venerdì 16 maggio 2008

Osservazioni celesti nelle cronache islamiche.

Gli storici arabi registrarono il passaggio di brillanti comete e le piogge meteoriche più vistose. Inoltre ci hanno lasciato una precisa descrizione della supernova che apparve nel 1006 nella costellazione del Lupo.

Nascoste tra i racconti di fatti di guerra e di eventi politici, nelle opere dei cronachisti e degli storici arabi sono state rinvenute più di sessanta registrazioni di comete databili tra il 750 e il 1600. Invece, cu­riosamente, attente ricerche condotte nei testi di astronomia araba dello stesso periodo non rivelano traccia di osservazioni cometarie: una situazione strana che probabilmente deriva dall'atteggiamento prevalente fra gli astronomi mussulmani del periodo. Fin dai tempi di Aristotele si credeva infatti che le comete fossero prodotte da vampate di calore nell'alta atmosfera e quindi che non riguardassero la volta celeste. Questa stessa visione è sostenuta anche da filosofi arabi come al-Kindi (che operò intorno all'anno 860) e al-Biruni; eppure era un'idea difficile da sostenere se si tiene conto della lunga durata di visibilità di certe comete, che spesso si resero osservabili per diversi mesi. L'apparizione di comete, d'altra parte, non poteva essere prevista usando gli zijes (gli almanacchi astronomici), circostanza questa che probabilmente convinse gli astronomi a considerarle ancora meno. In genere, gli storici mussulmani registravano le comete per via della spettacolarità delle loro apparizioni e anche perché venivano riguardate come segni infausti. Di norma sono pochissimi i dettagli tecnici citati nelle cronache, ad esempio la descrizione del moto attraverso le costellazioni; tuttavia, le date della prima apparizione e della scomparsa spesso sono precise. Anche gli storici medievali europei annotarono fre­quentemente la comparsa di comete, e però i loro resoconti sono tendenzialmente più succinti e conten­gono dati meno precisi.

Nel Medioevo le comete venivano identificate dai mussulmani con due termini: kawkab oppure nejm. Oggi questi termini sono invece usati rispettivamente per indicare i pianeti e le stelle. È curioso che gli autori antichi facessero così poca distinzione tra i due nomi, al punto che la stessa espressione veniva anche utilizzata per descrivere le meteore. Che una certa descrizione si riferisca proprio a una cometa lo si desume dal fatto che si riporta un periodo di visibilità piut­tosto esteso, oppure perché si fa allusione a una coda (indicata con dhùaba oppure anche con dhanab).

Per esempio, la famosa cometa del 1402, molto bril­lante e visibile anche di giorno, fu descritta in questo modo dal cronachista del Cairo, Ibn Iyas (1448 - 1524):

"804 A.E. (Anno dell 'Egira). Nel corso del mese di Rajab [4 febbraio5 marzo, n.d.r.] di quell'anno una grande cometa (kawkab) apparve con una coda che si sol­levava alta nel cielo. La sua luce era simile a quella del­la Luna Piena. Fu visibile durante il giorno alla luce del Sole e tutte le notti dopo il tramonto fino a che un ter­zo della notte era trascorsa". Si sa di molte altre come­te che si resero visibili nella luce diurna: notevole fu quella del gennaio 1910 che precedette di soli tre mesi il ritorno della cometa di Halley.

Un resoconto straordinariamente puntuale della cometa che apparve nel 1264 si deve al cronachista di Damasco Abu Shama. La sua descrizione fornisce diverse informazioni astronomiche, difficili da trovare in altri testi storici: "662 A.E. Alla fine del mese di Ramadan [26 luglio, n.d.r.] una cometa (kawkab) con la coda apparve sopra l'orizzonte ad ovest nei pressi della casa lunare al-Han 'a. La cometa continuò a sorge­re tutti i giorni prima dell'alba dietro la stella conosciuta come "la stella del mattino" [Venere, n.d.r.]. Avanzava di poco ogni giorno finché fu vista sorgere prima della "stella del mattino". La sua coda era molto brillante. Essa mantenne la sua posizione relativa alla casa lunare al-Han'a, essendone discosta di circa 150 verso est. Sorse sempre regolarmente con al-Han 'a e si muoveva con essa. Poi cominciò ad avvicinarsi alla casa lunare. Restò visibile fino ai primi giorni del mese di Dhu al Qùda [dal 25 agosto in poi, n.d.r.], sva­nendo infine nel chiarore del mattino".

La stella principale di al-Han'a, una delle ventotto ca­se lunari, o stazioni lunari, che correvano in cerchio su tutta la volta celeste (un po' come lo Zodiaco per il Sole) era gamma Geminorum. In quei giorni si può davvero verificare che Venere era nei pressi di questa stella e che si rendeva visibile prima dell'alba.

Un dato interessante è che la cometa fu osservata indipendentemente anche in Cina e in Corea lo stesso giorno, il 26 luglio, mentre invece gli astronomi giapponesi pare che l'abbiano vista cinque giorni prima. Entrambe le comete del 1264 e del 1402, come molte altre comete brillanti, erano probabilmente oggetti con un periodo orbitale molto lungo, di molte mi­gliaia di anni.

Per gli astronomi moderni, fra tutti i resoconti antichi di osservazioni cometarie il più interessante è quello che si riferisce alla cometa di Halley, l'unica che si co­nosca di corto periodo (75 - 76 anni) e insieme molto luminosa. È quindi notevole che quasi tutte le appari­zioni della Halley si ritrovino ricordate nelle storie islamiche a partire dall'anno 760.

L'apparizione della nostra cometa nel 1066 - l'anno in cui la Halley viene dipinta sull'arazzo di Bayeux - è riportata in cronache di diversi Paesi europei, in genere abbastanza succintamente, e anche nelle storie delle dinastie dell'Estremo Oriente. Un attento resoconto fu stilato anche da Ibn al-Jawzi di Baghdad: "458 A.E. Nel decimo giorno del mese di Jumada l-Aula [9 aprile, n.d.r.], una grande cometa (kawkab) apparve nel cielo orientale. Aveva una coda larga diversi gradi e lunga molti cubiti. Tagliava la Via Lattea nel bel mezzo del cielo e si estendeva verso ovest. La si vide fino alla domenica, sei giorni prima della fine del mese [il 23 aprile, n.d.r.] finché sparì. Due giorni dopo, nella notte di martedì, riapparve dopo il tramonto, con la sua luce che l'avvolgeva come l'alone lunare. La gente era terrorizzata... Quando scese il buio della notte spuntò an­che una coda sottile in direzione sud. La si vide per dieci giorni e poi definitivamente sparì".

Questa descrizione consente di stabilire con buona precisione la data della congiunzione con il Sole, che è il 24 aprile, con l'incertezza di un giorno in più o in meno; il risultato è in eccellente accordo con le stime temporali che si ricavano dalle osservazioni cinesi. Al­tre rilevazioni precise, dalle quali si possono dedurre le date delle congiunzioni con il Sole, si trovano in cronache arabe relative agli anni 760, 1145, 1222 e 1456.

Il moto della cometa di Halley negli ultimi duemila anni può essere calcolato con ottima precisione, fa­cendo uso di tecniche di integrazione numerica. Naturalmente, in questi calcoli si tiene conto delle varie perturbazioni planetarie. Tuttavia ci sono delle forze di tipo non-gravitazionale che pure hanno notevole rilevanza sull'evoluzione dell'orbita: queste derivano dal cosiddetto effetto razzo, conseguente al rilascio di gas dal nucleo quando la cometa è vicina al Sole. Queste forze sono per loro natura imprevedibili. Gli studi compiuti sulle registrazioni delle apparizioni della Halley sia orientali che arabe hanno dimostrato che ad ogni ritorno al perielio tra il 989 e il 1222 la cometa ha anticipato il suo passaggio di circa 3 giorni rispetto a ciò che ci si aspetta sulla base dei calcoli moderni. Invece, a partire dall'apparizione del 1301, la Halley ha sempre rispettato le "tabelle di marcia" calcolate dagli astronomi.

Anche le meteore, come le comete, venivano consi­derate fenomeni atmosferici, un'idea che fu inizial­mente formulata da Aristotele.

Jabir ibn Havvan, filosofo vissuto a Kufa (Iraq) fra il 721 e l'813, fece propria questa convinzione affermando che le stelle cadenti erano emanazioni di un fuoco che bruciava nell'alta atmosfera. Queste concezioni portarono gli astronomi mussulmani a trascurare l'osservazione degli sciami meteorici, nella convinzione che si trattasse di eventi sporadici, impossibili da prevedere. Il compito di registrare questi eventi fu dunque lasciato agli autori di cronache, i quali ne riferirono solo in occasione di piogge o fenomeni particolarmente vistosi. Come si è già detto, questi autori chiamano le meteore con gli stessi nomi usati per identificare le comete; si può comunque capire che si tratta di meteore perché in genere essi aggiungono qualche espressione non ambigua che parla di cadute, di esplosioni, ecc.

Lo storico del IX secolo Tarikh al-Yàqubi parla di due sciami meteorici osservati nel 571 e nel 609, suppergiù al tempo della nascita e delle prime rivelazioni di Maometto. Questi eventi furono perciò riguardati dalle generazioni successive come segnali di buon auspicio e questa potrebbe essere una delle ragioni per cui i cronachisti islamici continuarono a segnalare le stelle cadenti.

È ben noto che gli sciami meteorici sono causati dall'incontro della Terra con le particelle di polvere disperse sulla loro orbita dalle comete. Benché molti sciami siano tutt'altro che spettacolari, in qualche rara occasione il nostro pianeta si trova a passare attraverso nubi di particelle relativamente dense. In questo caso, per un giorno o due dal cielo si vedono piovere centinaia e centinaia di meteore. Fu questo che avvenne, ad esempio, nel 1966, quando si verificò un'eccezionale pioggia di Leonidi, che sono i resti della cometa di corto periodo Tempel-Tuttle.

Qualche anno fa il bolognese Umberto Dall'Olmo, stori­co dell'astronomia, compilò un'interessante lista di osservazioni di meteore attingendo ad autori medievali europei. Queste registrazioni, e quelle parallele ritrovate in Cina e nell'Estremo Oriente, descrivono il fenome­no dicendo che "le stelle cadevano come pioggia". Ci sono espressioni simili anche nelle storie arabe.

Uno dei resoconti più dettagliati di una pioggia meteorica viene da Sana, la capitale dello Yemen, e si rife­risce all'anno 1202 (599 A.E.). L'autore è al-Mshani:

"Nella notte di sabato, primo giorno di Safar dell'anno 599 A.E., le stelle caddero in gran numero; se ne vide un numero enorme tutto d'un colpo. Attraversavano il cielo verso sud-est, da Sana verso Aden. Non potrei dire se siano apparse anche altrove oppure no. Hanno continuato dalla prima ora della notte fino alle prime luci dell'alba. Non è stato notato alcun moto delle stelle conosciute dalle loro posizioni normali".

La data equivale al 19 ottobre del 1202; è curiosa soprattutto l'ultima frase qui riportata! Questo grande sciame fu notato anche a Baghdad, dove lo storico contemporaneo al-Muzaffar scrive che "le stelle si diffondevano come cavallette, da sinistra verso destra". Di recente sono state scoperte 25 registrazioni distinte di sciami meteorici riportate da autori arabi tra il 750 e il 1500. C'è curiosamente una preponderanza di osservazioni (5 per la precisione) che cadono negli ultimi giorni di ottobre: questa tendenza si riscontra anche nei resoconti medievali europei. Evidentemente tali notizie riguardano uno sciame particolare, quello delle Orionidi, che si produce ogni anno quando la Terra attraversa la fascia dei detriti polverosi dispersi dalla cometa di Halley. Nell'anno 902 le Orionidi furono co­sì intense che tra i mussulmani quest'anno (il 289 A.E.) era conosciuto come "l'anno delle stelle". In molti casi i testi arabi riportano la data esatta dell'osservazione dei vari sciami. Queste informazioni combinate con altre ricerche di tipo storico, in particolare con gli ana­loghi resoconti di provenienza europea o orientale, possono validamente contribuire allo studio delle perturbazioni introdotte dai pianeti nelle orbite degli sciami meteorici.

Per finire è da ricordare che tra le osservazioni celesti condotte dagli astronomi arabi forse le più interessanti si riferiscono alla supernova che esplose nell'anno 1006. Molte di queste violente esplosioni stellari che hanno per teatro la nostra Galassia sono state viste ad occhio nudo nel corso dell'ultimo millennio, ma non se n'è più osservata una dal 1604. (La supernova del 1987, benché visibile già ad occhio nudo, non è com­parsa nella nostra Galassia, ma nella vicina Grande Nube di Magellano).

Si sa che sono state viste supernovae galattiche negli anni 1006, 1054,1181,1572 e 1604. Benché quella del 1054, che apparve nel Toro e che fu la progenitrice della Crab Nebula, sia la più famosa di tutte, in realtà la SN 1006 fu un oggetto molto più brillante. Di conseguenza fu anche osservata da molti più paesi: dall'Estremo Oriente, dall'Europa e dal mondo arabo. Questa supernova apparve nella costellazione meridionale del Lupo, e la si vide bene da tutte le località poste più a sud della latitudine + 400. Per questo fu osservata in varie regioni dei domini arabi e precisamente dal Cairo, da Baghdad, da Fez nel Marocco e da Sana. Anche i resoconti che ci provengono dall'Estremo Oriente sono molto dettagliati; invece, in Europa pare che la supernova sia stata notata soltanto a Benevento dove fu descritta come "una stella molto brillante" e a San Gallo, in Svizzera.

Soltanto uno dei testi arabi che menzionano la SN 1006 fu scritto da un astronomo: Ibn Ridwan, che vide personalmente la stella dal Cairo quand'era ancora ragazzo. L'evento ci viene raccontato nel suo Commentario al Tetrabiblos di Tolomeo. Ibn Ridwan, che descrive la stella come uno "spettacolo" (athar), fornisce anche la sua longitudine celeste come il quindicesimo grado dello Scorpione, praticamente in opposizione al Sole il giorno 30 aprile quando la supernova fu osservata la prima volta In più, egli ne stima la luminosità come "di poco superiore di un quarto di Luna", aggiungendo che "il cielo risplende della sua luce". Le cronache da Baghdad, Fez e Sana forniscono forse meno dettagli, ma concordano tutti nell'affermare che la stella fu straordinariamente brillante e tutto questo si accorda con le osservazioni cinesi in cui si dice che di notte gli oggetti potevano essere chiaramente scorti alla sua luce.

Ibn-Ridwan sottolineò il fatto che si trattava di una stella fissa, scrivendo che “essa restò dov'era e si muoveva giornalmente in cielo con il segno zodiacale in cui si trovava". L'assenza di un moto relativo alle stelle fisse è anche confermato dagli osservatori cinesi e giapponesi. Gli autori mussulmani e il cronachista di San Gal­lo affermano che l'oggetto restò visibile per tre o quattro mesi. Invece, gli astronomi cinesi lo scoprirono al sorgere eliaco (cioè appena dopo la congiunzione con il Sole) e pare che l'abbiano continuato ad osservare per diversi anni.

La misura della longitudine celeste fatta da Ibn-Ridwan, quando la si combini con altre stime di posizione riportate in varie parti del mondo, soprattutto in Cina, consentono una buona localizzazione della SN 1006. Introducendo la correzione per la precessione degli equinozi questa posizione è molto prossima (entro circa i grado) a quella di un giovane resto di supernova catalogato come G327.6 + 14.6. Questo resto, sorgente molto potente sia di radioonde che di raggi X, giace nella stessa parte del cielo del molto più antico 'anello del Lupo", ma non c'è alcuna connessione fisica tra i due oggetti. La gran parte dei 150 resti di su­pernova finora catalogati stanno tutti in posizioni vicine all'equatore galattico; invece G327.6 +14.6 ne dista circa 15 gradi: a questa distanza dal piano galattico ce ne sono davvero pochissimi.

La corrispondenza delle posizioni tra la SN 1006 osservata visualmente dagli astronomi del tempo e G327.6+ 14.6 è così buona che non ci possono essere dubbi riguardo all'associazione tra i due oggetti. La struttura a guscio del resto dell'esplosione del 1006 (finora non v'è prova della presenza di una stella di neutroni centrale) implica che quella supernova fu di tipo I. Purtroppo, le informazioni sulla variazione di luminosità della stella dal suo apparire in poi sono così vaghe che non è possibile tracciare una qualche curva di luce: così non si può risalire in modo indipendente al tipo della supernova utilizzando le informazioni storiche disponibili.

È chiaro che le osservazioni arabe medievali hanno molto da offrire alla scienza moderna. Le ricerche per registrazioni ancora più antiche nel corso della storia dell'Islam continuano, nella speranza che possano contribuire a chiarire alcuni dei problemi ancora aperti in astronomia.

RICHARD F. STEPHENSON è nata nel 1941 a Newcastle Upon Tyne (Gran Bretagna). Le sue ricerche riguardano soprattutto l'analisi di osservazioni antiche di eventi astronomici come superno vae, eclissi e macchie so/ad. Ha pubblicato su questi temi diversi volumi. È Senior Research Fellow presso l'Università di Durham. È sposato e ha tre figli.

 

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