto per parlare, non per bere...” disse con un sorriso.
“Allora si sieda, la ascolto”, disse Guglielmo, facendogli un gesto con la mano, indicandogli l'unica poltrona in quella stanza. Lui invece si accomodò nella sedia della scrivania, girandola in modo da poter vedere il suo interlocutore.
“Come le ho detto, io sono il presidente della commissione per le nuove tecnologie e sto portando avanti un progetto rivoluzionario in cui lei potrebbe trovare posto, viste le sue competenze”
“Di che si tratta?” chiese Guglielmo.
“Il nome in codice del progetto è: Torre di Babele”
“Il nome è affascinante! Mi lasci indovinare: è un acceleratore di particelle! Oppure un rivelatore di onde gravitazionali?” chiese Guglielmo.
“Direi che è qualcosa di più... Lei sa cosa è la Torre di Babele? Ricorda il passo della Genesi in cui si parla della Torre di Babele?” chiese l'uomo.
“In effetti... in questo momento mi sfugge” rispose Guglielmo, imbarazzato.
“Non si preoccupi, nemmeno io ricordo tutto a memoria” disse, e nel frattempo estrasse un libricino dalla tasca dei pantaloni.
“Se non fosse per i miei appunti, non riuscirei a ricordare nulla...” disse sfogliando le pagine di quello che adesso sembrava un taccuino.
“Ecco, mi pare che ci siamo: l'ho trovato. Le leggo la parte della Genesi che parla della Torre di Babele”
Tutta la terra aveva una sola lingua e le stesse parole. Emigrando dall'oriente gli uomini capitarono in una pianura nel paese di Sennaar e vi si stabilirono. Si dissero l'un l'altro: «Venite, facciamoci mattoni e cuociamoli al fuoco». Il mattone servì loro da pietra e il bitume da cemento. Poi dissero: «Venite, costruiamoci una città e una torre, la cui cima tocchi il cielo e facciamoci un nome, per non disperderci su tutta la terra». Ma il Signore scese a vedere la città e la torre che gli uomini stavano costruendo. Il Signore disse: «Ecco, essi sono un solo popolo e hanno tutti una lingua sola; questo è l'inizio della loro opera e ora quanto avranno in progetto di fare non sarà loro impossibile. Scendiamo dunque e confondiamo la loro lingua, perché non comprendano più l'uno la lingua dell'altro». Il Signore li disperse di là su tutta la terra ed essi cessarono di costruire la città. Per questo la si chiamò Babele, perché là il Signore confuse la lingua di tutta la terra e di là il Signore li disperse su tutta la terra.
“Bello, ma che attinenza ha con il progetto scientifico di cui lei è a capo? Volete arrivare a sfidare Dio?” disse Guglielmo, con un punta di ironia.
“Professor Cantor, lei ha già colpito nel segno! In effetti lei sa che qualsiasi progetto scientifico è di fatto una sfida a Dio. Ma la Torre di Babele è la sfida definitiva...” disse, restando in silenzio per un attimo.
“Ma ancora non mi sta dicendo di che si tratta esattamente...”
“Glielo dirò, ma prima sento il dovere di farle una premessa. In effetti è un progetto scientifico atipico, che stravolge molti dei concetti scientifici a cui si è abituati da secoli. Lei sa cosa è l'albero delle Sephiroth?”
“Senza offesa, ma credo che il progetto che lei si ostina a non illustrarmi, sia più vicino a qualcosa di esoterico che a qualcosa di scientifico!” disse Guglielmo.
“Non del tutto. Lei, ad esempio, mi sa dire qual è la reale differenza tra un alchimista e un chimico?”
“Che un alchimista credeva di poter trasformare il piombo in oro, mentre il chimico sa che per realizzare una simile trasmutazione occorrerebbe una profonda trasformazione a livello nucleare. Da ciò si deduce che gli alchimisti, in realtà, non sono mai riusciti ad attuare la loro agognata trasmutazione” rispose Guglielmo
“Lei ha capito benissimo, come sempre. Non ci sono riusciti perché gli mancava la tecnologia!” disse l'uomo con soddisfazione.
“Quindi, in pratica, cosa dovrebbe realizzare il progetto Torre di Babele?” chiese Guglielmo.
“Ciò che promette nella Genesi. Nel racconto si parla del Signore che ha paura degli uomini che cercano di costruire una torre che possa toccare il cielo. Per questo impedisce che gli esseri umani portino a compimento il progetto confondendo le loro lingue. La cosa interessante è quella secondo cui la torre tocca il cielo, ossia: arriva a Dio. Capisce cosa intendo?”
“Mi pare di capire... anche se mi sembra paradossale, che il vostro progetto sia di realizzare qualcosa che permetta di arrivare a Dio...” disse Guglielmo, sempre più spazientito.
“Lei è sempre molto sagace, professore. Ma per giungere a Dio non ci basta una torre, ma ci vuole anche una scala adeguata per salire sulla torre. Allora lasci che le illustri la teoria dell'Albero delle Sephirot: le Sephirot - per la Qabbalah ebraica - sono ciò che era uscito da Dio nell'atto della creazione. Il più delle volte si traduce con "emanazioni", comunque Dio si espande, col suo "soffio", e la sua espansione si divide, si ordina nei vasi che sono destinati a contenerla.
I primi tre, Kether, la Corona, Hokmah, la Sapienza o Saggezza, e Binah, l'Intelligenza, inizialmente reggono benissimo, e fanno da motore al movimento verso le altre. Ma poi ecco la catastrofe: quei vasi si spezzano, e tutta quell'energia, quella luce, si espande caoticamente, dando origine al caos primordiale... . Questa storia non le ricorda nulla?”
“Mi pare di no, in effetti...” rispose Guglielmo.
“In effetti... potrebbe ricordare alcune teorie cosmologiche moderne, ad esempio il Big Bang, la Teoria Inflattiva, il modello Standard, le Superstringhe. Non le pare?”
“Se c'è una somiglianza, mi sembra del tutto casuale, non le pare?”
“Se c'è una somiglianza, è dovuta al fatto che gli scienziati che hanno elaborato quelle teorie scientifiche, si sono ispirati all'albero delle Sephirot. La mia ipotesi è che l'abbiano fatto più inconsciamente che razionalmente, ma il risultato non cambia!” disse l'uomo.
“Ma cosa centra l'albero delle Sephirot con la scala per salire sulla Torre di Babele? Mi pare che mi sto confondendo in maniera incredibile!” disse Guglielmo, innervosito.
“L'albero delle Sephirot, come lo conoscevano i Cabalisti del medioevo, è una realtà fisica, e corrisponde ad un sistema di 10 dimensioni che è possibile raggiungere attraverso una tecnologia che stiamo sviluppando in segreto. La Torre di Babele è un dispositivo che permetterà ad un uomo, un solo uomo, di viaggiare in queste 10 dimensioni” disse l'uomo.
“E a quale scopo questo unico uomo dovrebbe viaggiare attraverso queste 10 dimensioni?” chiese Guglielmo.
“E' ovvio: per giungere a Dio... e sostituirlo nel governo dell'Universo!” disse l'uomo esibendo un sorriso tutt'altro che rassicurante.
“Ok! Questo colloquio è finito! E' stato un piacere conoscerla, ma si è fatto tardi e io domani devo alzarmi presto...”
“Sono sicuro che presto sarà lei a cercarmi, professor Cantor. Il piacere di conoscerla, la assicuro, è stato tutto mio!” lo interruppe l'uomo, mentre si alzava dalla poltrona e si avviava verso la porta prendendo il soprabito scuro posato sull'appendino.

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La prima puntata la potete trovare qui.

La seconda puntata la potete trovare qui.

La prossima puntata (la quarta) verrà pubblicata sabato 25 ottobre.

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